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Simone Peterzano maestro di Caravaggio

Antonio Carnevale

Simone Peterzano è stato allievo di Tiziano e ha insegnato l’arte a Michelangelo Merisi. La sua pittura ha dovuto fare i conti con la Chiesa. Un viaggio tra le sue opere pubbliche.

Anche per gli specialisti di storia dell’arte, quello di Simone Peterzano (Venezia 1535 circa – Milano 1599) è stato per molto tempo poco più di un nome. Nessuno si interessava a questo pittore tardomanierista che in più di un’opera si era firmato allievo di Tiziano. Anzi, quasi nessuno credeva a quell’apprendistato. Si pensava per lo più a una millanteria, l’ostentazione di un curriculum esclusivo per far colpo sui committenti. Poi, l’attenzione a Peterzano esplose improvvisamente. Fu nel 1927, quando un giovane storico dell’arte tedesco, Nikolaus Pevsner, scoprì un contratto del 1584 nel quale Peterzano si impegnava a tenere in casa e in bottega un apprendista 13enne, garantendogli vitto e alloggio per quattro anni, e assicurandogli che alla fine dell’apprendistato sarebbe stato in grado di esercitare in maniera autonoma la professione di pittore. Era lo stesso ragazzino a firmare il contratto, il suo nome: Michelangelo Merisi.

Simone Peterzano, “Adoration of the shepherds”, fresco, Milan, Certosa di Garegnano
Simone Peterzano, “Adoration of the shepherds”, fresco, Milan, Certosa di Garegnano (Santa Maria Assunta in Certosa), presbytery @ Archivio Storico Parrocchia S. Maria Assunta in Certosa – Daniele Bonelli – Maddalena Colli

La scoperta è deflagrante. Il mondo dell’arte scopre che Peterzano, snobbato da quasi tre secoli, era stato il maestro di uno dei pittori più rivoluzionari tra 500 e 600: Caravaggio. L’artista sconosciuto diventa così il centro dell’interesse di molti studiosi; e comincia da quel momento la sua fortuna critica.

Gli studi hanno condotto recentemente a nuove scoperte, ben rappresentate dalla prima mostra in Italia su Peterzano, promossa dall’Accademia Carrara di Bergamo: Tiziano e Caravaggio in Peterzano (nelle sale della Gamec fino al 17 Maggio 2020, a cura di Simone Facchinetti, Francesco Frangi, Paolo Plebani e Maria Cristina Rodeschini). Tra le novità proposte dalla mostra, argomenti a sostegno dell’origine veneziana del pittore (mentre alcune biografie ancora oggi riportano Bergamo come plausibile luogo di nascita) e ulteriori spunti a favore della veridicità del suo apprendistato nell’orbita di Tiziano.

Simone Peterzano, “Adoration of the shepherds” (detail)
Simone Peterzano, “Adoration of the shepherds” (detail), fresco, Milan, Certosa di Garegnano (Santa Maria Assunta in Certosa), presbytery @ Archivio Storico Parrocchia S. Maria Assunta in Certosa – Daniele Bonelli – Maddalena Colli

Oggi molte sue opere sono in importanti collezioni pubbliche e private. Tra queste, la collezione Maurizio Calvesi di Roma; la Galleria di Palazzo Pitti e la collezione Olivetti Rason a Firenze; il Musée Jeanne d’Aboville a La Fére e la Galerie Canesso a Parigi; lo Staatliches Museum a Schwerin; lo Statens Museum for Kunst a Copenaghen; la Pinacoteca di Brera e il Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco a Milano. Ma sono diverse anche le opere che Simone Peterzano ha realizzato in luoghi pubblici e che ancora oggi si possono vedere in un eccellente stato di conservazione. Eccole in un percorso milanese, con qualche deviazione a Monza, Pavia e Como.

Da Venezia a Milano

La presenza di Simone Peterzano a Milano è testimoniata dal 1572. L’anno successivo l’artista dipinge due grandi tele per la Chiesa dei Santi Paolo e Barnaba. In questi dipinti, il cromatismo brillante denuncia bene la formazione veneziana, ma più che echi tizianeschi la critica ha scorto in queste due opere i ricordi di altri due grandi pittori veneti: Tintoretto e soprattutto Paolo Veronese.

Simone Peterzano, “Nativity”
Simone Peterzano, “Nativity”, fresco, Milan, Certosa di Garegnano (Santa Maria Assunta in Certosa), presbytery, @ Archivio Storico Parrocchia S. Maria Assunta in Certosa – Daniele Bonelli – Maddalena Colli

Nella terra del naturalismo, Peterzano porta le sofisticate suggestioni del colorismo veneto. La scuola lombarda ha appena cominciato a influenzare il suo stile. Ma il pittore in questa data si è già lasciato la Laguna alle spalle, almeno per quanto riguarda la decisione di stabilirsi in Lombardia. A Milano prende casa a Porta Orientale, dove è documentato dal 1575, nei pressi di San Babila. E lo spostamento da Venezia a Milano coincide anche con l’inizio di una serie di importanti commissioni in luoghi sacri della città che lo terrà occupato per tutta la carriera.

La certosa di Garegnano

Nel 1578 Peterzano lavora al grande cantiere decorativo della Certosa milanese di Garegnano (Santa Maria Assunta in Certosa, in via Garegnano 28, a Milano). Qui, affresca il presbiterio, il coro, l’abside e la cupola, per un’impresa pittorica che diventerà la sua opera pubblica più significativa, quella che oggi è considerata uno dei vertici della sua arte.

Nel catino absidale dipinge la bellissima Crocifissione, in una composizione tripartita dove la Vergine e San Giovanni sono figure isolate da elementi architettonici mentre la Maddalena è ai piedi della croce. Destinate all’area dell’abside, appena sotto gli affreschi, completano le tappe simboliche del Nuovo Testamento le tele di Peterzano con la Resurrezione di Cristo, la Vergine in trono con i santi Bruno, Giovanni Battista, Gerolamo e Ambrogio e l’Ascensione di Gesù al Cielo.

Otto angeli con i simboli della Passione sono invece affrescati sulla cupola. Anche qui – come nella Crocifissione – la composizione si modula sulla ripartizione architettonica. Ogni figura ha un proprio spazio, separata dalle altre grazie agli stucchi dorati che scandiscono la struttura ottagonale, mentre la figura barbuta del Padre Eterno domina al centro dell’emisfera.

Nelle torsioni dei corpi che infondono movimento alle figure di queste opere, nella energica plasticità e nel forte chiaroscuro, c’è una sorta di michelangiolismo che torna anche nei restanti interventi con i Profeti e le Sibille del tiburio e negli Evangelisti dipinti sulle arcate laterali: soggetti maestosi, questi ultimi, stagliati su di un caldissimo fondo blu-azzurro, e realizzati con una forza e un calore che non si riscontreranno nelle successive opere milanesi di Peterzano.

I lavori nella Certosa si protrarranno fino al 1582. E daranno luogo a un ciclo in perfetto equilibrio tra il cromatismo acceso dell’educazione veneta e una solennità manieristica senza eccessi, in una sintesi capace di accogliere anche le necessità di decoro e di severità imposte dai precetti di San Carlo Borromeo.

Nel 1582, infatti, l’Italia è in piena Controriforma. Peterzano sa che deve tenere a bada gli slanci erotici e il languore profano delle sue Veneri giovanili per non correre il rischio della censura. Non si tratta soltanto di una precauzione dettata dallo spirito dei tempi. Il pittore ha un accordo scritto, firmato il 31 ottobre 1578, con Gabriele de Collis, monaco e procuratore dei certosini. Il contratto – tra le altre cose – impone non soltanto di evitare ogni accenno all’eros, ma anche di non mostrare alcun lembo di carne scoperto che possa indurre a distrazioni dalla fede. Ogni figura, secondo l’accordo, dovrà essere improntata a un estremo contegno, per ottenere un effetto globale di ineccepibile solennità.

Simone Peterzano, “Ascension of Jesus” (detail)
Simone Peterzano, “Ascension of Jesus” (detail), oil on canvas, Milan, Certosa di Garegnano (Santa Maria Assunta in Certosa), apse @ Archivio Storico Parrocchia S. Maria Assunta in Certosa – Daniele Bonelli – Maddalena Colli

Che tutte le figure humane et massime de santi e sante siano fatte con somma honestà et gravità et non ne apaiano petti ne altre membra o parti del corpo non honeste et ogni atto, giesto, garbo, movenza et drappi dei santi siano honestissimi, pudicissimi et pieni d’ogni divina gravità et maestà”.

La clausola, naturalmente, ricalcava i precetti delle Instructiones Fabricae et Supellectilis ecclesiasticae di Carlo Borromeo, cioè le celebri istruzioni per la decorazione dei luoghi sacri che l’arcivescovo di Milano aveva emanato l’anno precedente. Al termine dei lavori, un gruppo di periti si sarebbe espresso sugli eventuali “errori dell’arte”, mentre sarebbe toccato al Reverendo padre Priore segnalare “ogni errore connesso d’intorno alla divotione”.

Fortunatamente per Peterzano, il “pool di esperti” esaminatori (costituito dall’architetto Vincenzo Seregni e dai pittori Aurelio Luini e Giovanni Battista Ferrari) avrebbe poi decretato che quasi nulla in quelle pitture si dovesse correggere. Con grande abilità, Peterzano era riuscito nel capolavoro di mettere tutti d’accordo. Pur assecondando la propria inclinazione al movimento e alla sinuosità, egli aveva soddisfatto le rigide esigenze devozionali controriformistiche.

Ma la fortuna di questa impresa non sarà così semplice da raggiungere in altri luoghi sacri. Forse l’irrigidimento degli ispettori ecclesiastici o probabilmente un’inevitabile rassegnazione del pittore ad assecondare più in profondità lo spirito controriformistico, introdurranno mutamenti che caratterizzeranno il suo stile dopo gli anni 80 e fino alle ultime opere.

La chiesa dei Santi Paolo e Barnaba

Siamo nei primi anni milanesi (1573) quando Simone Peterzano lavora per la Chiesa dei Santi Paolo e Barnaba (Via della Commenda 1, Milano), una delle sue più impegnative commissioni in città. Qui realizza due grandi tele a olio (350 x 415 cm) con La Vocazione dei Santi Paolo e Barnaba e I Santi Paolo e Barnaba a Listra. La pittura di Peterzano, in queste opere, denuncia tutta la sua diversità dalla scuola della pittura lombarda. Ma il suo stile non può certo essere liquidato con un semplice riferimento alla scuola veneta. Come ha scritto Simone Facchinetti, “Nella Vocazione dei Santi Paolo e Barnaba c’è una figura in primo piano, vista di spalle che mostra una calvizie incipiente. Isolata dal resto sembra di vedere un brano caravaggesco, ante litteram. È un esempio della straordinaria tensione verso il dato naturale che animerà Peterzano, almeno fino al cantiere della Certosa di Garegnano”.

Simone Peterzano, “Vocation of saints Paul and Barnaba”
Simone Peterzano, “Saints Paul and Barnabas in Listra”, 1573-74, oli on canvas, Milan, chiesa dei Santi Paolo e Barnaba

Ma a differenza delle opere per la Certosa di Garegnano, che avevano soddisfatto gli esigenti ispettori di Carlo Borromeo, queste tele devono fare i conti con la censura. A sette anni dalla loro realizzazione e collocazione all’interno della chiesa, nel 1580, finiscono nel mirino delle autorità ecclesiastiche, che ordinano di correggere tutti gli aspetti “indecorosi e sconvenienti”. Peterzano viene dunque richiamato al lavoro affinché entro un mese copra le “indecenti nudità” e ridipinga i ritratti delle persone ancora in vita al fine di renderli irriconoscibili.

“siano coperte le indecenti nudità di quelle immagini che sono sopra li quadroni in chiesa; raconciando ancora le imagini de viventi in tal modo che non rappresentino più quelli”.

Così, per esempio, ne Il miracolo dei Santi Paolo e Barnaba a Listra, alla figura femminile chinata in avanti con una fascina di legna viene aggiunto uno sbuffo di panneggio che possa coprire la “scabrosa” la nudità della spalla. Al personaggio, certamente un ritratto di un gentiluomo contemporaneo, che compare alle spalle del Sacerdote di Zeus viene aggiunto un incongruo turbante al fine di renderlo irriconoscibile. Anche le altre figure vengono ritoccate da Peterzano, tranne una: l’uomo ancora piuttosto giovane che compare vestito secondo la moda del tempo, con un cappello e una veste nera, con una vistosa gorgiera di lattuga bianca e con gli occhi puntati dritti verso quelli di chi guarda il quadro. È del tutto probabile che si tratti del volto di Peterzano, e che il pittore – in uno scatto di orgoglio e ribellione – si sia rifiutato di censurare almeno il proprio autoritratto.

Simone Peterzano, “Saints Paul and Barnabas in Listra”
Simone Peterzano, “Saints Paul and Barnabas in Listra”, 1573-74, oli on canvas, Milan, chiesa dei Santi Paolo e Barnaba

Al di là di questi aspetti resta il fatto che le due grandi tele del 1573, come nota Francesco Frangi, “costituiscono forse il raggiungimento più spettacolare della pittura milanese del tempo. Il restauro da poco concluso ha mostrato una qualità esecutiva straordinaria, capace di contaminare il colorismo dei veneziani con gli studi dal vero dei fenomeni luministici, tipici della tradizione figurativa lombarda”.

La chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore

Di poco anteriori alla realizzazione dei due teleri per la chiesa dei Santi Paolo e Barnaba, sono gli affreschi in San Maurizio al Monastero Maggiore (Corso Magenta 15), che i documenti consentono di datare con precisione al 1572-1573: siamo dunque di fronte alla prima commissione pubblica di Peterzano a Milano. Qui il pittore esegue la decorazione della facciata interna con due scene e le rispettive lunette ai lati dell’ingresso. Si tratta di due affreschi raffiguranti il Ritorno del figliol prodigo e la Cacciata dei mercanti dal Tempio. Quest’ultimo, in particolare, ha un soggetto ideale per trarne una rappresentazione teatrale ed enfatica, che ancora una volta possa far emergere la sensibilità tardomanierista di Peterzano per il movimento. Lo si vede soprattutto nel gesto di Gesù che, forse per l’unica volta in tutto il Nuovo Testamento, reagisce con estrema energia entrando nel Tempio e trovandovi i mercanti. Come ha notato Simone Facchinetti:

Il pittore si è presentato all’appuntamento armato dei migliori propositi, realizzando una delle sue opere più memorabili. Nelle scene narrative c’è una retorica dei gesti chiara e magniloquente. Cristo che scaccia i mercanti dal Tempio, con la sua reazione violenta, scatena un movimento irrefrenabile di cose, animali e persone. C’è chi capitombola per terra, chi fugge con gli armenti e chi mette al sicuro i denari. Anche nel Ritorno del figliol prodigo i due attori principali sono il motore della storia, la animano col loro abbraccio enfatico e fanno partire un’ondata emotiva di reazioni a catena. Sono entrambi episodi di grande impatto scenografico dove tutto è in fibrillante movimento”.

La chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore è un meraviglioso cantiere decorativo che contiene opere notevoli di altri maestri di primo piano nella Milano dell’intero 500. Tra questi, i cicli a firma di Bernardino Luini e dei suoi figli collocati rispettivamente sulle pareti del tramezzo della navata e nelle cappelle laterali. Tutti gli affreschi, compresi quelli di Peterzano, sono stati oggetto di un recente restauro che ha riportato la chiesa tra le più suggestive tappe di un percorso nell’arte rinascimentale a manierista a Milano.

Altre opere tra Milano, Monza, Pavia e Como

Peterzano avrebbe realizzato diverse altre opere su tela per luoghi sacri milanesi, molte delle quali sono ancora nella sede della loro destinazione originaria. Tra le altre, quelle nella chiesa di Santa Maria della Passione a Milano (Via Vincenzo Bellini, 2) dove più evidenti, in termini stilistici, sono i contatti con le opere di Antonio Campi, in particolare nell’Assunzione della Vergine (del 1587) nella sesta cappella. Nella stessa chiesa sono ancora custodite la tela con Madonna col Bambino e Sante e quella con l’Annunciazione.

Simone Peterzano, “Assumption of the Virgin”
Simone Peterzano, “Assumption of the Virgin”, oil on canvas, about 1587, Milan, chiesa di Santa Maria della Passione

Più o meno allo stesso periodo sono databili gli interventi nella Chiesa di Sant’Angelo a Milano (Piazza Sant’ Angelo, 2): un ciclo di affreschi nell’ottava cappella a destra, con il Padre Eterno in gloria fra gli angeli nella volta e le scene alle pareti con il Miracolo della Mula e la Predicazione di Sant’Antonio. Nella stessa chiesa, ma oggi custodita nella sagrestia, è la tela della Sacra famiglia con le nozze mistiche di Santa Caterina (databile intorno al 1579).

Per l’ex chiesa di San Paolo Converso (in piazza Sant’Eufemia 1 a Milano, qui il link al nostro scritto sullo straordinario ciclo pittorico nell’edificio che oggi è sede della Fondazione Converso), Peterzano aveva dipinto una tela con La Pentecoste, oggi conservata nella vicina Basilica di Sant’Eufemia. Per la distrutta chiesa di Santa Maria della Scala aveva invece dipinto la Pietà (o deposizione dalla croce) oggi conservata in San Fedele (Piazza San Fedele 4 a Milano), un dipinto nel quale, come ha notato Maurizio Calvesi, vale la pena prestare attenzione al tema della luce:

Già carica a San Barnaba, [la luce] qui diviene violenta. Si allarga nella figura distaccata del Cristo, in modo uniforme, senza contrazioni, ma concorrendo con la sua qualità corrosiva a rendere struggente il modellato del corpo; sbatte invece improvvisa, con brusche interruzioni, sul volto dello stesso Cristo, sui volti e sulle vesti delle pie donne; incide come un solco acuto la spalla ricurva del Giuseppe d’Arimatea, ne dissolve il braccio sinistro in una macchia frizzante che sbava i margini scuri della chioma del Cristo; brucia, seguendo un andamento filiforme, l’ampia curva del manto della Maddalena. Il colore (questa volta marcatamente veronesiano), sontuoso e piacevole, d’innegabile maestria, è chiamato ad assolvere, a palese smentita di ogni autentica concentrazione drammatica, la sua abituale funzione decorativa.

Simone Peterzano, “Lamentation over the dead Christ”
Simone Peterzano, “Lamentation over the dead Christ”, oil on canvas, about 1585-1590, Milan, chiesa di San Fedele

Gli anni tardi della vita del pittore ci portano appena fuori Milano. A Pavia, nella Chiesa di Santa Maria di Canepanova (via Defendente Sacchi 15), è di Peterzano la pala d’altare della cappella di destra: una Natività con Sant’Antonio da Padova. A Monza, nella Chiesa del Carrobiolo (Piazza Carrobiolo) è conservata la pala con la Sacra Famiglia con san Giovannino, santa Elisabetta e i santi Pietro e Paolo, mentre un’altra pala conla Gloria di Ognissanti, in origine nella chiesa,è oggi nel vicino convento. A Como, un’opera di Peterzano è invece nella Chiesa di Sant’Agostino (Piazza Giovanni Amendola, 22): una pala con una Madonna col Bambino e santi.

Lo stile di Peterzano in queste opere risulta cambiato rispetto agli anni dell’esordio milanese. Nella Certosa di Garegnano (dove gli affreschi furono conclusi nel 1582), le figure apparivano ancora piene di tono, con la muscolatura in evidenza, modellata su un’anatomia vigorosa e robusta. Ma dopo gli anni 80 il suo stile muta. I colori diventano più freddi, la tavolozza si fa meno ricca, anche le forme cambiano progressivamente per divenire via via più semplici. Dalla metà degli anni 80, la modulazione dei corpi inizierà a perdere presenza e struttura fisica, e in alcuni casi sfiorerà uno stile addirittura evanescente. Peterzano, insomma, nella seconda parte del suo periodo milanese non sarà più il forestiero che portava in Lombardia gli echi di Tiziano: la Controriforma sarebbe penetrata nel suo pennello determinando significativamente l’approccio coloristico e formale.

Negli ultimi anni della sua carriera, Peterzano aveva realizzato anche una importante pala con Sant’Ambrogio tra i santi Gervasio e Protasio (1592) per l’altare di Sant’Ambrogio nel Duomo di Milano, opera che oggi è conservata nella Pinacoteca Ambrosiana. Infine, sappiamo che il 25 e 30 giugno 1596 ricevette i pagamenti per un’Annunciazione, un’opera che è stata a lungo identificata, in modo erroneo, con una tela coeva di analogo soggetto del pittore custodita nell’Oratorio di San Matteo della Banchetta a Milano. Purtroppo, essendo San Matteo della Banchetta una chiesa privata, non è accessibile al pubblico. E quel limite fisico, che ci fa fermare sul sagrato, segna anche il confine temporale dell’attuale conoscenza su Simone Peterzano: dopo la realizzazione di quell’opera, infatti, di lui si perde ogni traccia fino all’atto di morte del 1599. Esattamente l’anno in cui l’allievo Caravaggio, a Roma, riceveva la sua prima commissione pubblica: le spettacolari tele della cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi.

Bibliografia

  • La Certosa di Garegnano, di M. Colli, R. Gariboldi, A. Manzoni, editore Biblioteche Pubbliche Milano, 1989.
  • Aggiunte a Simone Peterzano, di C. Baroni, in L’Arte, n.IV; XLIII, 1940, pp.173-188.
  • Simone Peterzano. Maestro del Caravaggio, di M. Calvesi, in Bollettino d’Arte, s. 4, XXXIX (1954), pp. 114-133.
  • Simone Peterzano, di A. Morassi, in Bollettino dell’Arte, XXVIII (1934).
  • Peterzano. Allievo di Tiziano, maestro di Caravaggio (catalogo della mostra a Bergamo, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, 6 febbraio – 17 maggio 2020, a cura di S. Facchinetti, F. Frangi, P. Plebani, M. C. Rodeschini), Skira, Milano, 2020.
  • La pittura in Italia – Il Cinquecento, AA. VV., a cura di G. Briganti, Electa, Milano, 1988.
  • Gli affreschi della Certosa di Garegnano, a cura di M. Gregori, Amilcare Pizzi, Milano, 1973.

November 19, 2021