Norton Simon, secondo un artista contemporaneo americano
Introduzione essenziale a Norton Simon, magistrale collezionista d’arte durante la fioritura culturale dell’America del secondo Novecento
Los Angeles esiste alla fine del mondo. Così mi diceva lo scorso dicembre un importante mercante d’arte durante una cena in un caffè di Melrose. L’ironia non mi è sfuggita, mentre cercavo di dosare su una fetta di pane a lievitazione naturale una lussuosa salsa di prezzemolo verdeggiante, con agrumi brillanti, olio d’oliva, nocciole tostate e acciughe. Assaporando i sapori intensi del mio piatto ho contemplato i vari scenari apocalittici che la regione suggerisce: siccità, incendi, frane e la minaccia sempre presente dei terremoti. A quale fine si riferiva? Il mio commensale ha apprezzato l’ambiguità della sua affermazione, spostando bruscamente la conversazione sugli eccezionali prodotti californiani, sulle sue gallerie emergenti preferite, sui musei di livello mondiale, e sulla propria soddisfazione per essere riuscito a stabilire in città radici stabili. Compiaciuto di quest’ampia offerta di contraddizioni, ha sorriso. Ho capito che, in questo caso particolare, la “fine del mondo” si riferisce all’ultimo fuso orario metropolitano prima della vasta distesa dell’Oceano Pacifico, riflesso del divario spazio-temporale tra l’Europa e la città degli angeli. Riflettendo sulle sue parole, ho pensato alla mia recente visita al Norton Simon Museum, e all’ambizioso, complicato e brillante collezionista d’arte di cui l’istituzione porta il nome. Riflettevo soprattutto sulle condizioni in cui Norton ha acquisito la sua fortuna, alla fine del mondo.
Norton Winfred Simon nasce nel 1907 a Portland, Oregon, e qui si esprime la sua esistenza, ai margini della cultura, in un lontano angolo nord-occidentale degli Stati Uniti. I suoi genitori, figli di immigrati ebrei dell’Europa orientale, riescono a garantire ai loro figli una vita agiata; Norton ha due sorelle più piccole. Ma si trova ad affrontare una tragica perdita quando la madre more prematuramente, lasciando un vuoto che Norton cercherà di colmare per il resto della sua vita. A 16 anni si trasferisce con le sorelle a San Francisco, per vivere con una zia. Nonostante si iscriva all’Università della California, a Berkeley, su insistenza del padre, il percorso accademico di Norton si interrompe quasi subito. La Grande Depressione colpisce duramente l’attività di famiglia, ma Norton riesce comunque a trovare la propria strada.
Contro il volere del padre abbandona gli studi e, dopo aver saggiamente investito una piccola somma di denaro prima del crollo dei mercati, nel 1927 coglie l’opportunità di acquisire un impianto di imbottigliamento di succhi di frutta in via di fallimento. L’attività si trova a Fullerton, a sud-est di Los Angeles. Il suo trasferimento nel sud della California, all’età di 24 anni, per rilanciare questa azienda in difficoltà e trasformarla nella Val Vita Food Products Company, segna un momento cruciale. Norton ottiene grande successo già all’inizio della sua carriera. Tra il 1934 e il 1942 genera un profitto netto di oltre 9 milioni di dollari. Negli anni il suo patrimonio aumenterà esponenzialmente. Norton acquista e vende aziende, spesso realizzando grandi guadagni. All’apice della sua traiettoria fonde la Val Vita Food Products con Hunt’s Foods. Manterrà una partecipazione nell’azienda fino al pensionamento, nel 1969. Per il resto della sua vita, dopo aver lasciato un segno indelebile nel panorama imprenditoriale, si dedica al collezionismo d’arte e alla filantropia, con straordinaria dedizione.
La giornalista Suzanne Muchnic, che ha intervistato Norton Simon in tarda età e, con la benedizione della seconda moglie di Simon, l’attrice Jennie Jones Simon, ne ha scritto la biografia: Odd Man In: Norton Simon and the Pursuit of Culture). Secondo Muchnic Simon “aveva bisogno di una nuova sfida, dopo aver fatto fortuna ed essersi stancato di gestire un impero aziendale. L’acquisto di opere d’arte e lo studio di ogni loro aspetto, mercato incluso, gli ha fornito un motivo per acquisire un sapere del tutto nuovo. Collezionare arte dava a Simon anche la soddisfazione di usare le tattiche di un outsider per diventare insider, proprio come aveva fatto negli affari. Aveva sempre qualcosa da dimostrare; soprattutto il fatto che un ebreo non istruito e di modeste origini potesse raggiungere l’apice dell’influenza e del potere ovunque gli interessasse”. Entrato nel gioco del collezionismo d’arte in tarda età, Norton Simon, un anticonformista con un’energia sconfinata, sfrutta strategicamente la sua posizione alla “fine del mondo” per esercitare pressioni sui mercanti di New York, lavorando ben oltre l’orario d’ufficio, senza farsi troppi scrupoli quando pensa sia il momento di disturbare il conservatore di un museo riguardo alle condizioni di un dipinto che gli interessa, oppure strappare a notte fonda, in asta, un’offerta vincente.
Da un punto di vista culturale, e in contrasto con i secolari musei d’arte d’Europa e della stessa New York, negli anni Cinquanta Los Angeles è una città relativamente giovane. A parte la consolidata collezione di dipinti britannici dell’Huntington Library and Botanical Gardens, non esistono istituzioni dedicate esclusivamente alle arti visive. In un’improvvisa corsa alla creazione di un polo culturale e artistico a ovest di Chicago, industriali e titani dell’economia, tra cui William Randolph Hearst, Armand Hammer e J. Paul Getty, si contendono a colpi di finanziamenti eccezionali consigli d’amministrazione e posizioni politiche, per dare forma alle nascenti istituzioni culturali, spesso sperando di imprimere il proprio nome sui nuovi edifici. La faida inizia nel 1961, con la creazione del Los Angeles County Museum of Art, in gran parte dovuto a Norman Simon, che negli anni precedenti alla creazione del proprio museo, avrebbe dovuto prestare al LACMA una parte significativa della propria già importante collezione d’arte.
In un pomeriggio di dicembre insolitamente caldo, la polvere si solleva dai pneumatici della nostra auto mentre attraversiamo il ponte di Colorado Street, che attraversa la valle del fiume Arroyo Seco, verso l’enclave storicamente conservatrice di Pasadena. Arrivando al parcheggio alberato e ben curato, si respira un’aria patrizia e maestosa: un senso di prestigio duraturo pervade l’ingresso, costellato di sculture di Rodin, apparentemente in contrasto con la reputazione di Simon, che è per tutti un perenne outsider che sfida sistematicamente lo status quo. La facciata curvilinea e piastrellata dell’edificio moderno che oggi ospita le opere d’arte accumulate da Norton Simon e dalle sue varie fondazioni apparteneva un tempo al Pasadena Museum of Art. Nel 1969 Simon se ne appropria attraverso un’operazione di salvataggio, da lui finanziata, che gli garantisce la maggior parte della superficie del museo per esporre la propria collezione, nonché l’accesso alle oltre 400 opere d’arte alla collezione Galka Scheyer, donata al Pasadena Art Museum prima della fusione. Nel 1975, dopo una ristrutturazione dell’edificio (a spese di Simon), il museo diventa il Norton Simon Museum. La gestione continua e appassionata della collezione e del giardino di sculture consolida l’eredità di Norton Simon nella California meridionale, mentre il tempo smussa le asperità del passato. In effetti, le persone con cui parlo descrivono il museo come il fiore all’occhiello della città. La collezione comprende 12.000 oggetti d’arte, che abbracciano una storia di 2.500 anni; dall’arte antica e dagli oggetti dell’Asia meridionale e sudorientale, ai capolavori del Rinascimento, alla pittura e alla scultura impressionista, post-impressionista, fino al XX secolo.
Il primo amore di Simon è l’Impressionismo, che acquista negli anni Cinquanta, con Renoir, Degas e Gauguin. Nel corso della vita continua ad ampliare questa parte della collezione. “In una villa in riva al mare” di Berthe Morisot, del 1847, è un’opera particolarmente affascinante di una delle poche donne impressioniste a esporre le proprie opere al Salon. La pennellata vaporosa e abbozzata della figura seduta, in contrasto con i piani piatti del cielo grigio e con il placido paesaggio marino in lontananza, crea una tensione visiva dinamica in una scena altrimenti privata e familiare. Mentre i dettagli architettonici della ringhiera a destra dei personaggi sono letteralmente attraversati da atmosferici lampi di colore, caratteristici delle audaci rappresentazioni degli impressionisti della luce cromatica e delle sue mille proprietà.
Tra le opere rinascimentali di rilievo della collezione figura la “Madonna Branchini” di Giovanni di Paolo, una pala d’altare senese del 1427, acquisita nel 1978 dalla Norton Simon Foundation. L’opera occupa un posto d’onore nelle gallerie a lucernario dedicate all’arte dal XIV al XVI secolo. Si tratta di un’opera cardinale, in cui l’artista utilizza sottili velature di olio su foglia d’oro per creare le raffinate aureole geometriche della Madonna e del Cristo. In altre aree, come per il vestito rosso e giallo della Madonna, viene utilizzata la tecnica dello sgraffio, che consiste nello stratificare olio opaco su foglia d’oro e nel grattare via la vernice per rivelare gli strati sottostanti; così Giovanni di Paolo dipinge anche i fiori e il fogliame nella parte inferiore del dipinto, conferendo loro un aspetto riccamente strutturato. Le vesti della Madonna, dipinte con azzurrite e lapislazzuli, sono state recentemente restaurate e sono splendide da vedere. Incredibilmente, si tratta del primo dipinto su tavola attribuito all’artista, che si era formato nell’arte dei manoscritti miniati prima di essere incaricato della pala d’altare della chiesa di San Domenico.
Dopo il viaggio di nozze in India, compiuto nel 1971 con la seconda moglie, l’attenzione di Simon si sposta verso l’arte del Sud e del Sud-Est asiatico. Sotto il lucernario incastonato tra ampie pareti bianche dello scalone che conduce al piano inferiore del museo, si trova Nagaraja, una divinità serpente d’arenaria consumata dal tempo. È una delle opere più antiche in mostra, I secolo. La sua scala monumentale, accresciuta dai danni subiti, che sembrano liberare i suoi strati davanti ai nostri occhi, evidenzia le qualità rigenerative del cappuccio di serpente che scruta la testa della divinità.
Negli anni Cinquanta, quando inizia collezionare opere d’arte, Simaon si trova nel posto giusto al momento giusto, ossia la California del boom economico americano. La sua attività incide in modo significativo sul panorama culturale dell’area. Il suo ruolo centrale nella fondazione del Los Angeles County Museum of Art, l’acquisizione del Pasadena Art Museum (che ha portato indirettamente alla creazione del Museum of Contemporary Art) e la sua duratura collaborazione con il J. Paul Getty Trust plasmano la crescita e lo sviluppo dei musei d’arte losangelini. Se si considera l’impareggiabile collezione di Simon nel contesto istituzionale si può affermare che Simon non ha eguali. Questa posizione singolare era proprio ciò che Simon cerca: salire all’apice dell’influenza e del potere, ovunque gli interessi andare.
Daniel Graham Loxton (nato nel 1987 a Montclair, New Jersey, USA; vive e lavora a Cold Spring, New York) insegna pittura e disegno alla State University of New York di New Paltz. Tra le mostre personali e bipersonali recenti si ricordano: Daniel Graham Loxton: Living Room | Roy McMakin: Dining Room & Bedroom presso CASTLE, Los Angeles, CA (2023); Shallow History presso Louis Reed, New York, NY (2022); The Patron Saint of Turning presso Claas Reiss, Londra, Regno Unito (2021); Pillow for Dürer presso Jir Sandel, Copenaghen, DK (2021), che include un libro di disegni dell’artista e un testo del gallerista e curatore Chris Sharp. Tra le mostre collettive più recenti: Renaissanstrasse presso Envy6011, Wellington, NZ (2023); Seeds, Voids, and Tailored Cloth, CFAlive with Claas Reiss, Conceptual Fine Arts, Milano, Italia (2022); A Minor Constellation, Chris Sharp Gallery, Los Angeles, CA (2022).
January 18, 2024