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A proposito delle ultime opere di Sam Falls su tempo e natura

Paul Laster

La prima personale di Sam Falls alla 303 Gallery di New York mette l’artista californiano a diretto confronto di grandi maestri dell’astrazione come Jackson Pollock e Yves Klein. Ma lui non smette di pensare al futuro.

 

Felice conseguenza delle mostre personali alla Galleria Civica di Trento (da qualche anno parte del MART, Museo di Arte Moderna e Contemporanea al Museo di Trento e Rovereto) in Italia e all’ Hammer Museum di Los Angeles, oltre che della partecipazione alla Biennale di Sidney 2018, Sam Falls presenta un nuovo gruppo di lavori, di carattere lirico – tre grandi dipinti, quattro sculture di ceramica, tre fotografie e un collage – nella sua prima mostra alla 303 Gallery di New York.

Dopo aver conseguito un Master in Fotografia al ICP-Bard di New York nel 2010, Falls ha intrapreso un percorso decisamente diverso rispetto a quello dei suoi amici fotografi. Partendo da un precedente interesse per la fisica e la linguistica, unito al un punto di vista filosofico che stava emergendo in lui, Falls ha propri l’essenza della fotografica di luce e ombra, e l’ha utilizzata per produrre una nuova forma d’arte, più sperimentale.

Avvalendosi degli elementi della natura, Falls ha, per esempio, usato il sole per stingere il colore del tessuto intorno agli oggetti, che l’artista ha posizionato sulla tela e lasciato all’aperto, per molto tempo, sfruttando l’umidità atmosferica che si crea dalla rugiada e dalla pioggia, cospargendo pigmenti intorno agli oggetti per definirne la loro presenza. I grandi dipinti ora in mostra appartengono a questo secondo ‘genere’ di opere. Eseguite in loco, con materiali raccolti sul posto, le opere sono intitolate secondo la loro origine geografica.

La tela Untitled (Topanga Park) 2018, per esempio, è stato creato nell’arco due notti nella foresta a Nord-Ovest di Los Angeles. Boschivo, ma allo stesso tempo marino, e mix di erbe, felci, prati e alghe poi definito da una palette di neri, marroni e viola, questo dipinto sembra avere una profondità spirituale capace di trasportare l’osservatore in un regno naturale, quasi fatato. L’opera si sviluppa su due strati d’azione; mentre il primo consiste in velo di piante e colori che svanisce in lontananza, il secondo resta ancorato alla superficie. Si può persino notare l’orma di un procione, che sembra attestarne l’autenticità.

Il dipinto Untitled (Conception), sempre del 2018, è stato prodotto al Point Conception, a nord di Santa Barbara, in California. Monumentale anche nelle dimensioni – 229.2 x 1250.3 cm -, l’opera è visivamente molto convincente, e ricorda Blue Poles di Jackson Pollock, che è di un terzo più piccolo. Oppure, ricorda la scenica Reflections of Clouds on the Water-Lily Pond, che invece è un po’ più grande. L’opera, che usa alghe che lo stesso Falls ha reciso dagli abissi dell’oceano per poi disporle su una tela gigante stesa sulla spiaggia, spolverate di pigmenti e poi lasciate in balia dell’umidità atmosferica, sembra catturare lo spirito di quel preciso momento in quel preciso luogo, meglio di quanto una qualsiasi macchina fotografica sarebbe in grado di fare.

Untitled (Conception) è immagine espressionista; emana natura e prende vita nella luce mattutina. Come in una sorta di rito sciamanico, Falls – un po’ come Pollock – sale e scende dalla tela in una danza coreografica, mentre stende le alghe e getta casualmente i pigmenti in aria, che poi andranno a posarsi spontaneamente sulla tela. Nel lavoro di Falls la mano della natura non solo è visibile, è addirittura più significativa di quella dell’artista che – come Max Ernst con i suoi frottage e grattage, fatti spalmando grafite e raschiando vernice sopra pavimenti di legno antico – diventa testimone della creazione del suo stesso lavoro.

Mentre questo dipinto è brillante e fluido – con le foglie d’alga che danzano in un campo di colori accesi –, le terza tela in mostra è più scura e volubile. Generata in una notte di pioggia nei boschi dell’Arkansas, Untitled (Ozark National Forest, 1) cattura una giostra di piccoli fiori e foglie su uno sfondo di sbaffi marroni, bordeaux e verdi. Questo dipinto, che può ricordare la palette scura e quasi nebbiosa di Mark Rothko, oppure la lirica dei colori pastello di Odilon Redon, è la perfetta unione fra astrazione e rappresentazione; e ci riporta ai dipinti sublimi che Yves Klein ha ottenuto legando sul tetto della macchina tele colorate mentre viaggiava da Nizza a Parigi sotto la pioggia.

Forse più sconosciute, nel corpus di opere di Falls, sono le ceramiche, iniziate nel 2016 ed esibite all’inizio di quest’anno nella prima mostra istituzionale dell’artista in Europa, alla Galleria Civica di Trento. Sebbene facciano riferimento al minimalismo, le sue sculture di argilla offrono un approccio più naturale. ‘Cotte’ in studio, quando l’artista non sta lavorando a progetti outdoors, le argille di Falls sono fiori e piante pressate in lastre poi bruciate nel fuoco. Poi viene applicato uno strato di smalto che – come sa bene chi conosce la ceramica – è inizialmente un liquido grigio che andrà a rivelare il suo colore dopo il forno. Alla fine del processo Falls ‘taglia’ le placche e le assembla in coppie, un po’ come le carte che si intrecciano nel famoso multiplo di Ray e Charles Eames – Gli intrighi del potere (House of Cards). Le argille. presentate su supporti di compensato tinti in maniera naturale con le gambe intrecciate e il piano di forma tonda, sembrano quasi ricordare degli arbusti sagomati.

Fotografie e collage chiudono il cerchio. Scattate su pellicola con una macchina fotografica di grande formato e stampate una alla volta su una carta alla gelatina ai sali d’argento, le tre immagini in bianco e nero immortalano misteriosamente gli elementi della natura. Silver Lake Reservoir rappresenta un bacino d’acqua a secco, dopo che è stato prosciugato dalla Città di Los Angeles per costruirvi al di sotto un nuovo oleodotto. Paper Skin ritrae un pezzo di corteccia (la più antica forma di carta) tenuta in sospeso, in verticale, da rami nel bosco. Mentre Moon Light rivela fasci di luce che filtrano attraverso gli alberi della foresta, di notte. Ma è ill collage che ci guida alla fonte fotografica, facendo anche emergere l’interesse che l’artista da sempre ha per l’ambiente.

Il collage ‘montato’ in cornice si intitola Untitled (Rock, Merced River, Autumn, Yosemite Valley 1962-2015). Affianca a una Polaroid scattata dall’artista una copertina di Celebrating the American Earth: A Tribute to Ansel Adam, pubblicato per la prima volta dalla Wilderness Society nel 1980. La pietra nel fiume ritratta nella fotografia in bianco e nero del 1962 che appare sulla copertina del libro di Adam è la stessa pietra del fiume Merced che compare nella fotografia scattata nel 2015 da Falls, che vuole così rendere omaggio al coinvolgimento creativo di Adams con la natura, e allo stesso tempo costruire e trasformare il passato.

In occasione della sua mostra nel 2015 al Ballroom Marfa Falls aveva espresso in una dichiarazione il punto di vista filosofico che sembra riassumer tutta la sua arte: ‘Lavoro sui temi della rappresentazione e dell’astrazione nell’arte, che per me rappresentano i mattoncini, rispettivamente contemporanei e storici, sulla quale essa si costruisce, oltre che definire l’elemento della vita umana: il tempo’. E poi: ‘Cerco sempre di tirare fuori le qualità intrinseche del tempo e renderle visibili, di condividere il passato nel presente puntando verso il futuro che arriva per poi passare e insieme immergervici dentro”. Con i lavori alla 303, questa missione continua e trionfa.

June 22, 2021