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Dive del cinema muto (italiano) in cartolina

Esme Garlake

Per le donne comuni le dive del cinema muto erano un’influenza continua, esercitata, oltre che dal cinematografo, dalle immagini fotografiche stampate su cartoline e riviste, che oggi qualcuno ha cominciato a collezionare

Le dive del cinema muto italiano sono state le prime dive moderne. Drammatiche, mitiche, iper-sensuali, spesso avvolte da un eccitante senso di pericolo, per i primi due decenni del ventesimo secolo hanno riempito della loro bellezza i cinema di tutto il paese. E ancora oggo i loro gesti sussultano e sfarfallano sullo schermo, testimoni di una forza incontrollabile che si impadroniva dei loro corpi e delle loro menti. Sebbene le dive del cinema muto fossero già cinematograficamente rilevanti, a loro è appartenuto anche un particolare significato fotografico, significato che si esprime in un’epoca in cui la cartolina (e la fotografia stessa) sono mezzi di comunicazione giovani. Del resto, come nelle immagini in movimento, le dive del cinema muto abbracciavano l’immobilità e le pause proprie anche del regno della fotografia. Lo studioso Dario Reteuna chiama “cinema di carta” questa tipica intersezione tra medium.

In realtà il termine “cinema di carta” non è semplicemente un commento intellettuale all’estetica delle dive del cinema muto; ci aiuta anche a ricordare che le cartoline fotografiche permettevano agli italiani di allora di possedere un ricordo – ossia un frammento fisico – dell’esperienza cinematografica, in tutta la sua modernità. Le cartoline fotografiche delle dive sono state prodotte in massa negli anni Dieci e Venti del secolo scorso. Sono state comprate, spedite e ricevute dalla gente comune.

Italia Almirante Manzini
Unknown photographer, Italia Almirante Manzini (1890/1941), photographic cardboard, private collection.

Se la visualità filmica ha definito le dive del cinema muto italiano sullo schermo, la fotografia lo ha fatto oltre di esso. Le cartoline di Italia Almirante Manzini, per esempio, contengono tutto il dramma e il glamour del genere cinematografico della diva: la sua espressione da cerbiatta, il grande neo (realtà o artificio), le lussuose pellicce bianche. La sua presenza è fascino e mistero. C’è qualcosa di quasi-camp nelle cartoline, in quell’ostentazione impenitente che offre un illustre precedente a icone gay come Dolly Parton o Shirley Bassey. E lo stesso fa Francesca Bertini quando tiene una pipa e lancia da sotto il cappello un languido sguardo di tralice. È certamente glamour, ma ha anche quell’aria misteriosa così tipica delle dive di allora.

Francesca Bertini
Unknown photographer, Francesca Bertini (1892/1985), photographic cardboard, private collection.

In molte delle cartoline le attrici sono allo stesso tempo ultraterrene e moderne. Pina Menichelli tende a incarnare queste due linee confondendole tra loro: in una cartolina sta con le mani nelle tasche dei pantaloni e guarda con fermezza verso lo spettatore – i pantaloni erano per una donna qualcosa di audace, persino oltraggioso. In un’altra immagine i suoi capelli ricci e l’ombretto scuro sembrano più vicini alla moda degli anni ’70 che a quella del 1910. E non è solo l’aspetto di Pina Menichelli a rendere la cifra della modernità: nell’Italia del primo Novecento, la sua vita – nella realtà e nei personaggi che interpretava sullo schermo – era rappresentativa dell’incipiente processo di liberazione femminile. Pina Menichelli era una madre single, apertamente divorziata. Interpretava sensuali personaggi femminili che fumavano, ingannavano, flirtavano ed erano ossessionati dalla propria immagine. Ogni cartolina fotografica di Pina Menichelli è un segno di questo aspetto della modernità, una modernità che poteva essere posseduta e mostrata da italiani comuni che a loro volta cercavano di far proprio – cercandone il senso – il nuovo mondo della tecnologia e della visualità. Questo anelito d’appropriazione rimane visibile nei messaggi personalizzati e nei timbri postali posti sulle cartoline, che le rendendo esemplari unici in una storia di produzione di massa.

Per le donne comuni le dive del cinema muto erano un’influenza continua sull’abbigliamento e sul comportamento quotidiano esercitata, oltre che dal cinematografo, dalle immagini fotografiche stampate su cartoline e riviste. È una dinamica che riverbera, per esempio, nell’interesse di un’influente artista contemporaneo come Olafur Eliasson, la cui pratica artistica si fonda anche sull’osservare “come la cultura di massa sia effettivamente in grado crea il mondo” [qui il link alla nostra intervista con l’artista, ndr]. Nel 1910, all’apice della carriera, Lyda Borelli era così “influente” che per descrivere come le donne italiane cercassero di vestirsi, posare e muoversi come lei cominciò a diffondersi il verbo “borelleggiare”. Come la maggior parte delle dive del cinema muto italiano, Lyda Borelli aveva iniziato come attrice in teatro. Poi, quando il cinema divenne popolare, si era spinta nel regno del film muto. Una cantante d’opera, poi attrice di teatro e di cinema come Lina Cavalieri fu a un certo punto la star più fotografata del mondo; ossia un celebrità moderna, definita e commercializzata attraverso le immagini fotografiche. In entrambi i casi è l’immagine a definire lo status divino e mitizzato del personaggio. E l’idolatria collettiva le trasforma in figure aspirazionali, ovvero in un ideale di donna che molte donne comuni aspirano ad essere.

Lydia Borelli
Unknown photographer, Lydia Borelli (1887/1959), photographic cardboard, private collection.

La natura effimera delle cartoline fotografiche fa sì che la maggior parte di queste, a un certo punto, venga gettata via, persa in qualche soffitta, oppure semplicemente dimenticata. Poi però esiste un mondo di collezionisti, ognuno con la propria nicchia e con i propri interessi specifici. Oggi le immagini si scambiano in un mondo informale, nei mercatini, o sui siti web. La maggior parte delle collezioni rimangono private. Ogni cartolina costa tra i 5 e i 10 euro, un prezzo che mal riflette il valore storico, estetico e culturale di questi oggetti. Forse un bel giorno i collezionisti usciranno dall’ombra, ma questo accadrà solo quando le cartoline verranno riconosciute per quello che in realtà sono, ovvero fonti storiche profondamente stratificate.

October 14, 2021