In memoria di Herman Daled, oltre la sua collezione
A poche settimane dalla sua scomparsa, approfondiamo il fondamentale contributo di Herman Daled all’arte, che va ben oltre il collezionismo.
Non sono pronto a rinunciare alla battaglia per essere considerato un collezionista, perché non mi sono mai considerato tale.
Herman Daled, Nov 25th, 2009
Tra i collezionisti d’arte contemporanea Herman Daled è considerato un leggenda, nonostante non avesse alcuna intenzione di diventare tale. Ha sempre ritenuto le sue molte attività come gesti partecipativi. Collezionare opere radicalmente concettuali era per Herman Daled solo un aspetto di un impegno culturale di più ampia portata. Infatti, preferiva parlare di raccolta piuttosto che di collezione, il che implicava un senso di vagabondaggio e di incontro casuale. Non si sarebbe preso altro merito che quello di aver colto le opportunità che gli si presentavano, grazie a un po’ di follia, diceva, o “per i motivi sbagliati”, cioè per ragioni dettate da punti di vista personali nel contesto di un’epoca, oppure dalla sua naturale inclinazione verso l’ignoto: che meravigliosa pessima ragione! Diffidava della bellezza, perché pensava che presupponesse un riconoscimento. Invece, l’opera d’arte era per lui soprattutto un oggetto di conoscenza.
Quando si è trovato a raccontare la propria vicenda collezionistica Herman Daled ha collegato la propria professione di radiologo, e il modo di trattare le immagini mediche che da qui gli proveniva al primato del senso della vista nella cultura della propria famiglia. A volte evocava i ricordi d’infanzia, i giochi con la palla a casa del nonno, tra i quadri dei primitivi fiamminghi… Per molto tempo ha anche conservato nel proprio studio i quadri espressionisti ereditati dal padre. Con un certo divertimento spiegava come quei quadri sembravano più rassicuranti per i suoi pazienti delle opere di Niele Toroni, che a un certo punto ha anche appeso. Quando gli si chiedeva di parlare di come si era avvicinato all’arte contemporanea per la prima volta citava Albert Claude, premio Nobel per la medicina nel 1974, con il quale aveva lavorato per sei anni.
Su consiglio di questi Daled ha scelto di stare al passo con i tempi, e ha fatto i suoi primi acquisti, in modo del tutto casuale, come ha più volte ribadito; ma come avrebbe potuto essere altrimenti? Anche se le prime acquisizioni potessero sembrar lontane dagli interessi che avrebbe in seguito maturato, ovvero dopo il 1966, Daled non le ha mai rinnegate. Al contrario, quando si è cominciato a parlare di fondazioni private o mostre dedicate a singoli collezionisti Herman Daled si è subito dichiarato poco incline a rendere pubblica o “permanente” la propria raccolta. Al contrario, insisteva sul fatto che se un giorno le opere accumulate durante il tempo fossero state oggetto di una mostra, allora le si sarebbe dovute esporre tutte insieme, senza selezione, a prova dell’eclettismo che aveva guidato le sue scelte. I due titoli che Heman Daled aveva immaginato per una mostra del genere – mostra che non ha mai avuto luogo -, o per quella più piccola che si è tenuta alla Haus der Kunst nel 2010 – sono Fleurs des champs (fiori di campo) o Leftovers. Ricordano l’assimilare il collezionismo d’arte al passeggiare, o a quello che è rimasto delle sue azioni. Per un curatore, devono sembrare titoli piuttosto strani per un corpus di opere concettuali, opere che forse dovremmo smettere di considerare così ascetiche. Sobria, riflessiva, critica, ma anche impegnata, politica, sensibile, e intrisa di tocchi umoristici: è stata questa l’arte concettuale filtrata dalla personalità di Herman Daled.
Grazie all’amicizia e alla determinazione di Chris Dercon una parte della collezione di opere acquisite tra il 1966 e il 1978 è stata esposta a Monaco di Baviera. Accettando di concentrarsi su questo periodo, Herman Daled ha voluto sottolineare il ruolo svolto dalla moglie Nicole fino al 1977 e il fondamentale incontro con Marcel Broodthaers, avvenuto in occasione dell’acquisto de La Robe de Maria. Questo momento ha segnato l’inizio del suo incrollabile sostegno all’artista belga, che Daled ha aiutato per la produzione delle sue famose lastre, insieme a Izy Fiszman. Daled è stato di fatto complice di Broodthaers nel suo Musée d’Art Moderne, Département des Aigles, nel 1969, sulla spiaggia di Le Coq. D’altra parte, l’artista ha facilitato il rapporto tra i coniugi Daled e gli artisti europei e americani, che Broodthaers invitava a casa dei collezionisti belgi dicendo loro: “possiamo bere, possiamo mangiare, possiamo fumare, e loro potrebbero anche comprare!”
Due contratti, che Herman Daled ha definito “scherzi seri”, mostrano la natura del suo impegno con gli artisti. Uno è quello stabilito con Daniel Buren nel 1970, che stabiliva che il collezionista, per un periodo di un anno, avrebbe acquistato solo tele dell’artista, una volta al mese. L’acquisizione, nel frattempo, di opere di Broodthaers era naturalmente un’eccezione. Inoltre, nel 1972 Daled decise di riacquistare a un prezzo più alto una stampa su tela di Niele Toroni già acquistata in precedenza. Aveva comprato l’opera due anni prima, ma anche se l’artista aveva prodotto le stesse stampe, il mercato nel frattempo era salito.
Herman Daled si sarebbe sempre attenuto alle regole che si era prefissato: ha sempre acquistato le opere degli artisti durante la loro fase emergente; non ha mai comprato nelle fiere d’arte, che odiava; non ha mai comprato alle aste pubbliche; non ha mai rivenduto. Nel 2011 le opere della mostra di Monaco e gli archivi relativi allo periodo che va dal 1966 al 1978 (biglietti d’invito, volantini, lettere, manifesti, edizioni, fotografie, ritagli di giornale, che sono parte integrante del processo degli artisti e della collezione) sono in effetti stati venduti al MoMA; ma solo per assicurare il loro futuro. L’anno successivo Herman Daled ha terminato la sua “raccolta”.
Il coinvolgimento di Herman Daled nell’arte contemporanea non si è limitato al collezionismo. Ha organizzato eventi, sostenuto progetti e pubblicazioni. Ha finanziato gli allestimenti selvaggi di Buren in occasione di When Attitudes Become Form, a Berna nel 1969. Poco dopo, ha organizzato la performance The Singing Sculpture di Gilbert & George, presso il Garden Store Louise di Bruxelles, e il TV Ball di James Lee Byars. Nel 1971 ha prodotto e distribuito il suo Black Book in the Soignes forest. Ha sostenuto finanziariamente lo spazio alternativo A 37 90 89 di Anversa (1969) e la galleria 1-37 di Parigi (dal 1972 al 1976). A Bruxelles, ha messo a disposizione degli artisti una vetrina nella Galerie Le Bailli, dove poi hanno trovato sede anche alcune gallerie d’arte (1973-1975). Ha tradotto in francese e distribuito il contratto standard di Seth Siegelaub noto come The Artist’s Reserved Rights Transfer and Sale Agreement (1971). Ha curato o coeditato libri d’artista di Hanne Darboven, Dan Graham, Carl Andre, Jacques Charlier, Niele Toroni, Daniel Buren e molti altri. All’Hotel Wolfers, una casa modernista di Henry van de Velde acquistata nel 1977, ha presentato mostre (tra cui quelle di Robert Mapplethorpe, Niele Toroni, Dan Graham), pubblicazioni (Joëlle Tuerlinckx), conferenze (Christoph Fink), interventi (Richard Venlet), riprese cinematografiche (Manon de Boer) e altro ancora. A parte questi eventi, le pareti di questa casa sono rimaste vuote, in modo che le opere d’arte non potessero in alcun modo finire per essere semplici decorazioni. Ma Daled era anche solito prestare i propri pezzi alle mostre pubbliche, perché lo sguardo dell’appassionato spettatore non ne fosse privato.
A Bruxelles Herman Daled è stato coinvolto in molte istituzioni pubbliche. Dal 1988 al 1998 ha presieduto la Société des Expositions, al Palais des Beaux-Arts. Nel decennio successivo è stato nel Consiglio di Amministrazione di Argos, centro per le arti audiovisive. È stato anche uno dei fondatori di WIELS, che ha presieduto attivamente fino al 2013 prima di essere nominato Presidente Onorario [qui il link alla nostra intervista con l’attuale direttore, Dirk Snauwaert. Ndr]. Herman Daled portava sempre con sé un piccolo pezzo di carta piegato: l’elenco degli artisti di cui possedeva le opere. Nella sua modestia, la carta era un oggetto esemplare che riassumeva l’impegno di un’intera vita, cosa che occasionalmente mostrava, ad esempio durante una conferenza, o nella mostra inaugurale della Maison Rouge di Parigi, intitolata L’intime, le collectionneur derrière la porte del 2004, che fortemente contrastava con gli interni parzialmente ricostituiti delle case di alcuni collezionisti. Questo elenco cartaceo evocava l’attaccamento di Herman Daled alle persone che incontrava più che agli oggetti che raccoglieva. Come possono confermare coloro che lo conoscevano, la sua generosità era pari solo alla sua discrezione.
December 23, 2020