Paris Internazionale 2022, momenti salienti
Abbiamo visitato l’ottava edizione di Paris Internationale, la fiera di riferimento per l’arte di domani, in 59 gallerie da tutto il mondo
All’opening di Paris Internationale 2022 i volti sorridenti sono ovunque. “Parigi è la nuova Parigi”, si è arrischiato a dire qualcuno, facendo riferimento all’antico dominio della città nel mondo dell’arte, ma avventurandosi in improbabili paragoni con storie vecchie di oltre cent’anni. Anche perché l’arrivo di Paris+ segna un nuovo capitolo, accompagnato da una promessa: la città farà Art Basel alla maniera di Art Basel, dove, se le cose andranno come previsto, molte gallerie potranno risolvere i problemi di liquidità che almeno dallo scorso anno assillano i loro contabili. La promessa sembra sia stata mantenuta, ma a Paris Internationale le opere sono certo più importanti dei bilanci delle gallerie. Tipico delle fiere d’arte emergente, ma particolarmente vero per l’edizione di quest’anno, ogni stand sembrava una piccola mostra “curata” con l’ambizione culturale che caratterizza le mostre in gallerie. Ne abbiamo scelte sei, ma potevano essere cinquantanove, ossia il numero delle gallerie presenti in questa ottava edizione.

Jannis Marwitz da Lucas Hirsch
I cinque dipinti presentati da Jannis Marwitz andranno negli Stati Uniti. Sono stati acquisiti da un collezionista americano, che li donerà a un museo. Presto sarà deciso quale sarà la fortunata istituzione che riceverà le opere. Nel frattempo Marwitz potrà beneficiare del senso di fiducia che accadimenti di questo tipo portano a un artista per portare il suo discorso artistico ancora più il là. Per capire la pittura di Marwitz può essere infatti utile pensare a un musicista come Pat Metheny. La padronanza dello strumento (la pittura nel caso di Marwitz) è solo un punto di partenza. L’essenza dell’opera sta nel fatto poetico, che in ragione di questa padronanza ha un campo espressivo ampio e diversificato. Marwitz può ‘scrivere’ canzoni in tonalità maggiore o minore, narrative, sentimentali, ironiche, disturbanti, oppure romantiche, ma che comunque chiaramente provano a parlare dell’uomo e del suo destino.

Aileen Murphy da Deborah Schamoni
Della pittura di Aileen Murphy (1984, irlandese di stanza a Berlino) ci ha colpito l’efficacia metaforica, ossia la capacità di tradurre un’idea in immagine pittorica (non grafica), o forse di percorrere la via in senso opposto, cioè partendo dalla pittura. Labbra tormentate e denti sgarbati fanno da epicentro a un corpo appena accennato, accovacciato, immerso in un nuvola gialla che parla di un’infanzia lontana, oppure molto vicina. L’opera in questione si intitola Age, età. I segni del tempo affiorano in un punto nevralgico del corpo femminile, che può a sua volta essere inteso come metafora del luogo da cui la vita umana ha origine. Questo approccio implica per ogni dipinto la necessità di rispondere a una precisa necessità poetica, ogni volta necessariamente diversa. Così la pittura non si può adagiare sulla forma, non può impigrirsi. Ma deve muoversi in continuazione, alla ricerca di quella necessità.

Clementine Bruno da Project Native Informant
Clementine Bruno (nata nel 1994 in Francia) ha recentemente dichiarato che l’artigianato è un “veicolo di demoralizzazione”. I suoi dipinti su legno nello stand di Project Native Informant attestano il suo rapporto specifico con l’artigianato, nella misura in cui sfidano le sue forme inevitabilmente rintracciabili, pur mantenendone la finezza esecutiva; il gesso tradizionale sui suoi pannelli sembra bruciato, tirato, la vernice copre piuttosto che disegnare, ma con risultati toccanti. Il potenziale drammatico di alcune opere viene spezzato con vari mezzi: frammenti di carta incollati, inviti al figurativo, pennellate leggere che riecheggiano l’inizio di qualcosa di mai iniziato. Nello stand è presente anche quello che si legge come un riferimento, ossia una nota a piè di pagina: è un’immagine di devozione.

Clémence de La Tour du Pin e Ingerid Kuiters da Femtensesse
Femtensesse, che ha sede a Oslo, porta a Paris Internationale le opere di Clémence de La Tour du Pin (n. 1986, FR) e Ingerid Kuiters (n. 1939, NO). Lo stand ha un sapore ottocentesco. Evoca un’epoca in cui l’industria era abbastanza giovane da produrre oggetti che non sembravano industriali; non pare un caso che de La Tour du Pin abbia studiato alla scuola di pittura decorativa Van Der Kelen, che è orgogliosa di non essere cambiata dalla sua fondazione, nel XIX secolo. Ombrelli ritrovati per l’artista francese, bambole ritrovate per il norvegese. Le loro ricerche si trasformano in teatrini per sceneggiature sognanti (de La Tour du Pin) o compositi surreali di solida semplicità (Kuiters). Sebbene tutte le opere siano tridimensionali, non sono esattamente scultoree: si staccano dal muro e ti avvicinano, indirizzandoti verso ogni centimetro quadrato del loro dettagliato assemblaggio.

Irina Lotarevich da Sophie Tappeiner
Irina Lotarevich (1991, Rybinsk, Russia, vive e lavora tra New York e Vienna) produce volumi simbolici, spigolosi, spesso sfruttando materiali duri come l’alluminio o l’acciaio. A Paris Internationale si sono viste due panche, dei contenitori, e una scultura a parete tempestata di chiavi e serrature – le chiavi stanno sul bordo, le serrature all’interno del bordo non hanno chiave. L’opera si intitola Housing Anxiety. Le scatole e le panche recano calchi metallici della pelle dell’artista. Dalla freddezza del materiale al calore del dato personale il passo è breve. All’impenetrabilità della composizione risponde da lontano una voce romantica e cristallina. Gli oggetti, dopotutto, potrebbero essere abitati da presenze iper-naturali. Più che plasmare una materia fluida qui Irina Lotarevich ricompone, salda, taglia, estrae umanità dall’antiumano.

Jesper List Thomsen a Hot Wheels Atene
Tra gli innumerevoli modi in cui un artista può arrivare a dipingere Jesper List Thomsen sceglie quello delle parole e della performance. Dopo aver accompagnato, ad Atene, un’opera radiofonica dello stesso List Thomsen, due quadri tornano in mostra nello stand di Hot Wheels a Parigi. Le opere introducono una fisicità che ricorda i lavori su tela di Tracy Emin; spoglio espressionismo che, a volte, rappresenta il testo stesso. Una registrazione dell’artista che legge un verso di 4 secondi dicendo semplicemente “FREEEee” (è un estratto da un suo libro) riecheggia con forza le forme di qm3nvwv (2019), uno dei dipinti in mostra; la voce si inclina verso il basso, ma il punto focale dell’unico esecutore rimane fisso. Nel dipinto, un punto di vernice sembra scorrere lungo segni curvilinei disposti verticalmente, suggerendo un movimento verso l’alto e verso il basso non dissimile da quello della voce. Entrambe le parole giocano con la libertà, letteralmente e metaforicamente.
October 25, 2022