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Estrid Lutz non-cyberpunk-post-internet

Piero Bisello

L’antipatia di Estrid Lutz per il ben finito e il bello canonico la porta verso i rinnovatori dell’estetica punk, oltre il post internet (e il surf)

Qual è, per un artista, il modo migliore di usare le referenze? Come assorbire una certa fonte storica evitando che lavoro si faccia noiosa imitazione? Operare all’interno di un quadro di riferimenti precisi, anche se inconsciamente, pone sempre una sfida: quella di mantenere la propria pratica artistica libera e aggiornata. Qui Estrid Lutz emerge, collocandosi lungo certe linee espressive senza per questo finir prigioniera di alcun manierismo.

Installation view of Estrid Lutz’s Pipeline Mashup at Everyday Gallery, Antwerp. Courtesy the artist and Everyday Gallery, Antwerp. Photography: Silvia Cappellari, Seppe Elewaut.

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Estrid Lutz, Satelizzzzz debris – mobile 1, 2020, Kevlar fibre, aluminium honeycomb, photo-luminescent pigment, ink, dust, resin, epoxy.

Estrid Lutz è nata alla fine degli anni ’80. È una figlia lontana di tradizioni ed estetiche che non può ricordare, ben nascoste dagli anni della sua infanzia. Durante il nostro incontro ha più volte menzionato il “metaverso”, qualcosa che lei descrive come la somma di tutti i mondi virtuali che interagiscono con il mondo fisico. Comparso per la prima volta nel romanzo di fantascienza intitolato Snow Crash, dato alle stampe da Neal Stephenson nel 1992, il metaverso è stato aggiornato nel tempo, per abbracciare gli sviluppi della tecnologia. Per quanto la rete sia diventata prostetica, essa rimane un’entità prettamente metafisica, perciò appartenente al metaverso.

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Estrid Lutz at Roca Blanca, Mexico.

A questo punto potrebbe sembrar strano che un’appassionata di paesaggi “metaversali”, che oltretutto dichiari di trovarsi perfettamente a proprio agio all’interno di questi, conduca la propria esistenza fisica in un angolo abbastanza remoto del pianeta. Un paio di anni fa, infatti, Estrid Lutz si è trasferita a Puerto Escondido, in Messico, uno dei paradisi del surf. Qui, a suo dire, la dimensione delle onde è la principale preoccupazione delle persone per il resto basta guadagnare quando serve a garantirsi la propria dose quotidiana di pesce e tacos. Secondo Estrid Lutz il sistema artistico delle grandi città è troppo rigido e ripetitivo per soddisfare il suo bisogno di adrenalina. Le serve stare altrove.

Allo stesso tempo, la spiaggia messicana si è rivelata esser piuttosto lontana e sconnessa dai suoi esperimenti artistici. Estrid Lutz confessa che nessuno a Puerto Escondido ha veramente capito perché si dovrebbero cavalcare le onde per immergere nell’aqcua le proprie opere d’arte, o perché avrebbe senso sorvolare l’oceano con il semplice scopo di far cadere dei fiori dal cielo. Ipotizziamo perciò che questo tipo di disagio quotidiano sia, per l’artista, piacevole, e si sommi ai rischi a cui liberamente decide di esporsi. Come correre in auto, o nuotare tra squali e coccodrilli – due dei suoi passatempi preferiti. Nell’arte Estrid Lutz cerca qualcosa di sorprendente, prima di tutto per se stessa. Anche è da ritenere una forma di estremismo estetico.

Al tempo dei confinamenti forzati, e molto probabilmente anche prima, i luoghi remoti non sono equivalenti della solitudine. La connettività contemporanea, non importa dove uno si trovi, è il concetto centrale dei servizi residenziali che offrono il meglio dei due mondi. Ovvero, opportunità economiche tipiche delle città consegnate al tuo computer portatile, che apri solo quando serve. Se poi sei un artista puoi limitarti a controllare il tuo account su Instagram qualche volta al giorno, giusto per seguire notizie e pettegolezzi del sistema, risparmiandoti così di partecipare agli eventi mondani, ormai fin troppo codificati. Il metaverso è molto vicino all’oceano, se lo cerchi lì.

A questo punto è corretto chiedersi come l’opera d’arte di Estrid Lutz traduca, visivamente, questa prospettiva. Torniamo qui all’idea di cui dicevamo all’inizio, ovvero al modo in cui si può evitare di produrre didascalie, invece che opere d’arte. Estrid Lutz, infatti, sceglie di schivare il cyberpunk, che in effetti ha anticipato il metaverso di almeno un decennio. Queste due dimensioni estetiche condividono la fusione di virtuale e reale. Ma il cyberpunk ha anche un tipo di comportamento, un’inclinazione aggiunta, una predilezione per gli spazi liminali. Lutz si innesta proprio in questo punto. Il suo lavoro – collage, pittura, o forma che si estende nella terza dimensione – si comporta così. Lontano dalla comprensione storica del concetto, la richiesta di adrenalina e libertà di Estrid Lutz è in qualche modo “punk”, e così sono le sue opere.

Installation view of STREAM WEAVERS by Estrid Lutz and David Broner. Image from Space 1: La Trinidad Centro, Oaxaca City, Mexico.

I punti di riferimento di Estrid Lutz non amano la precisione ossessiva, la finitura, i canoni estetici, le preziosità. Inoltre, se i cyberpunk e i metaversiani degli anni ’80 e dei ’90 erano, in realtà, piuttosto eleganti nella loro estetica – le protesi d’acciaio lucido e le macchine splendidamente lavorate erano un must – a Estrid Lutz piacciono invece detriti e rottami ipertecnologici, come quelli usati per le navicelle spaziali o le infrastrutture di internet.

Le opere di Estrid Lutz sono esplicitamente rotte e volatili, alla stregua di quelle degli artisti che, a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, hanno adottato, rinfrescandoli, gli atteggiamenti punk. Pensate per esempio a Steven Parrino o Banks Violette, entrambi più estremi di Lutz, a loro modo interpreti di medesimi atteggiamenti. Il loro lavoro molto ricorda quello di Estrid Lutz per intensità e amor d’adrenalina. Non sorprende perciò che, proprio come Parrino e Violette, Lutz sia stata anche una batteria, nei primi anni del punk.

[Riguardo a Steven Parrino, si veda questo dialogo tra gli artisti Francesco Joao e Sven Sachsalber. Ndr]

Installation view of Estrid Lutz’s Pipeline Mashup at Everyday Gallery, Antwerp. Courtesy the artist and Everyday Gallery, Antwerp. Photography: Silvia Cappellari, Seppe Elewaut.

Sono passati vent’anni. Lutz vive in un’epoca in cui, grazie alla tecnologia, le espressioni artistiche sono più accessibili. Si presenta come un’ascoltatrice più eclettica, molto meno legata a un genere o a una comunità musicale precisa – come l’heavy metal goth di Violette, per esempio. La playlist che abbiamo avuto il piacere di condividere ci ha portato dalla parodia gabber di Otto Von Schirach a voci vaporwave pastose e sintetiche, passando per le vibrazioni elettroniche di James Holden, o il rock sperimentale degli Xiu Xiu.

D’altra parte, Estrid Lutz incarna ciò che segue la generazione del post-internet [qui il nostro scritto sul movimento che ha caratterizzato la prima parte dello scorso decennio. Ndr]. Ha detto di essere personalmente vicina a Katja Novitskova, una delle rappresentanti di quella generazione [qui la nostra intervista con Katja Novitskova. Ndr]. Ciò che separa le due sono l’età anagrafica e l’aver vissuto l’esperienza di una pandemia indotta dall’home-confinement, dove le persone hanno finalmente distolto la loro attenzione dai simboli emergenti e dall’estetica del web ormai consolidata. Tutto questo manca nel lavoro di Estrid Lutz, che ha sicuramente fatto i conti con le “vecchie” novità della rete. Inoltre, manca anche la cultura corporativa presente in molta arte post-internet – si noti, per altro, che questa è anche una delle caratteristic del cyberpunk dei primi anni ’90.

Estrid Lutz’s glass work in progress. Courtesy of the artista and CIRVA Marseille.

Di recente Estrid Lutz è stata in residenza al CIRVA di Marsiglia, luogo di sperimentazione del vetro. Dice di aver amato l’esperienza nonostante un’iniziale, apparente incompatibilità tra il suo approccio al fare arte e un materiale prezioso e “finito” come il vetro. Lutz lavora velocemente, seguendo il proprio istinto: le è stato difficile adattarsi al lento processo di modellazione del vetro, caratterizzato da molte fasi e lunghe attese. Il futuro dirà, dato che Lutz non ha ancora espsoto alcun lavoro di quella produzione, nonostante sia stata piacevolmente sorpresa dai risultati ottenuti.

[Qui la nostra lista dei migliori fabbricanti d’arte, che include CIRVA Marseille. Ed.]

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Estrid Lutz, LASER YELLOW. Epoxy resin, honeycomb alluminium, ink, fiber glass fiber.

Sarebbe ingenuo credere che ogni artista nutra preoccupazioni specifiche. All’interno di comunità, generazioni, gruppi, le preoccupazioni tendono a essere le stesse. Tuttavia, il modo di affrontarle, la loro rappresentazione, o come si materializzano nell’opera d’arte tended a essere individuale. I temi e i desideri di Estrid Lutz potrebbero dunque appartenere anche ad altri, ma la loro formalizzazione è solo sua.

August 17, 2021