The Shift, il mondo dell’arte secondo Marta Gnyp
The Shift, di Marta Gnyp, è giunto alla sua seconda edizione. Il mondo dell’arte è ancora un luogo di speculazioni, sguardi indiscreti e monumenti alla vanità?
Pochi mondi sono ondivaghi, dinamici e vibranti come quello dell’arte contemporanea. Dà le vertigini da qualunque angolo lo si prenda. Gli ingranaggi, i codici, la quantità di denaro in circolo, il senso di prestigio, gli operatori, la rete di contatti… sembra che non si possa mai essere abbastanza pronti per affrontarlo. Oltretutto, i suoi valori primari cambiano in continuazione, dando spesso l’impressione che qui nulla sia davvero stabile. A chi ne ignora la dinamica, potrebbe sembrare di percorrere labirinti fantastici, talvolta privi di logica, gli stessi che Borges ha rivisitato all’interno della sua opera letteraria. È tanto difficile capire come entrare quanto come uscirne, ed è perciò notevole in sé coglierne le sue trasformazioni, come la studiosa Marta Gnyp prova ha provato a fare con The Shift, un libro che già abbiamo incluso nella nostra lista dei libri imporescindibili per ogni collezionista [qui il link].

Pubblicato per la prima volta nel 2015, The Shift approda ora alla sua seconda edizione, talora confermando le sue teorie, altre volte aggiornandole. Oggi come cinque anni fa l’obiettivo principale del testo resta quello di esaminare la natura delle collezioni d’arte contemporanea della nostra epoca, domandandosi quali siano i loro modelli, le ideologie e gli indirizzi che le determinano. Attraverso l’analisi degli interessi collettivi e personali dei collezionisti di oggi, nonché del loro comportamento sociale e delle loro strategie, The Shift intende, secondo le parole dell’autrice: “far luce sulle trasformazioni e sui processi che hanno determinato il comportamento dei collezionisti e, attraverso di loro, l’ambiente artistico stesso”. Tra dettagli specifici e visione d’insieme, ecco dunque un punto d’accesso a uno scenario ancora poco studiato.
Riguardo al metodo d’indagine, The Shift analizza la trasformazione e l’espansione delle collezioni d’arte contemporanea collegandole a un dominio culturale più ampio, per dimostrare come queste abbiano poi finito per dar vita a tendenze facilmente individuabili, sia sul piano estetico, sia su quello sociale. Secondo Marta Gnyp sono infatti le collezioni stesse a determinare il vero perimetro dello mondo dell’arte.

The Shift si fonda su una ricerca iniziata nel 2010 e proseguita fino alla fine del 2014. Durante questo periodo Marta Gnyp ha analizzato i cambiamenti determinati dalla diffusione della rete, la fioritura delle fiere d’arte, le conseguenze della crisi finanziaria del 2008, in un momento storico in cui “i collezionisti d’arte hanno spostato i loro interessi sulla produzione contemporanea, che oggi è ancora la categoria artistica più in voga”. La missione che il libro si è proposto di compiere non poteva che partire dall’esperienza diretta. Come spiega nell’introduzione al testo, l’autrice ha iniziato a collezionare nel 2007 e dal 2009 insegna storia dell’arte contemporanea all’Università di Amsterdam. L’anno successivo ha cominciato a pubblicare i suoi primi articoli. Ha poi iniziato aperto una galleria, lavorando anche come art advisor (dal 2012).

Molti sono gli attori che Marta Gnyp ha deciso di portare in scena. Galleristi, musei, artisti, collezionisti, spesso esaminati atraverso la lente dell’intervista, oppure osservati a distanza, con l’occhio dello studioso. I sogetti con cui l’autrice è entrata in contatto hanno interessi eterogenei, che vanno dal puro piacere estetico alle ambizioni più ambigue. L’autorice ha dovuto attrezzarsi, per non cadere in trappole nemiche della buona pubblicistica come autocompiacimento e vanità. Da ciò vengono l’esigenza di prendere in esame uno scenario sufficientemente ampio e la necessità di affidarsi a informazioni certe e verificabili. Il dibattito include perciò storici e critici d’arte, o un outsidercome Pierre Bourdieu, una presenza qui fondamentale. Olttetutto, The Shift prende le distanze dalle visioni troppo ottimistiche, che rendono il mondo dell’arte una realtà allegramente eccentrica e spensierata. Piuttosto, il libro rende conto delle dispiute critiche, delle migliori ricerche condotte sul campo, delle intuizioni più raffinate, provando a far luce sull’ambiente collezionistico a partire dal suo interno, in costante tensione tra il capitale e la natura speculativa delle collezioni stesse, intese come un privilegio bizzarro, carico ambigua raffinatezza, all’interno di un mondo massimamente interconnesso.

Qual’è, dunque, il cambiamento a cui il titolo del libro allude? In breve, the Shift descrive l’avanzata del potere dei collezionisti d’arte contemporanea, ossia la “forza trainante che sta dietro la crescita di questo mercato, che agisce all’interno delle grandi case d’asta e delle gallerie che operano sulla scena internazionale”. Questa crescita, per nulla casuale, comporta cambiamenti a ogni livello. Questo è l’aspetto che la seconda edizione del libro è più propensa a indagare. Oltre la doverosa la discrezione di alcuni collezionisti, The Shift prova come il modo in cui il mondo dell’arte evolve sia in ultima istanza influenzato dalle loro scelte.

Tra i temi più interessanti affrontati dalla seconda edizione di The Shift c’è senz’altro quello del dialogo in corso tra le collezioni d’arte stesse, i la loro capacità di irradiare la propria influenza sul mondo accademico e sui musei. In particolare, The Shift sottolinea l’impatto dei collezionisti d’arte contemporanea nel plasmare, consapevolmente o meno, il gusto attuale, mostrando, come scrive l’autorice, il “contributo dei collezionisti nel rimodellare il canone storico dell’arte”, qualcosa che è “inestricabilmente legato” a “un crescente profilo sociale attraverso l’arte”. Questi fenomeni sono i più consequenziali e portano a risultati imprevedibili, sia all’interno del mercato dell’arte che nella sensibilità del pubblico. A questo proposito, uno dei fenomini più evidenti è il modo in cui i collezionisti e le gallerie d’arte contemporanea stanno gradualmente prestando maggiore attenzione all’arte delle cosiddette minoranze, come gli afroamericani o le popolazioni indigene. Così facendo, essi mirano a scrivere una storia dell’arte più “inclusiva”, basata su un’idea di “giustizia sociale”, che sia allo stesso tempo di generare “una posizione socio-politica – aggiunge l’autrice – al loro profilo progressista”. Per quanto nobili tali iniziative possano risultare, una volta che il valore economico attribuito a queste manifestazioni artistiche comincia a salire ci si chiede se queste ancora stiano nel terreno delle azioni virtuose o se invece non sconfoinino speculazione economica, posto che fino a un certo punto è possibile discernere tra le due. Quali sono alcuni gli argomenti, le posizioni, e egli effetti che tali orientamenti possono attivare? Quanto contribuiranno, involontariamente o meno, a convalidare l’obliterazione di artisti e categorie estetiche? Seguirà la caccia alle streghe, come effetto collaterale di un eccesso positivista?

Siamo all’interno di un meccanismo e sappiamo che il futuro non si può prevedere. Oltretutto, nel momento in cui un autore propone un’argomentazione, la realtà subito pronta a rimescolare le carte. Indipendentemente dal fatto che si trovi da essa vicino o lontano, Marta Gnyp non intende fare vaticinio di trasformazioni più o meno possibili. Piuttosto, si limita a esporre dei modelli. Comprendere la cresica di potere delle collezioni contemporanee odierne è dunque uno degli aspetti più significativi e attuali del suo libro. Dopo di che, molti sono i cambiamenti che potrebbero modificare le dinamiche di questo ambiente. Ma per quanto complicato possa sembrare, The Shift offre le coordinate verso cui oggi tende. Marta Gnyp ha dunque saputo almeno stabilire un percorso che roflette quei cambiamenti, prevedibili o inattesi, che il mondo dell’arte ha sempre avuto modo di riservarci.
February 15, 2021