Parlando di cianfrusaglie, con Fernando Marques Penteado…
Abbiamo visitato lo studio di Fernando Marques Penteado, per scoprire che tutto può essere contemplato, cianfrusaglie comprese.
Yuriko Saito, docente di filosofia della Rhode Island School of Design, offre molti argomenti contro quella che lei chiama “estetica basata sull’arte”. Nel libro intitolato Everyday Aesthetics Saito nota come la prospettiva artistica abbia monopolizzato il discorso sulle esperienze estetiche: una situazione piuttosto squilibrata se si pensa che, come ribadisce l’autrice, non c’è un limite teorico a ciò che può diventare oggetto di un’esperienza estetica. L’iceberg è molto più grande della sua punta. Infatti, si può intendere sotto il profilo estetico qualsiasi cianfrusaglia, come ci ha fatto notare Fernando Marques Penteado (che invece è un’artista) nel suo studio di Bruxelles. Penteado scrive in un testo di qualche tempo fa: “abbiamo smesso di ammirare gli oggetti esistenti che ci circondano; abbiamo smesso di concedere loro il merito, la bellezza e la raffinatezza che meritano, che poi significano semplicità, essenzialità, forma, squisitezza esecutiva”.
C’è qualcosa di profondamente umano nella sua persona e nel suo lavoro, una sorta di altruismo nei confronti di oggetti altrimenti considerati di scarsa importanza, senza alcun valore. La sua cura per gli oggetti sembra unicamente limitata dalla portata della sua contemplazione. Anche se tutti questi elementi giocano un ruolo nella pratica di Fernando Marques Penteado, le formule abituali del ready made non sembrano applicabili al suo caso: le sue cianfrusaglie sono cose esteticamente preziose in sé, che siano o meno trasformate in opere d’arte. Guardando una serie di fazzoletti ingialliti, presi da una vecchia valigia, il cui tipo si trova ormai solo nei mercatini delle pulci, l’artista racconta della signora immaginaria che potrebbe averli trattati con tutta la cura possibile. Le sciocchezze diventano cose importanti. Sono punto di partenza e di arrivo estetico allo stesso tempo, o “segni tattili”. Come dice Penteado: “sempre più la vita mi ha dato segni che le esperienze per me vitali raggiungono l’emancipazione accompagnate da eventi sensoriali, spesso tattili. Come se la mia testa fosse stata colpita da una bacchetta che mi fa svegliare”. Le sue mani, che attentamente dispiegano i fazzoletti dimenticati, compaiono ora davanti ai nostri occhi.
La collezione di oggetti messa insieme da Fernando Marques Penteado non è però un semplice cabinet di curiosità. C’è troppa empatia nel suo raccogliere delle cianfrusaglie. Gli oggetti non gli sono estranei. Fernando Marques Penteado li ha conservati per decenni, e li ha contemplati altrettanto a lungo.
[qui il link alla nostra intervista con il Premio Nobel Orhan Pamuk, autore di un romanzo fondamentale riguardo al valore degli oggetti e del collezionare, Il Museo dell’Innocenza. Ndr].
Nato a San Paolo 65 anni fa, Penteado, che oggi risiede a Bruxelles, si vede vagare nei mercati delle pulci nelle molte città in cui ha vissuto (tra cui Porto e Londra). Lavorando come artigiano per gli stilisti, aveva sognato l’Anversa modaiola. Ma per quanto si tratti di un sogno spezzato, la speranza sembra ancora viva quando, durante la nostra conversazione, il sogno riaffiora.
Le opere di Fernando Marques Penteado sono arte fatta di cianfrusaglie, che però si basa anche sulla manualità e intelletto. Dalla cura per gli oggetti dimenticati nascono i suoi ricami. Anche le tecniche possono essere intese alla stregua di cianfrusaglie, come avviene nel caso del suo Serti “ostracizzato”, ovvero una tecnica di pittura su seta che l’artista ha spesso utilizzato. Fernando Marques Penteado ci racconta come questa pratica si insegnasse ai turisti in viaggio verso i resort dei Club Med. Penteado l’ha recuperata e trasformata in un secondo lavoro, portando il Serti agli stilisti più in voga. È stato anche detto che Penteado, più o meno inconsciamente, si appropria di tecniche tipicamente femminili per aprire una riflessione sul ruolo e sulla funzione dell’identità sessuale. Parafrasando quello che scrive AJ nel libro Art and Queer Culture di Catherine Lord e Richard Meyer, si potrebbe cercare di individuare, nell’opera dell’artista, la frizione creata dalla presentazione del maschile attraverso il femminile. Ma il quadro si complica appena il perimetro viene esteso anche alla società e all’economia, oppure quanto il discorso si stratifica per raccontare storie di diverse culture. Un prisma di implicazioni si forma quando ci si appropria di cose come la tecnica Serti, o quando con un filo rosso finisce per attraversare tutti i lati di qualcosa da cui, come dice l’artista, “traspare la vita”.
Nell’opera di Fernando Marques Penteado c’è senza dubbio una riflessione sulle convenzioni, ma c’è anche la fiction letteraria, che nel suo caso è un artificio che impedisce al lavoro di essere troppo diretto. Tra le tante cose che l’artista ha dovuto lasciare prima di trasferirsi da Porto a Bruxelles non era inclusa la sua collezione di romanzi polizieschi. Ci racconta come solo oggi, dopo averne letti tanti, comprenda a fondo le strutture letterarie di quelle storie. Il detective maschio è il vero protagonista, insieme alla sua lotta contro il crimine, vessillo della sua virilità: “La mia principale critica riguarda il modo in cui certe interazioni tra uomini vengano sistematicamente soppresse. Un’interazione non deve per forza finire in un atto omosessuale, non è così? Si tratterebbe piuttosto di parlare della confusione dell’uomo che, sul piano emotivo, non può essere del tutto sincero con il suo simile. Il machismo non è altro che l’epitome di una sciocchezza”. Al contrario, la franchezza emotiva è un modo efficace per descrivere il tipo di apertura che l’artista è in grado di offrire a chi ascolta e guarda.
Al di là dei romanzi polizieschi, l’idea di finzione ritorna in continuazione nell’opera di Fernando Marques Penteado. La sua ultima mostra da Mendes Wood DM ne è un esempio: gli objets trouvés diventano storyboard per un romanzo che si svolge sotto i nostri occhi, nello spazio espositivo. I ritratti ricamati dei protagonisti accennano alla trama, mentre elementi scenografici come un tavolo, o dei mozziconi abbandonati in un posacenere, riconducono ai protagonisti. Altre mostre dell’artista hanno teatralizzato questo genere di allusioni: sono assemblaggi letterari dove le singole opere d’arte sono oggetti di narrazione, e dove i racconti non sono mai solo prodotti dell’immaginazione, perché provengono da oggetti che custodiscono “segreti unici”, come dice l’artista. Gli objets trouvés diventano oggetti fondanti.
Negli studi d’artista gli oggetti possono essere nostalgici, oppure intimi. Parlano dell’esistenza stessa dell’artista. Chiunque ne abbia mai visitato uno lo sa bene. Nel caso di Fernando Marques Penteado le condizioni sono leggermente diverse, perché i suoi oggetti mescolano narrazioni personali, esterne e fittizie. Si passa dai fazzoletti di un uomo immaginario, ai tropici sensuali propri della biografia dell’artista, come una coppa di gelato ordinata a metà del Novecento al caffè Fasano, sull’Avenida Paulista di Sao Paulo. La traspirazione della vita è anche traspirazione della vita dell’artista. Le cianfrusaglie sono piene di orgoglio per i pochi che le hanno possedute. La paura di trascurare le cose banali si dissipa se, come dice Yuriko Saito, qualsiasi cosa può provocare reazioni e fenomeni estetici. Non è forse un caso che Fernando Marques Penteado abbia dato un nome alla sua stufa, Cristiana.
November 16, 2020