Conor O’Shea, fondatore di Sydney Sydney: un’intervista
Conor O’Shea ha aperto SydneySydney nel 2016, utilizzando la propria casa-studio per organizzare mostre e promuovere l’influenza reciproca.
Abbiamo incontrato Conor O’Shea, artista, ma anche fondatore e direttore di SydneySydney, galleria e project space aperto a Sydney nel 2016. Operando a livello locale, con sguardo storico e prospettiva internazionale, SydneySydney ha un programma espositivo che parte dalla visione di un artista, che si inserisce nel quadro di una galleria commerciale ibrida. Con Conor O’Shea abbiamo parlato dei suoi inizi, dell’importanza di permettere ai progetti di andare oltre le strategie puramente commerciali e di sostenere collaborazioni con artisti, colleghi e professionisti dell’arte. Il costante impegno di Conor O’Shea nella scena locale e le relazioni con le gallerie all’estero che lavorano con un medesimo approccio gli hanno permesso di sperimentare liberamente, utilizzando il salotto del suo appartamento come spazio espositivo, per organizzare mostre, innescando scambi, influenze e reciprocità.
Come ti sei traferito in Australia e quale motivo ti ha spinto a farlo?
Sono nato a Stoccarda, da madre australiana e padre irlandese. Entrambi lavoravano in Germania. Ci siamo trasferiti a Sydney nel 1994, in cerca di un clima più mite, e per essere più vicini alla famiglia di mia madre. Eppure ancora mi chiedo come sarebbe stato crescere in Germania.
Come ti sei avvicinato all’arte?
Sono stato fortunato. Mia madre mi portava al museo StadtPalais che ero ancora piccolo, facendomi scoprire certi lavori di Max Ernst e Joseph Beuys. Lei è una psicologa ed è molto affascinata dal pensiero di Rudolf Steiner, che ha conosciuto grazie a mia nonna, libraia alla Società Teosofica di Sydney. Il mio cammino verso l’arte è perciò stato il più naturale che si possa immaginare. Mio padre è un ingegnere. Ricordo che da bambino amavo i suoi disegni tecnici, che lasciava in giro per casa. Per mee rano opere d’arte più che istruzioni per costruire un edificio. Continuo a godermi le nostre conversazioni sui suoi progetti e mi diverto a trovare somiglianze tra i nostri lavori. Durante il liceo ho fatto il volontariato presso una piccola galleria comunitaria. Mi sono sentito molto affine alla loro organizzazione e ho intuito che, un giorno, avrei aperto una galleria tutta mia. Poi ho frequentato la scuola d’arte, iniziando a mostrare i miei lavori, e mi sono trasferito a Berlino, dove ho lavorato con Simon Denny, vivendo un’esperienza incredibile. Ho iniziato ad organizzare mostre in Germania e a Vienna con alcuni studenti dell’Accademia, e poi ho deciso di aprire SydneySydney quando sono tornato in Australia, nel 2016.
In un nostro recente scambio di e-mail hai affermato che la galleria è un’estensione del lavoro creativo. Sono curiosa di sapere in che modo questa visione influenza la programmazione delle mostre.
Mi interessano gli artisti interessati a esporre. La galleria è un luogo dove posso sentirmi libero di imparare e collaborare con loro. Ho avuto la fortuna di lavorare con gli artisti che preferivo e gallerie da ogni parte del mondo; il che mi ha aiutato a sviluppare non solo la galleria ma, soprattutto, il mio lavoro come artista. Le due attività coesistono. Sento che sono connesse e godono della stessa energia. Ora il mio obiettivo è incrementare il programma della galleria e trasformarla in una galleria commerciale ibrida, ossia una galleria improntata al punto di vista di un artista.
Con SydneySydney ti sei spostato in diversi quartieri della città, tra cui Surry Hills, Paddington e il CBD (Central Business District). Attualmente la sede è a Potts Point. Cosa ti ha spinto a cambiare ogni volta?
Ho sempre cercato spazi che soddisfacessero le mie esigenze. Il più delle volte vivevo nelle gallerie, quindi avevo bisogno di due stanze separate. Ho cambiato location perché volevo interagire con diverse zone della città e coinvolgere nuovo pubblico e nuovi collezionisti. A Potts Point credo di aver trovato finalmente la mia dimensione.
Come selezioni gli artisti che inviti e in che modo il programma della galleria si relaziona alla scena artistica di Sydney e, più in generale, all’Australia?
Quando seleziono gli artisti, cerco i punti di convergenza con la storia dell’arte sia australiana che internazionale. Viaggio il più possibile, visitando studi e mostre. Sono anche molto interessato agli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, un periodo in cui le sperimentazioni materiali erano molto insolite in Australia. Questo è il periodo storico da cui parto quando seleziono gli artisti e organizzo le mostre.
Alla fine del 2023 ho lavorato a una mostra collettiva alla Sarah Cottier Gallery, stimata galleria commerciale di Sydney. Il progetto era ispirato alle stanze tematiche al Centre Pompidou a Parigi. Includeva lavori storici di Godfrey Miller, Norma Redpath e Robert Klippel, oltre a lavori contemporanei di Hilaire Mais, Stephen Bram, Lewis Fidock, Joshua Petherick, Rose Nolan, Anne Graham, and Ross Mellick. Il mio scopo per la mostra era quello di fornire un’ampia panoramica della storia dell’arte australiana (l’artista più anziano era nato nel 1894), prendendo spunto dalle stanze tematiche del Centre Pompidou. Ero interessato a scoprire come lo spazio si sarebbe modificato quando molti lavori in contrasto tra loro si fossero trovati insieme. Trovo liberatorio veder coesistere le opere d’arte e stabilire un possibile dialogo attraverso il tempo, trovando somiglianze con quanto si sta creando oggi.
Di recente SydneySydney ha ospitato la mostra di Julia Fish, da Chicago. Sento che queste due mostre, insieme, racchiudano i miei obiettivi per il programma della galleria, lavorando a livello locale, storico e internazionale.
Il soggiorno di 35 metri quadrati della tua casa-studio funge anche da spazio espositivo. Quali sono i vantaggi, e gli svantaggi, di questa scelta?
Il mio appartamento è stato progettato da Aaron M. Bolot nel 1952, ed è il primo edificio curvilineo costruito in Australia. Ha carattere essenzialmente europeo, con parquet e stanze enormi. Dopo aver visitato gallerie come quelle di David Nolan o di Isabella Bertolozzi, ho deciso di spostare la mia galleria in una struttura simile, con un ambiente intimo e unico. Cercavo un contesto in cui gli artisti si ritrovassero, e i visitatori potessero rilassarsi contemplando un’opera d’arte. Poi, avere tutto il necessario in un solo posto permette anche di contenere i costi.
Gli unici aspetti negativi sono l’ingresso dei visitatori e le pareti di mattoni, che sono molto meno versatili di quelle di gesso. Sono molto fortunato, perché gli abitanti del palazzo amano e supportano la galleria, e i vicini partecipano alle inaugurazioni.
L’energia collaborativa, lo scambio di idee tra artisti e un approccio DYI sono parti essenziali del tuo credo. Quale è l’aspetto più sorprendente dell’essere un gallerista e lavorare con gli artisti nel modo in cui lo fai tu?
Sono affascinato dalla ricchezza delle storie degli artisti che organizzano mostre. Una piccola selezione dei loro luoghi include 84 west Broadway, Orchard, 15 Orient, Reena Spaulings, Galerie Meerrettich, e Feature Inc. Inoltre, sono influenzato dai lavori di William Wright e Hilaire Mais, che ho conosciuto da giovane a Sydney – entrambi artisti che espongono anche altri artisti. Come artista, sono rappresentato da Mais Wright, appunto gestita dall’artista Hilaire Mais. Io stesso espongo i lavori di Mais da SydneySydney; Mais è un amico con cui lavoro da anni, di recente anche in collaborazione con Tara Downs. [Qui il link alla nostra intervista con la gallrista newyorchese, Ndr].
La parte più gratificante di lavorare con gli artisti è costruire una mostra insieme, dall’inizio alla fine, e istituire una comunità globale con cui condividere le idee. Michael Callies, fondatore di dépendence a Bruxelles, ha detto in un’intervista ad Art Basel: “Quando sei un artista, vedi anche le tue gallerie come qualcosa di artistico”. Ciò si addice molto a me e a come cerco di gestire la mia galleria; è così perché io stesso creo delle opere d’arte; le mostre sono una collaborazione e non soltanto un’offerta commerciale.
Parliamo della prima mostra di SydneySydney. Sono curiosa di sapere come ti ha accolto l’ambiente artistico della città.
Mi sono sentito subito ben voluto. Il mio primo progetto è stato ospitato da Redleaf, una piscina molto famosa a Sydney. Gli artisti inclusi nella mostra erano Martyn Reynolds, Hany Armanious, Quintessa Matranga, Sofia Leiby, Travess Smalley, Sydney Shen, Adriana Ramić, Hilarie Mais e Viktor Timofeev. A quel tempo ero ossessionato dalle mostre all’esterno e poi, quando ho aperto uno spazio fisico a Surry Hills, ho organizzato una mostra di Martyn Reynolds.
Quali sono gli spazi di progetto o le gallerie che stimi maggiormente? Ce ne sono alcuni che influenzano la tua attività?
I luoghi che hanno ispirato programma e il business della mia galleria sono, tra gli altri, The Artist Institute, New York, The Secession, Vienna, 84 West Broadway, Tribeca, David Nolan Gallery, New York, Pat Hearn Gallery, New York, 15 Orient, New York, Feature Inc., New York, Orchard, New York, Buchholz, Köln/Berlin, Leo Castelli, New York, American Fine Arts, Co., New York, Portikus, Frankfurt, Misako & Rosen, Tokyo, Isabella Bortolozzi, Berlin, Reena Spaulings, Los Angeles, China Art Objects, Los Angeles, Cabinet, London, Max Mayer, Düsseldorf, Miguel Abreu, New York, dépendence, Brussels, The Oracle, Antwerp. Nella parte del mondo dove vivo: Asbestos, Melbourne, Punk Cafée, Melbourne, Minerva, Sydney, Michael Lett, Auckland, Coastal Signs, Auckland, Sue Crockford, Auckland, Mais Wright, Sydney, Fine Arts Sydney. La mia galleria è a carattere commerciale sin dal 2019. Quest’anno ho anche iniziato a fare consulenze e occuparmi di lavori storici, australiani e internazionali.
Quale è la tua posizione rispetto alle gallerie commerciali e cosa ne pensi delle fiere d’arte oggi?
In futuro, mi piacerebbe condividere uno spazio commerciale permanente con una galleria con cui mi sento affine, come avviene per Gaga & Reena Spaulings a Los Angeles, o è accaduto con LA MAISON DE RENDEZ-VOUS a Bruxelles. Penso che sia un buon modello da adottare.
Da quando ho iniziato l’esperienza di SydneySydney, sono stato molto fortunato nel collaborare con gallerie che stimo a livello collaborativo. Nel 2022, ho partecipato alla June Art Fair ed è stata un’esperienza straordinaria lavorare con Misako & Rosen e Christian Andersen. Sono molto ottimista e propenso a future collaborazioni tra gallerie, e gallerie che lavorino insieme per organizzare la propria fiera. L’anno prossimo parteciperò a una fiera d’arte gestita da artisti chiamata May in Auckland, ideata da Sarah Hopkinson di Coastal Signs, Andrew Thomas e Michael Lett.
October 21, 2024