Laurence Sturla, ovvero l’artista, la stanza e il forno
Tra esperimenti mentali, pause-sigaretta e ricordi fugaci, guardiamo le ceramiche dell’artista viennese Laurence Sturla.
Un noto esperimento mentale chiamato Mary’s Room (la stanza di Mary) dice così: Mary è bloccata in una stanza in bianco e nero dove impara tutto quel che si può sapere sul colore rosso. Sa tutto sulla fisica dei colori e della luce, legge tutta la letteratura disponibile a riguardo, parla tutti quelli che hanno visto il rosso, ecc. È convinta di conoscere il colore rosso. Poi esce dalla sua stanza in bianco e nero e vede un quadrato rosso su un muro. Si rende conto di non conoscere davvero il colore rosso. A metà strada tra la discussione filosofica e la storia zen, Mary’s Room ricorda quello che Laurence Sturla ha detto a proposito dei forni per cuocere la ceramica: per lavorare con la ceramica è imprescindibile potervi accedere. E forse questo è vero per ogni rapporto diretto tra l’artista e la sua l’arte.
Anche prima di concentrarsi sulla lavorazione della ceramica, Laurence Sturla si è sempre tenuto impegnato: ha infatti lavorato in una fonderia di bronzo e in un negozio di tatuaggi. Come molti altri artisti, Sturla lavora anche come art handler, un impiego pratico che svolge come secondo lavoro. Tuttavia, la sua opera non è destinata alla mera glorificazione del lavoro manuale. Lucy McKenzie ci ha recentemente raccontato come le opere d’arte contemporanea che sfruttano l’artigianalità possano correre il rischio di acquisire valore semplicemente a causa dello sforzo manuale e delle abilità pratiche che sono state impiegate per crearle. Le ceramiche di Laurence Sturla affrontano anche questa problematica. Come lui stesso dice: “le mie opere sono il frutto di una pausa forzata, una pausa dal lavoro, oppure sono gli oggetti stessi a esprimere il rifiuto di lavorare. Le ‘teiere’, per esempio, non sono smaltate all’interno, quindi non sono fatte per contenere liquidi. Potrebbero essere laccate e rifuse per diventare funzionali. Invece rimangono in questo stato di ibernazione, di sciopero”.
Il diretto coinvolgimento tecnico non implica necessariamente la padronanza volta al bene della produzione materiale. Than Hussein Clark, per esempio, ha detto di come abbia ideato un arazzo molto elaborato con la precisa intenzione di dare senso politico a una fiera d’arte e, più in generale, per comprendere meglio le misteriose dinamiche del mercato dell’arte. I posacenere di Laurence Sturla diventano così un modo per svelare il sottile confine tra arte e design, tipico degli oggetti in ceramica. Dice Sturla: “al momento ho tentato di insegnare a me stesso come modellare l’argilla sul tornio, cercando sia di capire a fondo il materiale e la sua storia, sia se possa essere ulteriormente idealizzato, facendo riferimento a personaggi del calibro di Peter Voulkos, Ruth Duckworth e Ian Godfrey – ceramisti esperti che hanno dato alla ceramica una regalità scultorea. Tra frammenti rotti, detriti e scarti rielaborati in posacenere, questo processo implica così tante prove ed errori da diventare essi stessi un terreno di prova per nuovi smalti e temperature di cottura. È attraverso questi processi, frutto di un tentativo di comprensione della materia, che le opere d’arte riaccendono sia l’amore, sia un’ulteriore propensione alla sperimentazione di quegli oggetti in cui si possono trovare altre similitudini – come un posacenere Sterling Ruby, un piatto decorativo di Palissy, o una tazza dell’Ikea”.
I posacenere di Laurence Sturla hanno talvolta svolto la funzione che il loro nome suggerisce. Esposti al Pina di Vienna, contenevano cenere di sigaretta, per la comodità dei fumatori presenti in galleria. Allo stesso tempo, queste sculture si riferivano nuovamente a una sospensione del lavoro: la cosiddetta pausa-sigaretta, uno stereotipo legato all’impiegato d’ufficio, la pausa per eccellenza. D’altra parte, i posacenere si allontanano nettamente dalla funzionalità nel rifiutare qualsiasi forma di minimalismo e razionalismo. Sono dunque oggetti anti-modernisti, carichi di ornamenti che, coi loro riferimenti, attraversano il tempo e lo spazio.
Davanti a un dipinto, o a una scultura astratta, possiamo facilmente chiederci l’origine delle forme che questo contiene. Nathalie du Pasquier diceva che anche il cibo mangiato a pranzo poteva influenzare i dipinti che faceva nel pomeriggio. Sandwich a parte, la memoria gioca spesso un ruolo rilevante nella generazione delle opere d’arte. Se il passato è la nostra memoria e le nostre memorie sono in continuo mutamento, anche il passato stesso deve cambiare continuamente. Un pensiero davvero strano: come è possibile cambiare il passato, se è passato? Laurence Sturla ci ha inviato delle bellissime parole riguardo il rapporto tra le sue opere e la memoria, affermando come le forme di alcuni suoi pezzi derivino da disegni di centrali elettriche, cave, raffinerie, cantieri navali e architetture futuriste, abbozzati a memoria e quindi instabili nel loro essere una rappresentazione imprecisa di cose reali.
In uno dei suoi testi più lunghi, scritto in occasione del suo stand da Vienna Contemporary, con la galleria Gianni Manhattan, Laurence Sturla richiama il concetto di ceramica come orologio e vettore di informazioni. Dice: “un frammento di ceramica portato alla luce diventa un manufatto culturale durevole, una forma che può essere ricostruita, datata e collocata ovunque nel mondo. Nel momento in cui un oggetto di ceramica viene ritirato dalla fornace esso reagisce con l’ambiente circostante, assorbendo le sostanze chimiche e l’umidità presenti nell’aria, aumentando di peso per tutta la sua vita a una velocità ben definita. Il livello di umidità e quindi il peso che gli oggetti acquisiscono ci consente di datarli con precisione, il ché significa che la ceramica può agire come una forma di misura del tempo, una chiave tempestiva che consente di sbloccare il suo passato”. Il salto che avviene tra un manufatto che testimonia le culture del passato e un’opera d’arte che invece intende raccontare il passato dell’artista sembra a questo punto del tutto naturale.
Infine, eravamo particolarmente interessati a sentire gli scherzi sulla ceramica, visto l’artista durante la nostra conversazione ha dato soprannomi curiosi ad alcune sue opere. Come sostengono alcune teorie sull’umorismo, il successo di una battuta dipende sempre dalla condivisione i meno di certi codici. Difficilmente troverai divertenti certe battute se non condividi convenzioni e regole di chi le fa. L’umorismo è un’espressione di conoscenza, e un’esperienza diretta delle tecniche ci permette di costruire i codici necessari per capire perché un certo pezzo di ceramica risulta divertente alla comunità di ceramisti. Laurence Sturla per esempio dice: “la finitura al sale di alcuni oggetti è nata originariamente dal non poter provare un processo chiamato ‘smaltatura del sale’, in cui il sale viene gettato nella fornace ad alta temperatura, per poi formare una crosta di silicato di sodio. Non avendo accesso a una fornace non potevo farlo. Così ho bagnato i pezzi nel sale”. Nonostante ci siano state fornite le conoscenze necessarie per capire perché un bricolage al sale è divertente, non capiremo abbastanza la battuta finché non proveremo noi stessi la smaltatura al sale. Tuttavia, apprezziamo la complessità dell’opera d’arte risultante, forse proprio come Mary ha apprezzato il colore rosso prima di dover lasciare la sua stanza in bianco e nero.
December 17, 2020