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È davvero il momento di comprare arte antica?

Stefano Pirovano

Comprare arte antica torna a essere una buona idea, per almeno quattro valide ragioni (che non sapevamo già)

Se fino alla metà dello scorso decennio collezionare arte antica è stata un’attività raccomandabile solo a chi avesse a disposizione molto tempo e raffinati strumenti culturali, oltre che economici, lo scenario attuale suggerisce un cambio di paradigma; e non si tratta solo di prendere atto delle informazioni che i siti delle case d’asta e piattaforme come Artnet e Artprice offrono a chiunque voglia farsi un’idea del mercato di un certo artista. Negli ultimi tempi sono infatti emersi nuovi fattori, che messi in relazione tra loro potrebbero spiegare perché nel 2021 il settore degli old masters europei sia cresciuto del 25% per valore (ovviamente anche grazie al Botticelli battuto per 92.2 milioni di dollari), ma soprattutto del 12% per volume, dopo aver raggiunto i suoi minimi storici nel 2020 (C. McAndrew, Art Market Report, 2022). Vediamo quali, tenendo comunque presente che l’unica bussola a cui affidarsi, nel presente come nel passato, non è la coolness ma la qualità artistica.

BIAF 2022
Giovanni Marchiori, Testa femminile, Terracotta su base lignea originale; cm 38 x 36, altezza complessiva cm 52. Galleria Walter Padovani, parte di BIAF 2022 — Questo magnifico mezzobusto femminile, provvisto di un elaborato basamento in legno che si accorda perfettamente alla terracotta, ma allo stesso tempo se ne differenzia sottilmente per la temperatura stilistica, è una versione autografa, forse il suo modello preparatorio, della cosiddetta Venere o Flora in pietra conservata ai Musei Civici di Treviso. Una volta stabilito che, con ogni probabilità quella al Museo Civico di Treviso era una ‘testa ideale’ sul tipo della Saffo di Providence, cadrebbe tanto la sua identificazione con una Venere quanto con una Flora; potrebbe cioè trattarsi della raffigurazione, magari anche generica, di una poetessa antica, o semplicemente una vera e propria ‘testa ideale’. E d’altronde anche Arslan, il vero riscopritore moderno di Marchiori, colui che rese noto per primo la testa di Treviso, nel 1926 scriveva: magnifica di modellazione, quasi accarezzata dall’artista, viva e trepida, avanza essa leggermente le spalle come la sorella antica di Firenze. Si avverte dal collo fluire la vita e il sangue al bel volto sereno, due tracce cadono sulle splendide spalle e nelle trecce è avvolta sul capo, con grazia, la fronda dell’alloro. Non sappiamo quando venisse creata quest’opera, ma essa rimane per noi in ogni modo rappresentativa di questo periodo e, per quello anzi del Marchioro ci è noto, essa ci appare veramente il suo capolavoro. Questo capolavoro in terracotta, insomma, tanto nei capelli quanto nelle proporzioni allungate del collo, quasi un manierismo alla Parmigianino, possono ancora essere ricondotti ad un linguaggio settecentesco di intonazione quasi rococò, ma la purezza estrema dell’invenzione anticipa inequivocabilmente le ‘teste ideali’ dello stesso Canova, un genere destinato ad uno straordinario successo ed inaugurato con la Testa di Elena del 1811.

Un mercato concorrenziale, ma meno affollato 

Rispetto all’antico, quello contemporaneo è un bacino decisamente più ampio, che se da una parte genera maggiori volumi di scambio, dall’altra polarizza l’attenzione su pochi artisti, dei quali è difficilissimo ottenere opere di primo mercato, soprattutto quando si innesca il meccanismo dell’aspettativa. Così i prezzi si gonfiano, c’è frenesia, i collezionisti sgomitano, si specula, a volte oltre il limite della decenza. Dopo l’euforia del 2015, quando anche i giovanissimi hanno cominciato a passare sotto il martello, oggi si avverte una crisi che è di credibilità, più che di numeri. Nel 2021, all’interno di questo settore, il volume di vendita in asta delle opere create negli ultimi vent’anni è addirittura raddoppiato rispetto al 2020, raggiungendo 1.6 miliardi di dollari (C. McAndrew, 2022). Per usare la nostra metafora preferita, ovvero quella del cercatore di funghi, se il contemporaneo è un bosco dove i porcini non possono mancare, è anche quello dove chiunque sta andando a cercare, specialmente in certi periodi della stagione – ossia i mesi di ottobre e giugno, in corrispondenza delle fiere principali. Al contrario, quello dove ‘crescono’ gli old masters continua a essere un bosco altrettanto ricco, ma di gran lunga meno battuto e meno stagionale. Nel 2021 è valso solo l’8% del mercato dell’arte. Qui studio e passione possono ancora fare la differenza, soprattutto se le informazioni diventano più accessibili.

Carlo Maratti, Ritratto di Giovan Pietro Bellori, 1672-1673; olio su tela, 97 x 72,5 cm. Alessandra Di Castro Antiques, parte di BIAF 2022 — Giovan Pietro Bellori è stato uno dei maggiori critici d’arte di sempre. A lui, quando Roma, nel XVII secolo, era battuta dai venti stravaganti del Barocco, si deve la teorizzazione e la strenua difesa di una estetica classicista che affondava le sue radici nell’Idea del Bello formulata dagli antichi. Egli fu anche autore di una popolare storia dell’arte, incentrata, secondo il modello cinquecentesco di Giorgio Vasari, sulle vite dei più noti pittori del passato recente o a lui contemporanei. Tra questi proprio Carlo Maratti decise di dipingere il ritratto di Bellori, con cui ebbe stretti rapporti di amicizia, e poi di farne dono all’amico. Il ritratto, divenuto molto famoso, fu compiuto tra il 1672 e il 1673, in occasione dell’uscita de Le vite.

Informazioni finalmente disponibili

Il fatto che musei e archivi abbiano considerevolmente implementato la quantità di informazioni e immagini disponibili online è cosa piuttosto recente, che sicuramente la pandemia ha contribuito a far accadere [qui il link alla pagina che abbiamo dedicato all’uso degli strumenti digitali che fanno i due musei europei più avanzati da questo punto di vista, ossia il Rijksmuseum e il Van Gogh Museum di Amsterdam, Ndr]. Oggi non serve essere professionisti, o avere a disposizione un’immensa biblioteca, per mettere a fuoco il contesto storico in cui una certa opera si colloca, e magari comprendere meglio le ragioni di un’attribuzione. Le immagini delle opere sono disponibili, spesso in alta risoluzione, anche sui siti dei musei minori, così come le informazioni fondamentali a esse relative. L’eccezionale fortuna professionale di Federico Zeri è in gran parte dipesa dalla sterminata fototeca che lo storico dell’arte romano è stato in grado di raccogliere, una riserva di informazioni a cui solo lui poteva attingere e che lui solo sapeva processare. Oggi quelle immagini sono per la maggior parte disponibili online (qui), così come quelle di migliaia di altri archivi. E lo stesso vale per moltissimi scritti accademici – noi stessi abbiamo da poco avviato una collaborazione con Nuovi Studi, la principale rivista scientifica italiana, di cui portiamo online e traduciamo integralmente i saggi (qui).

Autore ignoto (fiammingo?), Tentazioni di Sant’Antonio, XVI secolo, tavola, 81×59 cm, Galleria Carlo Orsi, parte di BIAF 2022 — La tavola consente di evocare un episodio risalente all’adolescenza se non addirittura all’infanzia di Michelangelo, durante il suo apprendistato di pittore, nella bottega di Domenico Ghirlandaio, negli anni 1487-89 circa: la copia di un’incisione di Martin Schongauer con le Tentazioni di Sant’Antonio, del 1470 o poco dopo. La scena, desunta dalla Vita di Sant’Antonio scritta da Sant’Atanasio (IV secolo), mostra il santo in levitazione, assalito da nove demoni dalle forme orribilmente ibridate, che mutuano dal regno animale un ripugnante repertorio di zanne, corna, artigli, ventose, becchi, proboscidi, ali rostrate, scaglie e pelli squamose, tutto reso con una grafica ispida e vibrante. I diavoli attaccano il santo eremita con varie forme di violenza fisica: lo adunghiano, lo strattonano, lo minacciano con bastoni. Egli resta paziente e impassibile, con i suoi libri ben assicurati alla cintura.

Analisi scientifiche

Nei momenti di maggior euforia, in un crescendo che in Europa dal secondo dopoguerra arriva alla fine degli anni Settanta, con un mercato americano dominato da role models come Paul Getty e Norton Simon, il rischio di comprare un falso era effettivamente alto, anche se l’occhio era quello di Zeri (a questo proposito si veda Burton B. Fredericksen, The Burdens of Wealth: Paul Getty and His Museum, 2015). Le attribuzioni spesso si basavano più sull’autorevolezza dello studioso che su un effettivo consenso della comunità scientifica – eppure si vendeva. Oggi la situazione è molto diversa, anche grazie agli strumenti scientifici, sempre più diffusi e meglio impiegati – anche a beneficio delle tecniche di restauro. Ogni fiera d’arte che si rispetti, dal Tefaf alla Biennale di Antiquariato di Firenze, ha un vetting committee di massimi esperti che interviene prima dell’apertura al pubblico a garanzia della bontà di opere e attribuzioni. Incappare in un falso o in un’attribuzione compiacente è piuttosto difficile, anche perché per i pochi antiquari rimasti in circolazione la reputazione è condizione imprescindibile alla sopravvivenza.

BIAF 2022
Bottega di Lorenzo Maitani, Crocifisso, Firenze, 1325/30 circa Legno di frutto (pero?), cm 68 × 68 (H. con le braccia cm 81). Botticelli Antichità, parte di BIAF 2022 — L’eleganza dello schema tipologico e la delicatezza espressiva che pervade il Crocifisso risentono in modo diretto della lezione di uno degli episodi più alti della cultura gotica italiana durante i primi decenni del Trecento, vale a dire il cantiere del Duomo di Orvieto. La silhouette slanciata, il disegno grafico dell’intaglio e il naturalismo armonico dell’anatomia sono termini indicativi di un raffinato scultore della bottega di Lorenzo Maitani.

Più offerta dopo la pandemia

Gli over sessanta sono senza dubbio la categoria che ha pagato al Covid il prezzo più alto. Ma spesso questi erano, o negli anni d’oro erano stati, anche i principali clienti delle gallerie. Come ci ricordano Kaspar Utz (il cinico protagonista del celebre romanzo di Bruce Chatwin), o la vicenda umana di Hildebrand Gurlitt (a questo proposito suggeriamo C. Hickley, The Munich Art Hoard, 2016), guerre e grandi crisi possono offrire al collezionismo d’arte le più straordinarie possibilità. E purtroppo il tempo che stiamo vivendo non fa eccezione. Se è vero che ci stiamo rapidamente avvicinando al punto in cui la decadenza dell’impero statunitense si scontrerà con la crescita di quello cinese (R. Dalio, The Changing World Order, 2022) ecco che per i collezionisti, purtroppo, l’immediato futuro promette di essere foriero di opportunità. Anche perché, come Dalio più volte puntualizza, l’arte è un bene rifugio straordinariamente efficiente. A patto, come si diceva all’inizio, di sapere riconoscere i funghi buoni da quelli velenosi.

September 6, 2022