Nuovo restauro per l’Assunta dei Frari di Tiziano, e non sono gli italiani a pagare il conto
Save Venice sosterrà il nuovo restauro del capolavoro giovanile di Tiziano, che dopo 500 anni di vita è minacciato dai tarli. Ma è giusto che lo Stato accetti soldi privati per conservare opere di questo tipo?
L’enorme Ascensione della Vergine dipinta da Tiziano Vecellio tra il 1516 e il 1518 e installata nell’abside presbiterale dell’Abbazia di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia il 19 maggio di quello stesso anno subirà un nuovo restauro. L’intervento di manutenzione conservativa eseguito nel 2012 dal team guidato da Giulio Bono, stimato restauratore che di recente si è preso cura anche della Madonna di Ca’ Pesaro, che pure si trova ai Frari, non ha potuto evitare l’attacco della colonia di tarli che ora minaccia le ventidue tavole di pioppo sulla quale è aggrappata la preziosissima pellicola pittorica cinquecentesca. Poi ci sono tracce di vecchie vernici ottocentesche, applicate dal pittore restauratore Lattanzio Querena al tempo in cui il dipinto venne trasferito alle gallerie dell’Accademia di Venezia (1817). Interessano soprattutto la figura di San Pietro apostolo. Il nuovo intervento le eliminerà, restituendo alle stoffe e agli incarnati i colori originali. Infine, si intende dotare la pala di un nuovo sistema di ancoraggio, per rendere più agevoli gli interventi di manutenzione programmata e per permettere una più agile movimentazione in caso di emergenza.
Le operazioni dovrebbero iniziare dopo la Festa dell’Assunta, che occorre il 15 agosto. In quel giorno è previsto un concerto dei solisti della Cappella Marciana che faranno rivivere il Vespro di Claudio Monteverdi – eseguito per la prima volta il 15 agosto del 1640. Il capolavoro della carriera giovanile Tiziano non sarà spostato e, assicurano i Frati che reggono la Basilica, si cercherà di mantenerlo accessibile agli sguardi dei fedeli quanto più possibile. Ancora non si possono stimare i tempi di esecuzione, ma il costo dell’intervento dovrebbe aggirarsi intorno ai 400mila euro. Non è molto, considerando che si tratta di Tiziano, e che l’opera ha anche un importante valore sociale. Infatti, al contrario di capolavori simili finiti per varie ragioni nelle sale dei musei, l’Assunta svolge ancora la funzione per cui è stata commissionata, nel luogo per cui l’artista l’ha composta – e dunque dialoga con ciò che ha intorno a sé, a partire dalla cornice marmorea, che pure verrà restaurata in questa occasione.
A questo punto però sorge un problema. Come quasi tutte le più importanti campagne di restauro intraprese nella Serenissima negli ultimi anni – a partire da quella che ha interessato la Madonna di Ca’ Pesaro di cui dicevamo prima, passando attraverso la chiesa di San Sebastiano con il ciclo pittorico di Paolo Veronese, il ciclo di Sant’Orsola di Vittore Carpaccio presso le Gallerie dell’Accademia, o il soffitto proveniente da Ca’ Nani conservato nel Museo di Ca’ Rezzonico, giusto per citare le più recenti -, anche quella dell’Assunta dei Frari verrà interamente pagata da Save Venice Inc., grazie al sostegno di Beatrice de Santo Domingo e del Jasmine Charity Trust in onore di Regina Jaglom Wachter.
Organizzazione filantropica privata statunitense fondata nel lontano 1966 all’indomani della gravissima alluvione che colpì Venezia, Save Venice Inc. da ormai più di cinquant’anni opera a stretto contatto con la Chiesa e con le istituzioni che salvaguardano il patrimonio pubblico, ovvero principalmente le Soprintendenze, emissione diretta del Ministero dei Beni Culturali. Questo in Italia è un merito in sé straordinario, e prova oltre ogni ragionevole dubbio tanto le buone intenzioni di Save Venice, quanto la sua capacità di metterle in pratica – cosa tutt’altro che semplice quando si ha a che fare con le pubbliche amministrazioni, cinghie di distribuzione di politiche più o meno illuminate, ma quasi sempre interessate al tornaconto elettorale prima che al bene pubblico. Ma, ci chiediamo, è ancora possibile che lo Stato Italiano accetti fondi privati stranieri anche per il restauro di beni strategicamente così importanti per sé e per i suoi cittadini? Qual è il messaggio che questi cittadini ricevono dal fatto che un capolavoro di questo tipo sia conservato grazie alla benevolenza di qualcuno che non è lo Stato e al quale poi, giustamente, gli italiani dovrebbero riconoscenza? Poi però si sentono gli amministratori locali dire che non ci sono i soldi per la cultura perché prima bisogna aggiustare i buchi nelle strade. Non potrebbe accadere, invece, che le strade in Italia sono costruite male proprio perché non si investe in cultura?
Come abbiamo già scritto, la bontà del lavoro svolto da Save Venice è fuori discussione ed è pure indiscutibile l’idea intorno a cui ruota l’istituzione, ovvero che Venezia e i suoi tesori sono una radice importante non solo per la cultura europea, ma per il mondo intero. Ma Save Venice è nata per aiutare Venezia in momento di estrema emergenza, non per compensare quello che le istituzioni pubbliche non vogliono fare. Oltretutto, trovare soldi per restaurare un capolavoro di Tiziano è ben più agevole che farlo per i moltissimi altri capolavori che non trovano spazio nelle guide turistiche. Se si è riusciti a partorire un mostro come il MOSE è evidente che il punto non è la mancanza di fondi, ma come questi fondi vengono allocati e con quali finalità. Possibile che gli amministratori pubblici sempre così interessati a ben figurare agli occhi dei propri elettori pensino tanto ai manifesti elettorali – vero inquinamento visivo –, ma non vedano l’opportunità che si celano dietro a questo genere di interventi? Non è forse questo il modo migliore per insinuare quella stessa odiosa sudditanza psicologica dalla quale poi Venezia così orgogliosamente si difende quando si tratta di accogliere qualche gran signore dell’arte contemporanea – e magari fargli le pulci su una scultura, come è avvenuto per Punta della Dogana? Anche perché poi, come si dice anche a Venezia, a caval donato non si guarda in bocca…
June 22, 2021