Laura De Jonckheere, un’intervista
Abbiamo incontrato Laura De Jonckheere, gallerista di seconda generazione, per portare l’antico nella prossima generazione
La stagione delle fiere antiquarie è alle porte. Si parte con la nuova edizione di Brafa, a Bruxelles, che apre al pubblico domenica 28 gennaio (anteprima il giorno precedente, solo su invito). Poi viene TEFAF, a Maastricht, dal 9 marzo e, dopo l’estate, la Biennale di Antiquariato di Firenze (dal 28 settembre). Ne abbiamo parlato con Laura De Jonckheere, figlia di Georges De Jonckheere, fondatore della galleria che porta il nome di famiglia e che certamente sarà protagonista dei mesi a venire, con alcune opere straordinarie, come vedremo. Laura De Jonckheere ci dice dello stato attuale del mercato antiquario, della storia della galleria, del suo personale approccio al collezionismo e al commercio di opere d’arte, e dell’importanza di comunicare a una nicchia, quella degli appassionati di antichità, in modo contemporaneo.
Cominciamo con un po’ di storia?
Si tratta di un’attività familiare, iniziata più di 40 anni fa. Mio padre Georges ha aperto la sua prima galleria a Bruxelles nel 1976, in Boulevard de Waterloo, specializzandosi nella pittura fiamminga che va dal XV al XVII secolo; e questa è ancora oggi la nostra competenza principale. In un secondo momento anche François, fratello di mio padre, è entrato a far parte della galleria. Il nuovo assetto ha coinciso con l’apertura della sede di Parigi, sul Quai Voltaire, primo passo verso l’internazionalizzazione dell’attività. Era l’epoca d’oro dei commercianti parigini. Da parte mia, ho deciso di entrare a far parte della galleria una decina di anni fa. Oggi abbiamo sede a Ginevra e partecipiamo a molte più fiere d’arte di quanto non si facesse prima, cercando ogni volta di proporre stand curatoriali. Ci rivolgiamo a una nicchia, trattiamo le opere di pochi artisti. Occasionalmente, e con grande attenzione, esponiamo anche arte moderna.
Di che natura è la sua formazione?
Mi sono laureata in gestione aziendale e ho frequentato un master da Sotheby’s, a Londra. Dopo tre anni di economia è stato davvero emozionante essere finalmente a contatto con le opere d’arte. L’esperienza presso la casa d’aste, in cui sono entrata dopo gli studi, è stata fantastica. Ho conosciuto persone e imparato moltissimo, dal modo in cui gestire il mio tempo a tutte le competenze che un buono specialista deve avere. È stato un laboratorio professionale, tra l’esperienza delle opere e le caratteristiche del loro mercato. A chiunque volesse lavorare nel mercato dell’arte suggerirei di fare un’esperienza di questo tipo.
Come suo padre ha iniziato a occuparsi d’arte e ha scelto il settore a cui dedicarsi?
Papà ha iniziato a educare l’occhio per i dipinti antichi sin da giovanissimo. I suoi genitori non erano grandi collezionisti, ma si circondavano di opere d’arte. Crescendo a Bruxelles, ha avuto accesso a importanti collezioni di maestri fiamminghi, come quella dei Musei Reali. Allo stesso tempo ha sviluppato anche un forte interesse per il commercio. Ha sempre desiderato essere indipendente, e ha voluto avviare molto presto un’attività in proprio, mettendo a frutto la sua passione e raggiungendo grazie ad essa la propria autonomia, anche dal punto di vista finanziario.
Qual è, da quando è entrata in galleria, la vendita che l’ha resa più felice?
Risale al 2020, quando siamo riusciti a ricongiungere due dipinti che erano rimasti separati per 125 anni. Dopo studi e una serie di attribuzioni, abbiamo scoperto che un ritratto di Jakob Omphalius di Bartholomeus Bruyn risalente al XVI secolo era stato concepito insieme a un ritratto della moglie di Omphalius, che lo stesso Bruyn aveva dipinto. Quest’ultimo si trovava già nella collezione del museo Mauritshuis dell’Aia. Siamo entrati in contatto con l’istituzione, che in occasione di TEFAF ha deciso di acquistare l’opera. La coppia è ora di nuovo insieme, esposta nella sale del museo. Storie come questa possono accadere solo nel mondo dei cosiddetti old masters.
Colleziona in prima persona?
È difficile avere una collezione quando si è commercianti ed è rischioso affezionarsi ai dipinti che si vogliono commercializzare. Un vantaggio di questo lavoro è sicuramente quello di essere sempre circondata da oggetti straordinari, che tuttavia non potrò mai permettermi. Detto questo, quando ho arredato la casa che attualmente abito, ho iniziato con i mobili, acquistando alcuni pezzi da mia sorella, che gestisce una galleria di design – per esempio, un totem di Ettore Sottsass. Con mio marito ho anche acquistato opere d’arte, come un bellissimo schizzo su carta di Magritte, ma anche un dipinto antico che raffigura Cristo sofferente con una corona di spine insanguinata; si tratta di un’immagine molto grafica che amo e che, oltretutto, ben si sposa con gli interni di casa. Abbiamo anche un ritratto a grandezza naturale che JR ha fatto a mio marito. Mi piace comprare con il cuore, e poi mescolare le carte; vorrei che la mia fosse una collezione in divenire.
Si interessa anche di arte contemporanea?
Certo, mi interessa anche l’arte contemporanea. Cerco di tenermi aggiornata, visitando il più possibile musei e gallerie. L’arte contemporanea è fatta nel e per il nostro tempo, quindi può essere guardata da una prospettiva sociologica. Allo stesso tempo, mi interessa soprattutto il fatto che molti artisti ultra contemporanei stiano tornando alle tecniche tradizionali; alcuni di loro si ispirano anche ai maestri del passato. Per quanto riguarda il mercato, trovo difficile giustificare i prezzi elevati di certe opere, soprattutto se paragonati alla pittura antica di alta qualità. Ciò detto, non credo che la nostra galleria si occuperà mai di arte contemporanea; i dipinti antichi richiedono una grande specializzazione, non saremmo in grado di mantenere i ritmi frenetici del presente. Occuparsi correttamente di uno di questi due settori è in sé un lavoro a tempo pieno.
Cosa ci può dire del mercato antiquario contemporaneo?
Credo che ultimamente il mercato degli old masters sia per lo più visto come un rifugio. I fatturati sono inferiori a quelli del contemporaneo, ma è un mercato molto più stabile e costante. Per chi guarda all’arte come una modo per mettere al sicuro il proprio capitale, gli old master offrono un investimento più sicuro rispetto al contemporaneo. Allo stesso tempo, la domanda è diventata molto più selettiva rispetto a quando ho iniziato, ormai dieci anni fa, come dicevo poc’anzi. Oggi i collezionisti vogliono solo la qualità migliore. Le opere intermedie, come quelle che non hanno una chiara attribuzione per esempio, se un tempo erano più liquide oggi sono molto difficili da vendere. La provenienza dell’opera è più che mai importante. Ma per le opere che soddisfano tutti i requisiti, la domanda è ancora più alta che in passato. Vediamo anche clienti, soprattutto giovani, provenire dall’arte contemporanea, magari delusi dallo scoppio di una bolla, o semplicemente perché intendono diversificare la loro collezione. Spesso questi collezionisti si avvicinano al mercato antiquario nello stesso modo in cui si sono avvicinati a quello contemporaneo; perciò, da un lato abbiamo dovuto adattarci, dall’altro abbiamo dovuto educarli al nuovo territorio che stavano scoprendo.
Chi gode di mglior salute oggi? Le case d’asta, le fiere o le gallerie?
L’equilibrio di potere tra questi tre attori è cambiato moltissimo. In principio le case d’asta erano solo attività business to business e le gallerie vendevano al cliente finale. Ciò che le gallerie non riuscivano a vendere lo rivendevano alle case d’asta. Esisteva un circolo di fiducia. Ora è tutto è più trasparente, la case d’asta legittimano gli inventari delle gallerie. Allo stesso tempo, la nuova situazione ha reso la nostra vita più difficile, poiché le opere inedite sono più difficili da reperire. A meno che non si tratti di un’opera davvero speciale, non è possibile acquistare oggi da una casa d’asta per poi esporre la stessa opera nella propria galleria. Per via delle loro dimensioni, le case d’asta hanno messo fuori mercato molte delle gallerie più piccole; la concorrenza con loro è troppo agguerrita. Per quanto riguarda le fiere, oggi è qui che avviene la maggior parte degli affari, anche se lo spazio espositivo continua a essere necessario, per esporre le opere e soprattutto incontrare i clienti. Ma dal punto di vista commerciale, le fiere sono inevitabili, soprattutto per raggiungere nuovi clienti. Al momento il futuro delle gallerie è senz’altro nelle fiere d’arte.
Alla luce dell’ingresso nel mondo antico di un pubblico più giovane, come cambia il vostro approccio ai social media e alla presenza online della galleria?
Quando sono entrata in galleria il motto era di essere discreti; i clienti dovevano venire da te, non eri tu ad andare da loro. I tempi sono cambiati. Oggi se non contatti qualcuno non puoi aspettarti di essere contattato. Oltretutto, le galleria hanno anche la responsabilità di promuovere il settore degli antichi maestri, proprio come stanno facendo i musei.
Può dirci cosa esporrete quest’anno alla Brafa e cosa presenterete a TEFAF?
Il nostro approccio alla Brafa è stato quello di mescolare antico e moderno. Per esempio, avremo un fantastico dipinto di Paul Delvaux intitolato “L’Orage”, alcune opere di Magritte, anch’esse risalenti agli inizi della sua carriera, quando l’artista lavorava nella pubblicità. Quest’anno ricorre il centenario del Surrealismo e la Fondazione Paul Delvaux è l’ospite d’onore di Brafa. Avremo anche un’opera di Cy Twombly ispirata a Lucio Fontana, che risale all’incontro tra i due artisti avvenuto nel 1959. Allo stesso tempo, presenteremo sette tondi di Breughel; sarà una parete vivace, con tropi come le stagioni e i motti. Per quanto riguarda il TEFAF, è qui che ogni anno si concentrano i nostri maggiori sforzi. Riserviamo alla fiera i pezzi più esclusivi. Quest’anno porteremo un importante dipinto Brueghel il giovane, “Il trasporto della croce”. Si tratta di un’opera inedita, firmata, e di adamantina provenienza.
Cosa succede a Ginevra? E in futuro?
Attualmente abbiamo una mostra sulla moda del passato. Per quanto sia difficile parlare di moda nello stesso modo in cui lo facciamo oggi, presentiamo una selezione di dipinti in cui i dettagli e la simbologia dei tessuti e degli abiti sono importanti, proprio come nella moda contemporanea. Passato l’intenso momento delle fiere, riapriremo a maggio con una mostra in collaborazione con il nostro collega parigino Xavier Eeckhout, specializzato in sculture animali. L’idea è quella di abbinare una sculture e dipinti di tema comune. Sarà divertente occuparsene.
February 22, 2024