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Un’intervista con Isabella Ritter di LambdaLambdaLambda

Conceptual Fine Arts

Parliamo con Isabella Ritter, co-fondatrice e co-direttrice insieme a Katharina Schendl della galleria LambdaLambdaLambda, con sede a Pristina e Bruxelles

La tendenza delle giovani gallerie di avere la propria sede principale nella periferia geografica del mondo dell’arte è ragionevolmente recente. Grazie alla visibilità internazionale resa possibile dalle fiere e dai frenetici programmi di viaggio dei direttori di galleria e dei loro artisti (almeno prima della pandemia), non è insolito vedere gallerie emergenti provenienti da città e Paesi più piccoli avere successo nelle mecche del mercato dell’arte di New York, Parigi, Londra, Shanghai, Los Angeles, ecc. LambdaLambdaLambda, con sede in Kosovo, ne è un esempio. Habitué di fiere come Art Basel, Frieze e Liste, la galleria rappresenta artisti piuttosto affermati come Nora Turato, Hana Miletic e Hanne Lippard, ma anche giovani scoperte come il giovane pittore kosovaro Brilant Milazimi. Abbiamo contattato Isabella Ritter, co-fondatrice insieme a Katharina Schendl nel 2015 di LambdaLambdaLambda, a cui abbiamo chiesto qualche informazione sul loro programma, sul modus operandi della galleria e sulla loro scelta di condividere uno spazio a Bruxelles – LA MAISON DE RENDEZ-VOUS – con altri amici galleristi.

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Katharina Schendl (left) & Isabella Ritter (right). Photo credit: Tina Herzl

Da dove deriva il nome della vostra galleria?

Il nome ci è stato suggerito da un artista. Voleva sapere come si sarebbe chiamato il nostro prossimo progetto e spontaneamente ha suggerito il nome LambdaLambdaLambda, facendo riferimento alla cultura delle confraternite e delle sorellanze negli Stati Uniti. Il nome doveva suggerire inclusività, in quanto una galleria non è composta solo dai suoi fondatori – volevamo evitare la classica situazione in cui il nome di un gallerista viene utilizzato come nome della galleria – ma anche dagli artisti, dal team e da chiunque altro contribuisca al suo contenuto. E una parte di umorismo è sempre ben accetta.

Exterior view of LambdaLambdaLambda, Prishtina
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Exhibition view, Nora Turato, don’t tell me where this is going, i loooo-ooooo-ooove surpris-es, LambdaLambdaLambda, Prishtina, 2021. – Photo Credit: marcelkoehler.com

Qual è stato il tuo percorso e come hai deciso di aprire una galleria?

Ho una formazione in storia dell’arte e ho lavorato in altre gallerie prima di aprire la mia. Katharina, l’altra co-fondatrice, ha studiato architettura e lavorava in un museo. LambdaLambdaLambda è nata nel 2015 per ragioni prevalentemente idealistiche. Eravamo in Kosovo e ci siamo rese conto che non esisteva un’infrastruttura di gallerie permanenti in grado di sostenere gli artisti locali. Il modello della galleria come lo conosciamo in Occidente non è comune in questa regione, dove gli artisti vendono direttamente ai collezionisti e i collezionisti non vedono il vantaggio di comperare per il tramite di una galleria. Volevamo creare questa infrastruttura, assicurandoci che alcuni artisti locali potessero vivere di ciò che facevano e non smettessero di fare arte una volta superata la giovane età.

Come descriveresti il vostro programma a chi non conosce ancora la galleria?

Ci concentriamo su artisti il cui lavoro è singolare, idiosincratico per così dire. Non ci interessa tanto seguire le tendenze, ma piuttosto guardare a lavori straordinari che ci incuriosiscono. Se si guarda ad artisti inclusi nel nostro programma come Tatjana Danneberg, Heinz Frank, Hana Miletić o Nora Turato, questo è abbastanza ovvio. Il nostro programma ha naturalmente una forte presenza di artisti provenienti o legati alla regione balcanica, soprattutto giovani artisti del Kosovo come Brilant Milazimi o Dardan Zhegrova. Esaminando gli artisti con cui lavoriamo o abbiamo lavorato, il nostro interesse per le pratiche artistiche legate alla performance è abbastanza evidente, sebbene non abbiamo mai deciso di concentrarci sull’arte performativa. È successo inconsapevolmente. Ricordo di aver visto Hanne Lippard esibirsi per la prima volta in un museo tedesco nel 2015 e di essere rimasta ipnotizzata dalla sua performance, era magica.

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Exhibition view, Hana Miletić, XX, LambdaLambdaLambda, Prishtina, 202. photo credit: Nathalie Badr

Come decidete se vale la pena di rappresentare un artista?

La scelta deve avere senso sia per la galleria che per l’artista. A causa delle diverse specificità, un gallerista potrebbe non essere in grado di vendere o mostrare correttamente il lavoro di un certo artista. Quando ci si incontra e si inizia una collaborazione, deve esserci un’affinità, sia artistica che personale. Alcuni degli artisti del nostro programma erano relativamente sconosciuti all’inizio, e a volte ci sono voluti due o tre anni per aiutarli a costruire la loro reputazione. Questo tipo di investimento richiede la condivisione di una visione su dove e a chi ha senso che il loro lavoro vada ora e dove può andare in futuro.

Exhibition view, Heinz Frank, DAS LOCH IN MEINER SEELE UND IHR GLÄSERNES KLEID (THE HOLE IN MY SOUL AND ITS TRANSPARENT DRESS), LambdaLambdaLambda at Bureau des Réalités, Brussels, 2018. – photo credit: Isabelle Arthuis.

Tra tutti i modi in cui una galleria sostiene un artista, qual è secondo te il più importante?

Dipende dall’artista. Per alcuni artisti le istituzioni sono il luogo migliore per presentare le loro opere, sia dal punto di vista dello spazio, sia dal punto di vista intellettuale. Per altri artisti non è così, il loro lavoro è meno “complicato” da trattare e quindi più accessibile agli amanti dell’arte privati. Poi c’è tutto ciò che sta nel mezzo, collezionisti privati dalla mentalità molto aperta e con un’idea fortunatamente più eccentrica di cosa sia l’arte. Il compito del gallerista è quello di capire cosa è necessario fare per sostenere ciascuno dei suoi artisti nel modo più adatto a loro, poiché non esiste una ricetta che vada bene per tutti. A causa della nostra particolare situazione, che ci vede lavorare in un luogo in cui né la produzione delle opere d’arte né la realizzazione di mostre sono professionalizzate, e dovendo inoltre collaborare per lo più con artisti piuttosto giovani e con poca esperienza professionale, abbiamo capito subito che non potevamo limitarci a mettere in vendita le opere dell’artista. In generale, è importante pensare in modo diverso, per così dire fuori dagli schemi, per trovare modi talvolta non convenzionali per sostenere i propri artisti.

Oggi le gallerie possono sopravvivere senza le fiere?

All’inizio le fiere erano fondamentali per la visibilità della galleria, soprattutto se si considera che eravamo gli unici in Kosovo. Probabilmente ne abbiamo fatte troppe nei primi anni. Era ancora l’epoca della “frenesia da fiera d’arte”, ma era anche l’unico modo per capire quale potesse essere il nostro mercato. Dopo qualche anno, abbiamo scoperto che solo alcune di esse erano effettivamente importanti per noi. Non tutti possono essere interessati a tutto e, anche se è difficile da capire, il nostro programma non si adatta a tutti i tipi di mercato. L’esperienza che abbiamo maturato dopo aver partecipato un buon numero di fiere ci ha portato alla conclusione che per noi ha più senso ridurle di numero e lavorare in modo più mirato.

La pandemia ci ha mostrato che una galleria può fare benissimo a meno delle fiere se ha una solida rete di curatori e collezionisti, anche se la percezione delle fiere come una necessità è difficile da scrollarsi di dosso. Non credo che le fiere siano di per sé superflue, ma ciò che forse è diventato superfluo è che ogni galleria deve necessariamente partecipare a qualsiasi fiera d’arte in giro per il mondo. Sembra che le scelte siano diventate più mirate, il che è ragionevole anche considerando le questioni ambientali. Quando la pandemia ha costretto le gallerie a prendersi una pausa dalla frenesia delle fiere, esse hanno potuto dedicare più tempo ai loro programmi in house e a considerare altri modi per rendere visibile il loro programma (e con questo non intendo gli OVR). È stato anche un momento per dedicare tempo ed energie alla comunità artistica locale.

Exhibition view, Tatjana Danneberg, out of tune II, LA MAISON DE RENDEZ-VOUS, Brussels (organized by LambdaLambdaLambda), 2020. -Photo credit : GRAYSC

Parlaci di LA MAISON DE RENDEZ-VOUS, lo spazio espositivo di Bruxelles che condividete con Paul Soto e Misako & Rosen.

Il progetto non era esattamente pianificato, ed è iniziato in modo piuttosto spontaneo. Paul Soto aveva già lo spazio e aveva organizzato un paio di mostre, viaggiando tra Los Angeles e Bruxelles. Quando si è reso conto che il progetto era alquanto complicato per gestirlo da solo (a causa della lunga distanza e dell’enorme differenza di orario), ha chiesto ad alcuni amici galleristi di condividere lo spazio. Con LA MAISON DE RENDEZ-VOUS ci siamo chiesti se questo modello potesse essere un’alternativa alla più classica galleria indipendente e se fosse in grado di funzionare per raggiungere un pubblico locale. Alla fine, la collaborazione è andata oltre la semplice condivisione dello spazio; ora condividiamo anche conoscenze e risorse. È una collaborazione da sogno!

Exterior view of LA MAISON DE RENDEZ-VOUS, Brussels

Puoi raccontarci qualcosa sui vostri collezionisti in Kosovo e a Bruxelles oggi?

In Kosovo le persone amano l’arte. La Galleria Nazionale è affollata ogni volta che c’è un’inaugurazione. Alcuni acquistano anche opere d’arte, benché non li paragonerei ai collezionisti di Bruxelles e di altre città più occidentali. Gli acquirenti in Kosovo comprano occasionalmente perché gli piace un’opera, in genere chiedendo direttamente all’artista; non sono come i collezionisti nel senso comune del termine, cioè persone che devono assolutamente ottenere certi pezzi per dare un senso alla loro collezione, assemblando una quantità notevole di opere d’arte per un motivo specifico, vivendo per aggiungere altro a un’opera. Per quanto riguarda Bruxelles, posso dire che siamo stati accolti a braccia aperte dai collezionisti locali grazie alla peculiarità del nostro progetto. In questo momento la nostra rete di collezionisti in Belgio è davvero ampia.

May 18, 2022