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A Tefaf 2018 ci sono ostriche invece che tulipani

Stefano Pirovano

Tefaf 2018. Il tempio del collezionismo evolve con intelligenza. La fiera diventa più leggera, più seducente, e ancora più esclusiva. Ma la chiave rimane la stessa: qualità assoluta.

L’edizione 2018 del Tefaf di Maastricht promette di superare anche le più rosee aspettative. A dirlo sono i galleristi stessi, mai positivi come quest’anno appena poche ore dopo l’apertura. Nessuno si sbilancia, siamo solo alle prime battute di un fiera che durerà fino a sabato 18 marzo; ma nella sezione dedicata ai dipinti antichi quasi tutti gli espositori con cui abbiamo parlato avevano venduto una o più, cosa tutt’altro che frequente quando si tratta di old masters. E hanno venduto a collezionisti privati, contrariamente a quanto accadeva negli scorsi anni, quando le prime acquisizioni erano di solito ad appannaggio delle istituzioni. Probabilmente queste entreranno davvero in campo solo domani, quando il secondo atto dell’inaugurazione andrà in scena. La prima novità sostanziale è in fatti che il board della fiera ha scelto di avere un opening con accessi più selezionati rispetto al passato, e quindi con meno visitatori generici è più collezionisti, art advisor e addetti ai lavori. La nostra prima impressione è che la scelta sia stata corretta, anche se in effetti le zone più periferiche dell’area espositiva a tratti potevano sembrare sin troppo tranquille.

Meno fiori, però sono tornate le ostriche. Tom Postma, designer della fiera, ha finalmente deciso di abbandonare le grandi fioriere che negli scorsi anni adornavano i corridoi. Lo spazio è più arioso, leggero, giovane. L’unica bellezza da vedere, così, è quella eterna delle opere d’arte, che al contrario dei fiori non appassiscono (questo potrebbe essere il messaggio sottinteso). Al posto dei tulipani sono ricomparsi i carrelli con le ostriche, che a MECC non si vedevano più da qualche anno. Anche questi sono dettagli che contano quando si tratta di creare l’atmosfera giusta e comunicare fiducia nel futuro.

Il lavoro degli 89 membri del vetting commitee è stato anche quest’anno ineccepibile. La qualità delle opere esposte al Tefaf si conferma altissima in ogni settore, dalla pittura, all’arte tribale, alle opere su carta, agli avori, ai libri rari o antichi, ai mobili, ai gioielli, agli strumenti musicali, agli orologi a pendolo. Allo stato attuale nessuna fiera al mondo più offrire qualcosa di simile. E se può capitare che qualche oggetto non passi l’esame, altre volte il vetting si rivela un’opportunità a favore dei galleristi stessi. Come è capitato nel caso della vergine con bambino e santi di Liberale da Verona, esposta da Altomani&Sons, di cui proprio grazie al vetting è stata significativamente estesa la bibliografia.

Si diceva della pittura, il primo banco di prova del mercato (difficile che se non funzioni lì, possa funzionare altrove). Ai più esperti non è sfuggita la Maddalena dipinta da Francesco Boneri detto Cecco del Caravaggio in mostra da Carlo Orsi e Trinity Fine Arts, venduta a un collezionista Statunitense. L’opera è stata acquisita in Francia dal gallerista italiano senza conoscerne l’autore. Ma in seguito Orsi ha scoperto, grazie all’aiuto degli storici, che il dipinto era presente nel catalogo della mostra dedicata lo scorso anno a Valentin de Boulogne dal Metropolitan Museum of Art di New York. Si sapeva dell’opera, ma non della sua collocazione. Così è stata una doppia scoperta, giustamente premiata dal mercato. Orsi ha saputo che ci aveva visto bene, e la comunità scientifica ora sa dove trovare il dipinto.

Altra affascinante scoperta presentata a Tefaf 2018 è quella dell’autoritratto di Giorgione dipinto per gioco da Antonio Canova. L’opera, ancora nella sua cornice originale, è in mostra da Antonacci Lapiccirella (che nello stand ha anche il bellissimo dipinto di Cagnaccio di San Pietro presentato in anteprima durante la scorsa edizione della Biennale di Antiquariato di Firenze). Canova la dipinse per gioco, presentandola ad alcuni illustri artisti durante una cena a casa del suo protettore, il principe Abbondio Rezzonico. Per rendere ancor più verosimile il falso Canova aveva acquistato un tela del Cinquecento, che aveva usato come base (le indagini introspettive hanno rivelato anche il dipinto sottostante).

Non meno straordinario è il tavolo mediceo (The Medici and Westminster Pietro Dure Tabletop) presentato da Robilat + Voena. Disegnata da Giorgio Vasari ed eseguito da Bernardino Porfirio da Leccio per Francesco I de’ Medici, l’opera è appartenuta alla famiglia de’ Medici e ai suoi discendenti per quasi tre secoli, cioè fino alla metà del XVIII secolo, quando il Governo Italiano, entratone in possesso durante il Risorgimento, l’ha rimessa sul mercato permettendo a Hugh Lupus Grosvenor, primo Duca di Westminster, di impossessarsene.

Ma se al momento non disponete dei 10 milioni di euro necessari per portarvi a casa questo capolavoro di artigianalità, non abbattetevi. Il bello del Tefaf è che è possibile trovare la qualità più estrema anche in oggetti finanziariamente molto meno impegnativi. Come il bellissimo busto di terracotta montato su base lignea intagliata di Giovanni Marchiori, in mostra da Walter Padovani. L’autore è noto solo agli specialisti, e l’opera di certo non è ambiziosa quanto quella descritta poco fa. Ma nel suo insieme l’oggetto è di un’eleganza fuori dal comune, e ben rappresenta il raffinato gusto di Padovani, una delle 16 gallerie che quest’anno partecipano al Tefaf per la prima volta (anche così la fiera del passato si rinnova). E la stessa cosa si potrebbe dire del piccolo dipinto di John Constable presentato da Richard Green (intitolato Flatford Lock); del Giacomo Balla da Dickinson (Paesaggio + Volo di Rondini, c. 1929); del dipinto di Francesco Paolo Michetti da Gioacometti Old Masters Paintings; per arrivare fino al Jacob Grimmer da De Jockheere (Il riposo durante la fuga in Egitto, datato 1554).

Abbiamo parlato di pittura, ma il Tefaf è molto altro. E’ anche tutto quello che sta tra le due irresistibili collezioni di avori tortili in mostra da Kugel (una da Manfredo Settale, l’altra tedesca) e il piccolo torso umano, pure d’avorio, proveniente dall’isola di San Lorenzo, nel Mare di Bering, in Alaska. Il piccolo oggetto, datato 100-300 AD, è in mostra da Donald Ellis, galleria specializzata in arte dell’America del Nord quest’anno alla sua seconda partecipazione al Tefaf. L’opera è in vendita per 275.000 dollari e Mr Ellis ci ha detto che è una delle pochissime di questo tipo ancora in mano privata. Cos’è dunque che divide quest’ultra espressivo torso dell’Alaska dai funambolici avori di Kugel? E’ quel vasto arcipelago di opportunità che si apre davanti ai collezionisti appena superano la soglia delle false aspettative e sono messi nelle condizioni di affrontare il mare con una ragionevole dose di ottimismo.

June 22, 2021