Enrico Castellani, le superfici e i fondamenti
LOOM gallery e Fondazione Enrico Castellani ricreano la mostra personale del 1999 alla Galleria Civica di Trento
L’opera d’arte di Castellani non si lascia scoprire, si espande. E se già Eraclito tramandò che «la natura delle cose ama celarsi», e se tutt’oggi i cosmologi valutano oscure là un’energia e qui una materia, converrà aggiornare i linguaggi secondo natura. Né basterà un’ode alla luce prodotta da tale artista a vederci chiaro. O luce d’arte alquanto rara schiarisci i passi discreti delle onde e/o particelle che irrorano tra flessioni e rilievi le tue superfici nella loro bellezza!
E non siano le celebri Superfici, volumi di tante aste, che tengono tuttora in disparte sculture e “situazioni” di eventi semiotici, a dominare la scena e i parterre. Aste di legno e membrane impilate a tumulo o valva viva non si ergono qui forse a dire che lo Spartito regola le parti in male o in bene, la lotta e la spartizione, il sotto dal soprastante? Parti di relazioni in corso.
E.Castellani_1984 Enrico Castellani, Celleno (Viterbo), 1984. Ph: Nataly Maier, courtesy Fondazione Enrico Castellani.
Secondo precisi fondamenti iconologici Castellani condivide la dualità di superfici e/o vuoto interno: il violino del suo prestigio. Tali corpi estro/intro/flessi sono strumenti dell’osservare aptico, quando pare di toccarli con gli occhi e farli risuonare; senza cornici, aprono campi di spazio ed energia. Le superfici chiuse dialogano coi fondamenti aperti come passi sulla luna.
Le superfici emanano più luce se animate da cavità o fondali che le sensibilizzano, fu questo l’atout del giovane Enrico. La sua arte è perciò espansa sia in ogni singola superficie a corpo oscuro, tra sculture, ambienti, eventi, concetti, excursus di pregio, finora meno frequentati.
Ai passanti capita di discettare sulla “ripetizione differente” che mal distinguerebbe le Superfici bianche private di cornici: ma compongono un linguaggio. Forse una lingua della quantizzazione del piccolo infinitesimale? Vorrei capirla anch’io, che non faccio fisica matematica. No, l’opera di Castellani è solo quantistica come l’immagine degli esperti che parlano di “universo al contorno”: vale a dire entro l’invisibile o l’infinito.
Il Nobel assegnato al fisico Giorgio Parisi per avere compreso le interazioni tra il disordine e le fluttuazioni nei sistemi fisici complessi (siano atomi, pianeti, dinamiche di uccelli in volo) ha acceso una stella su questa mostra delle sculture riunite alle superfici di Castellani, che ai più suggeriscono flussi di caos entro le strutture. Oggi il caos è tradotto in matematica oltre che indotto dalla poesia. Artista di fondazione, Castellani ebbe un testo dal poeta Mario Luzi che aveva pubblicato la raccolta Su fondamenti invisibili (’71). «La tabula di Castellani può essere all’origine o all’epilogo della creazione», vi avvertiva Luzi, cogliendo gli opposti.
Castellani l’artista, sia teorico sia sperimentale, è complesso di suo. Come le sue machinae, per riunirle qui tutte tese da pali e tensori che la Loom espone qui in coppia, infine al centro!
«L’arte va alla ricerca di universali attraverso un esame dettagliato dei particolari che per essere proficuo spesso richiede uno scenario artificialmente limitato». (Lee Smolin, 2014)
Enrico Castellani, Sculture, 1999, exhibition view, Galleria Civica, Trento, 1999. Ph: Giuseppe Varchetta, courtesy Fondazione Enrico Castellani.
Nessun quantum di supremazia
«La pittura ha vinto», decretò un filosofo curatore di una gran mostra d’arte nel 2013. Vinto? Per le superfici mai suprematiste di Castellani ciò era stato vero fin dai suoi esordi nel 1959, sia sperimentali sia teorici, quando esse furono subito prescelte per le prime mostre da ben due gallerie, Schwarz e Ariete, le più avanzate a Milano. Non abbastanza, ora Bernard-Henri Lévy mirava a un’autonomia genetica dei linguaggi – verso un’automazione delle arti visive?
«La pittura ha vinto. Ella si è autonomizzata. Come la psicoanalisi secondo Lacan ella non si autorizza,
ormai, che da se stessa. Indifferente come dice Bataille di Manet a ciò “che essa racconta ancora”,
essa diventa se stessa “suo unico oggetto” e oppone un rifiuto netto, come
aggiunge Malraux, a “qualsiasi volere estraneo alla pittura”».
Sarà una recente Superficie biangolare argento (qual piano alare coi bordi deflessi in angoli, per così dire) che, su invito del curatore filosofo, Castellani esporrà alla Fondation Maeght a Saint-Paul-de-Vence nel 2013, carismatico habitat della storia delle avanguardie moderniste. Come già Malraux decenni prima, Lévy vi richiamò un gran parterre di opere antiche e non, in un récit tra pittura, filosofia e avventure della verità. Come vi transumano le cento opere?
«Queste opere, rotti tutti gli altri ormeggi con i porti dell’Essere, sono come le Annunciazioni di
un mondo auto referente non rinviando che a sé, oggetto assoluto, duro come la pietra,
senza sottendimenti, risultati di un discorso oscuro, che non è più quello che scrutarono i filosofi».
Ciò nondimeno ………………………………………………………………………………………………………
«… un asceta e voluttuoso… un platonico sensuale… che dona alle sue imprese qualcosa
di ieratico, puritano, che riunisce, qualunque cosa sia, l’antica volontà di di liberarsi dall’immagine».
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Scolpire la posa dello spaziotempo in laguna
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Nota editoriale: questo testo introduce la mostra “Enrico Castellani – Le Superfici e i Fondamenti”, organizza da LOOM Gallery e Fondazione Enrico Castellani (LOOM Gallery, Milano. 28 ottobre – 31 dicembre 2021). La mostra comprende due grandi tele bianche triangolari e due massicce sculture di legno composte da travi a sezione quadrata stabilizzate da stralli e sartiame d’acciaio ancorato a piccoli pali d’ormeggio. Il corpo di opere è stato prodotto nel 1999, in occasione della personale dell’artista alla Galleria Civica di Trento.
October 19, 2021