Luca Pacioli, l’algoritmo del Rinascimento
Una copia della prima edizione della Summa di Luca Pacioli è in vendita da Sophia Rare Books, a Copenaghen. Negli ultimi 50 anni ne sono passate in asta solo tre.
Qualcuno l’ha tacciato anche di poca onestà: nelle sue opere si sarebbe “macchiato” di interi plagi. Le pagine del Libellus de quinque corporibus regularibus di Piero della Francesca, per esempio, sarebbero le “rapine” più notevoli. Ma anche al di là dei “furti con destrezza”, per il matematico Luca Pacioli (1446-48 ca. – 1517) vale ciò che hanno scritto i suoi più recenti biografi: fu uomo di sconfinata cultura, non solo in campo matematico; fu in relazione – anche influenzandoli – con i maggiori potenti, filosofi, studiosi e artisti del suo tempo, come Marsilio Ficino, Leon Battista Alberti, Leonardo da Vinci; fu grande divulgatore delle scienze matematiche in tutte le declinazioni, comprese le deviazioni più esoteriche e alchemiche. E nelle sue opere seppe riunire tutto il sapere matematico occidentale. Non suonerà strano, allora, che un’edizione del suo libro Summa de arithmetica geometria proportioni et proportionalità sia in vendita oggi a un prezzo di 1.350.000 dollari da Sophia Rare Books, mercante danese di libri antichi specializzato in matematica e fisica. Del resto, anche Leonardo da Vinci aveva sborsato a suo tempo una cifra che gli storci considerano ragguardevole: 16 soldi per acquistare un esemplare di quella Summa che aveva ispirato fortemente l’artista.
Economista, oltre che matematico, Luca Pacioli è un personaggio misterioso e controverso. Figlio di un piccolo allevatore e coltivatore (“di famiglia ignobile e di poco splendore” lo definivano i commentatori antichi), presto divenuto frate come tutti i suoi fratelli, era nato a Sansepolcro. Questo dato biografico non è insignificante, visto che lì operava l’artista più incline alle questioni di matematica e prospettiva, Piero della Francesca. Di una trentina d’anni più anziano di Pacioli, Piero aveva lasciato traccia della sua ossessione geometrica nei lavori realizzati nel borgo: il San Giuliano per la chiesa di Sant’Agostino, il San Ludovico di Tolosa nel Palazzo Pretorio, la celeberrima Resurrezione (oggi tutti e tre nel museo civico). È guardando queste opere che in Pacioli inizia a formarsi un’inclinazione per la geometria e la matematica: “il giovanissimo Luca comincia a osservare il mondo creato da Dio come un grande ordine matematico, una successione regolare di forme geometriche in cui si esprime una suprema intelligenza”, ha notato Stefano Zuffi.
Scienza e religione sono i cardini della vita di Pacioli, anche se la prima aveva forse il sopravvento sulla seconda. È probabile che il ragazzino rimasto orfano a poco più di 10 anni abbia visto nell’abito francescano un’occasione per approfondire i suoi studi su quell’ ”Universo creato secondo numero, peso e misura”, una strada che lo avrebbe condotto a elaborare una visione inedita dell’intera materia. Nell’Italia del Quattrocento e poi nel Cinquecento, la matematica non era una disciplina circoscritta, aveva due facce: quella per i mercanti e quella per gli studiosi. La prima riguardava il mondo di conoscenze tecniche, legato alle professioni; la seconda, invece, si sviluppava nelle università, legata all’algebra e all’astrazione. Queste due vie procedevano parallele. In Luca Pacioli, invece, l’anima pratica e quella speculativa si sarebbero unite in un unico percorso. Così, per esempio, avviene già a Venezia, dove il diciottenne Pacioli va a servizio dal ricco mercante Antonio Rompiasi. Per lui lavora come segretario, mettendo la scienza dei numeri al servizio del commercio. Ma nello stesso tempo, e per i cinque anni del suo soggiorno in Laguna, Pacioli approfondisce le conoscenze dell’algebra nell’allora prestigiosa Scuola di Rialto, dove per la prima volta viene in contatto anche con gli autori classici.
Il mondo dei numeri, per Pacioli, sarà sempre più sintesi della vita pratica e della speculazione astratta, non a caso nei suoi scritti preferirà sempre il volgare al latino, per potersi rivolgere a tutti, non soltanto all’ambiente colto degli specialisti nelle università. È in questo sguardo olistico alla materia che compare il primo rapporto di Luca con l’arte del suo tempo. Gli artisti del Rinascimento (tra questi Filippo Brunelleschi, Leon Battista Alberti e, più tardi, Albrecht Durer) costituiscono uno strato culturale intermedio capace di sviluppare competenze sia nel sapere ‘dotto’ sia in quello pratico, come ha ricordato Luigi Grasselli: “A essi va riconosciuto un ruolo fondamentale nel processo di fusione dei due saperi, tra scienza e tecnica, che a partire dal Quattrocento si affermerà nel corso dei secoli e porrà le basi per il rapido sviluppo della scienza moderna”.
Nel viaggio formativo di Pacioli, saranno fondamentali le traduzioni dei trattati di Euclide, Archimede, Tolomeo, Vitruvio, e di quel matematico arabo dal cui nome facciamo discendere la parola “algoritmo”: al-Khuwarizmi. Ma altrettanto cruciale sarà la frequentazione romana di Leon Battista Alberti, che nel 1470, ormai ultrasettantenne, ospiterà per diversi mesi in casa propria il quasi ventenne Luca, e che con ogni probabilità gli consegnerà la sua visione del mondo attraverso le proporzioni della geometria, uno sguardo che Pacioli, nel 1497, esprimerà nel libro Divina proportione. Trattato dell’architettura. Dopo Venezia e Roma, la vita di Pacioli non smetterà d’essere movimentata. Sarà a Urbino; insegnerà a più riprese a Perugia; sarà a Zara e poi a Napoli, dove a contatto con l’ambiente umanistico comincerà a concepire l’idea di una summa del sapere matematico. Ma perché quest’opera veda la luce, dovranno passare ancora diversi viaggi e fruttuosi rapporti intellettuali, come quelli intrecciati a Roma, nell’ambiente dei della Rovere, con quel Giuliano che fu tanto attento al mecenatismo culturale e che sarebbe poi diventato il papa mecenate più ricordato nella storia col nome di Giulio II.
È a Venezia che Luca Pacioli termina il suo trattato più celebre e ricco, quello considerato il libro di matematica più importante del Rinascimento europeo: la Summa de arithmetica geometria proportioni et proportionalità. Stampata nel 1494 dal tipografo ed editore Paganino de’ Paganini, la Summa è divisa in due parti. La prima è basata in gran parte sul Liber Abaci del 1202 del celebre matematico Fibonacci, ricordato per lo più per aver introdotto i numeri arabi in Occidente. La seconda parte, sulla geometria, si basa ancora su Fibonacci (sulla sua Practica Geometriae), ma include pure una sezione sulla geometria stereometrica e sui solidi regolari tratta da Piero della Francesca. In ossequio all’approccio pratico di Pacioli, la prima parte della Summa contiene anche sezioni che illustrano le applicazioni dell’aritmetica e dell’algebra ai problemi negli affari, ed è il primo testo stampato che espone il metodo della contabilità in “partita doppia”, metodo che valse a Pacioli il titolo di “padre della contabilità”. Celeberrima, nella Summa, è inoltre la xilografia a piena pagina del conteggio con le dita, da cui ha preso il nome il nostro moderno “calcolo digitale”. L’opera di Pacioli è stata anche definita l’opera più influente nella storia del capitalismo. “Cinquecento anni fa, nel novembre 1494, uno dei primi testi stampati al mondo includeva una sezione sulla contabilità” ha scritto lo studioso e traduttore in inglese della Summa Jeremy Cripps. “Cinquecento anni dopo, le idee stampate in quel manuale di contabilità continuano a fornire le linee guida per la registrazione dell’attività economica in tutte le grandi banche”.
Ma questo libro è anche sintesi delle conoscenze geometriche di Pacioli, a partire dalla sua ossessione per i poliedri, i solidi geometrici regolari (o “platonici”, in quanto descritti nel Timeo, altra fonte decisiva per Luca), il cui interesse deriva con ogni probabilità dal suo iniziale rapporto con Piero della Francesca, da lui stimatissimo e descritto nel Divina proportione. Trattato dell’architettura come “monarca della prospettiva”. Si sa, per esempio, che Pacioli costruì alcuni solidi platonici per mostrarli a signori come Ludovico Sforza, Galeazzo Sanseverino e Pier Soderini, E ne realizzò anche per Guidobaldo da Montefeltro, duca di Urbino, colui al quale la Summa è dedicata. Non a caso, secondo molti studiosi, sarebbe proprio Guidobaldo il personaggio raffigurato al fianco di Pacioli nel noto ritratto del matematico attribuito al pittore Jacopo de’ Barbari, datato al 1495, oggi conservato al museo Capodimonte di Napoli, e fitto di simboli tra i quali una mosca appoggiata sul cartiglio.
[Qui il nostro articolo sulla mosca come simbolo nei dipinti tra Rinascimento e Barocco, Ndr]
Nel dipinto, l’indice di Pacioli è puntato su un libro di Euclide, mentre la sua Summa è poggiata sul tavolo alla sinistra del matematico, sormontata da un dodecaedro regolare di legno. Un altro grande poliedro, di ventisei facce (di cui 18 quadrate e otto rettangoli equilateri), pende invece da un filo. È in questo solido sospeso che si concentra la maggior parte degli enigmi di questo dipinto. Il poliedro è infatti riempito d’acqua per metà e sulle sue facce si riflette per tre volte il dettaglio di un palazzo che è stato riconosciuto nel palazzo ducale di Urbino. Anche al di là delle suggestioni di simbologia numerica attribuite al poliedro, il solido che pende dal filo rimanda direttamente alle tavole con i solidi disegnati da Leonardo per un altro trattato di Luca, il De divina proportione del 1497. Tra i tanti viaggi e i molti rapporti con gli artisti, va infatti ricordato i rapporto di Pacioli con Leonardo a Milano, durato almento tre anni a partire dal 1946. Leonardo stava già tenendo d’occhio Pacioli a distanza. Alla corte milanese di Ludovico il Moro, Leonadro si era infatti procurato la Summa di Pacioli. E la conoscenza diretta del matematico, avvenuta poco tempo dopo in quella stessa corte, si sarebbe poi trasformata nella più significativa amicizia di Leonardo, conducendo l’artista ad apprendere le teorie di Euclide e a sviluppare ricerche non soltanto in termini geometrici ma anche in tema di percussione, moto, pesi, forze e movimenti umani.
Oltre alle opere ormai perdute e solo ricordate dalle cronache, tra i testi di Pacioli che sono arrivati fino a noi ci sono quello scritto tra il 1496 e il 1508, con al suo interno una delle prime grandi collezioni di giochi e di enigmi matematici; una traduzione di Euclide del 1509 e il De Divina propotione del ’97. Ma è stata senz’altro la Summa a esercitare l’influenza maggiore su matematici e artisti del suo tempo, ed è anche per questo motivo che una prima edizione di questo testo può raggiungere oggi quotazioni come quella di Sophia Rare Books. Soltanto altre tre copie della prima edizione della Summa sono state registrate all’asta negli ultimi 50 anni, di cui solo una era nella sua rilegatura originale, venduta da Christie’s New York nel 2019 per 1.215.000 dollari, certificando così la centralità storica di questa opera.
Già dalla fine degli anni 90 del Quattrocento, gli studi di Pacioli, prima ancora che nascessero le relative edizioni a stampa, ebbero grandissima eco. “Ma proprio mentre le sue teorie cominciano a diffondersi”, ha scritto Stefano Zuffi, “il mondo ideale di Pacioli s’infrange davanti alla realtà. Il 12 ottobre 1492 a San Sepolcro muore Piero della Francesca (nello stesso annus horribilis di Sandro Botticelli, Ndr); e nello stesso giorno Cristoforo Colombo mette piede su una terra al di là di ogni orizzonte misurato. La storia prende un nuovo orientamento: Girolamo Savonarola infiamma Firenze con prediche apocalittiche, i fasti della corte sforzesca finiscono nella rovinosa caduta del ducato, gli eserciti stranieri entrano in Italia. E ancora: pochi mesi dopo la pubblicazione a Venezia del più celebre libro di Pacioli, la Serenissima dovrà fronteggiare la guerra contro l’Imperatore. La geometria esatta di Euclide e di Vitruvio si disperde nella confusione delle guerre, la città ideale è sconvolta dal tuono delle bombarde”.
Il mondo ordinato di Pacioli e della prospettiva era finito. Ma il matematico resta oggi il simbolo più cristallino di un sogno: quello di misurare il mondo attraverso regole certe, quello di rappresentarlo con la geometria. A lui si deve l’idea di ricondurre a numeri e forme fondamentali l’intero cosmo. Questo ha significato Pacioli per il suo tempo. E in questa sua avventura nell’astrazione il matematico ha influenzato gli artisti con i quali è venuto in contatto, traendo spesso da loro spunti e intuizioni. È per questo che oggi non si può pensare alla matematica di Luca Pacioli senza l’arte di Piero della Francesca e di Leonardo, senza l’architettura dell’Alberti, senza l’utopia di una città ideale. Allo stesso modo, è impensabile penetrare l’opera di tanto Rinascimento senza avere sullo sfondo la monumentale opera di questo strano frate, un matematico che visse la sua intera esistenza in un’insanabile contraddizione: indagare la concreta scienza della terra come espressione di un’intelligenza superiore ma impossibile da misurare.
Bibliografia
- E. Giusti, C. Maccagni (a cura di), “Luca Pacioli e la matematica del Rinascimento”, Giunti, Firenze, 1994
- S. Zuffi (a cura di), “Luca Pacioli tra Piero della Francesca e Leonardo”, Marsilio, Venezia, 2017
- F. Camerota, F.P. Di Teodoro, L. Grasselli (a cura di), “Piero della Francesca, il disegno tra arte e scienza”, Skira, Milano, 2015
- J. Tomlow, “Un’interpretazione fisica dell’oggetto in vetro nel ritratto di L. Paciolis di Jacopo de ’Barbari” (1495), in Architectura, XXX (2000)
- M. Seracini, “Riflettografie del Ritratto di Luca Pacioli con allievo”, in “Piero e Urbino, Piero e le corti rinascimentali”, catalogo della mostra a cura di P. Dal Progetto, Venezia, 1992
April 5, 2022