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Nostalgia e neutralità nelle opere di Jasmin Werner

Chloe Stead

Jasmin Werner espone i pregiudizi presenti nell’architettura e nel design, dimostrando che la semplice contemplazione del passato è già nostalgia.

“Si tende ad accettare il paesaggio fisico, senza pensarci, come sfondo neutro”, ha scritto Leslie Kanes Weisman nell’Enciclopedia internazionale delle donne di Routledge. “Ma la disposizione spaziale degli edifici e delle comunità non è né priva di valore, né neutrale; riflette e rafforza la natura delle relazioni di genere, razza e classe di ogni società”.

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Jasmin Werner, Ambivalent Escalator (Sanssouci). Images courtesy of Kunstverein Braunschweig

Come Kanes Weisman, anche Jasmin Werner è attenta ai modi in cui il nostro ambiente architettonico riflette gli atteggiamenti, i pregiudizi e i desideri della società in cui viene prodotto. In occasione della sua partecipazione alla collettiva Musée sentimental de l’ours de Berlin, per esempio, Jasmin Werner ha utilizzato l’insolita sede della mostra, un’ex fossa per orsi – il Bärenzwinger – trasformata in spazio espositivo, come occasione per esplorare il ruolo che la nostalgia gioca nel volto mutevole della capitale tedesca. L’edificio, originariamente costruito come deposito di servizi igienici, è stato trasformato alla fine degli anni Trenta in un’attrazione pubblica molto popolare. Il tempismo era sospetto. “Questo avvenne poco prima della seconda guerra mondiale”, spiega Werner, “è probabile che sia stato usato come distrazione per calmare la gente e farla stare dalla propria parte [quella del Partito Nazionalsocialista]”. Anche la scelta dell’orso sembra calcolata; l’animale è la mascotte non ufficiale di Berlino da quando apparve per la prima volta sul sigillo della città nel 1280.

La storia delle origini del Bärenzwinger è stata in gran parte dimenticata, ma per molti berlinesi questo rimane un luogo emozionante. Invitata a pensare un progetto dedicato, Jasmin Werner, che è cresciuta alle porte di Berlino, ha tenuto conto di questi ricordi. “È un luogo che conosco fin dalla mia infanzia”, dice, “mi piaceva molto l’idea di creare una scultura pubblica che potesse comunicare con le persone che vi abitavano”. Per farlo Jasmin Werner ha legato la storia del Bärenzwinger a quella di un’altra suggestiva struttura storica della sua gioventù, il Palast der Republik. Sede del parlamento della Repubblica Democratica Tedesca dal 1976 al 1990, dopo la caduta del muro il Palast der Republik fu demolito per far posto a una replica dello Stadtschloss, un palazzo prussiano del XV secolo che sorgeva sullo stesso sito ma che fu gravemente danneggiato durante la guerra. Ironia della sorte, considerando la natura retrograda del progetto, l’acciaio dell’edificio distrutto è stato utilizzato per la costruzione del Burj Khalifa di Dubai, che è attualmente l’edificio più alto del mondo.

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Jasmin Werner, Schloss der Republik Burj Khalifa (segment 1/4), scaffolding, printed mesh fencing, plastic foil, zip ties, 460 x 100 x 100 cm

Le sculture che dal progetto sono nate e che sono poi state installate nei giardini alle due estremità del Bärenzwinger, hanno portato tutte e tre queste strutture monumentali a una conversazione diretta. Sotto il cappello del titolo Schloss der Republik (2019), Jasmin Werner ha utilizzato impalcature e immagini stampate di ogni edificio per creare due torri frankensteiniane in cui lo stile barocco dello Stadtschloss stride contro il freddo modernismo del Palast der Republik e l’elegante futurismo del Burj Khalif. Attraverso questo caleidoscopio di stili e ideologie diverse Jasmin Werner si interroga sulla logica che sta dietro alla ricostruzione di un palazzo prussiano nel XXI secolo. “È confortante per le persone avere un passato glorioso a cui si può sempre tornare”, dice. “Ma sarebbe molto più interessante pensare a una versione più contemporanea di noi stessi”.

Ma non sono solo i cittadini di Berlino a trarre conforto dal guardare al passato. Durante i preparativi per la sua personale alla galleria di Bruxelles Damien & the Love Guru, Werner ha scoperto molti casi di Façadismo – pratica architettonica molto seguita a Bruxelles secondo cui la facciata di un edificio storico è conservata, ma dietro di essa si costruisce una struttura contemporanea. Giocando sul fatto che la “facciata” deriva dal francese “façade”, o volto, per la mostra che ne è seguita Jasmin Werner ha stampato esempi di Façadismo trovati a Bruxelles, Londra, Francoforte e New York su maschere create impiegando i fogli anti-polvere che si usano nei cantieri. Come per la ricostruzione dello Stadtschloss, per Werner questa tendenza suggerisce un irrealistico attaccamento al passato. Spiega l’artista:

Sono scettica riguardo il concetto di togliere un punto della storia e di farne una versione Disney, che poi dobbiamo abitare. Le cose sono cambiate. Le donne sono ora in grado di lavorare e di votare, cosa che non era possibile ai tempi dello Stadtschloss originale, per esempio. La gente tende a dimenticare, quando glorifica certi elementi del passato, che quello non era un buon momento per tutti.

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Jasmin Werner, Façadomy, installation view at Damien & The Love Guru, Brussels, April 2020. Courtesy of the artist and Damien & The Love Guru, Brussels. Documentation / Photography by GRAYSC

La popolarità che questi progetti raggiungono tra i cittadini suggerisce il desiderio di un modo di vivere più conservatore, un tema che Jasmin Werner ha affrontato in modo più esplicito nella personale “unkrautfrei“, presso il Project Space Salon Stuttgart di Stoccarda, con sede a Berlino. Per la mostra, Jasmin Werner ha eseguito una serie di collage basati sul campionario di Manufactum, un rivenditore tedesco di articoli per la casa e il giardino di alta qualità. Usando lo slogan “Es gibt sie noch, die guten Dingen” (le cose buone, esistono ancora), Manufactum alimenta fantasie nostalgiche di un tempo in cui i prodotti per la casa erano prodotti a mano con materiali “naturali” sostenibili e duravano per tutta la vita. Ma c’è un lato oscuro in questa nostalgica ricerca di tornare al “die guten Dingen“; il fondatore dell’azienda ha anche fondato una casa editrice che vende letteratura di estrema destra, gran parte della quale sposa sentimenti antifemministi e anti-immigrati.

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Jasmin Werner, Piped Icing: The interior of an inn, 2019, Latex, Adriaen Brouwer catalogue images, Manufactum catalogue images, piped glue and pigment, 36 x 26 cm. Image courtesy of the artist and Salon Stuttgart, Berlin. Photography by Nick Ash.

Accanto a questi collage Jasmin Werner ha esposto due sculture (Totalherbizid I e II) composte da piccoli aratri metallici che ha “decorato” con la glassa. La tecnica è tratta dal cuocere al forno, le sculture sono un sottile cenno alla cosiddetta “femminista delle cupcake”, che insiste sul fatto che la scelta di tornare in cucina è sua. Da dove viene la nostalgia del passato, chiede Jasmin Werner, e a chi serve? In “unkrautfrei“, come nel resto del suo recente studio, ci ricorda che né l’architettura né il design sono neutrali. Che sia un monumento o un cucchiaio di legno, ogni oggetto che compone il nostro ambiente architettonico riflette le convinzioni di chi lo finanzia, lo progetta, lo produce e lo distribuisce.

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Jasmin Werner, Totalherbizid II (detail), 2019, Harrow, piped glue and pigments, 82 x 67 x 18 cm. Image courtesy of the artist and Salon Stuttgart, Berlin. Photography by Nick Ash.

Note:

Chloe Stead è una scrittrice, critica d’arte e redattrice basata a Berlino.

Tutte le citazioni attribuite all’artista sono tratte da una serie di conversazioni avvenute nel mese di aprile del 2020, salvo diversa indicazione.

Riguardo al tema delle nostalgie architettoniche si vedano i nostri scritti su Slavs & Tatars e Jan Domicz.

April 23, 2020