Stella Zhong: dimensioni plurime possibili
Stella Zhong oscilla tra idee inafferrabili, domande sconfinate e oggetti iper-definiti, per generare universi aggiuntivi
L’artista cinese Stella Zhong, che è nata nel 1993 e attualmente vive a New York, è una specie di veggente. Sculture, installazioni e visionari dipinti sembrano infatti ipotesi, spesso inquietanti, riguardo a come il mondo sarà o potrebbe essere nel futuro. In una conversazione che di recente abbiamo avuto il piacere di intrattenere con l’autrice è emerso qualcosa di indicativo riguardo al suo processo creativo: “tende a oscillare tra idee inafferrabili e domande sconfinate, forse anche fuori luogo o addirittura ridicole. Sono oggetti iper-localizzati e definiti. Da qualche parte, tra questi due poli attrattivi, cerco di approdare a un mondo possibile”, dice lei.
Cresciuta in una famiglia di musicisti, Stella Zhong è stata una bambina molto creativa. Ha iniziato dipingendo per poi studiare l’arte del vetro, negli Stati Uniti, e così imparare a esprimersi nella terza dimensione. Per spiegare certe qualità futuristiche tipiche dei suoi lavori Zhong ricorda la gioventù trascorsa a Shenzhen, nel sud della Cina. “Il paese si è sviluppato molto velocemente – ricorda. Gli edifici con le forme più audaci sono stati costruiti di corsa, quasi senza motivo; architetti e designer hanno reso il panorama quanto di più irreale si possa immaginare”. Vengono in mente i così detti “big pants”, progettati da OMA a Pechino per la sede della Televisione Centrale.
Attraverso futurismo e irrealtà il lavoro di Stella Zhong ispira un senso di disorientamento, meglio rappresentato dalla mappa iper-complessa – eppur stimolante – che ha presentato nella sua mostra del 2021 da Chapter, a New York. Il documento era disponibile nello spazio espositivo in forma di comunicato stampa. La sagoma digitale della pianta della galleria, con le posizioni presunte di ogni opera d’arte, ha preso in prestito il linguaggio delle mappe astrofisiche, dove nello stesso grafico gli scienziati usano scale diverse tra loro, che all’occhio non esperto possono sembrare incoerenti. Dice Stella Zhong a questo proposito: “Sono interessata ai campi di conoscenza altamente specializzati. Come la fisica, dove i corpi hanno senso solo se si trovano all’interno di un certo ambiente”. L’artista si riferisce alla mappe a scale multiple, appunto, o ai sistemi di informazione iper-specifici, che in genere lasciano i profani piacevolmente perplessi.
Surrealism v. Sci-Fi
Per qualcuno surrealismo e fantascienza hanno poco in comune. Come corrente storica dell’arte trasformata in termine d’uso comune, il primo si riferisce a un allontanamento dalla realtà i cui limiti sono solo quelli della nostra immaginazione. In un mondo surreale tutto è coerente, così come nei sogni più inquietanti. Al contrario, il campo del fantascientifico è spesso regolato e sistematico – la regola può essere strana, ma viene rispettata. A noi sembra che l’opera di Zhong si muova tra questi due sistemi. “Di solito non penso in termini di genere, quindi non mi allineo con l’una o l’altra parte. Vedo le mie opere come proposte per qualcosa che potrebbe accadere, oppure oggetti che si potrebbe produrre. La fantascienza è radicata nel nostro tempo attuale ma mostra cose che non possiamo ancora vedere. Dopotutto la mia estetica e le sue forme hanno un che di fantascientifico perché cerco ispirazione nella tecnologia attuale. La parte surreale è invece riservata all’essenza del mio lavoro: è l’illegalità della nostra mente privata, di cui solo una piccola parte può essere tenuta sotto controllo”.
Fatti formalizzanti
La mostra di Stella Zhong da Chapter NY si intitolava Comet without a tail e si riferiva alla recente osservazione di una cometa, per l’appunto priva della tipica coda luminosa, che ha avuto pesanti implicazioni in astronomia, mettendo a dura prova definizioni e teorie già consolidate. L’aneddoto astronomico ha offerto all’artista il pretesto per creare un’installazione immersiva. L’idea di partire da un fatto rilevante della fisica, per poi costruire una mostra, pone alcune domande. In che rapporto stanno processo e risultato? Qual è l’effettiva connessione tra un fatto scientifico e l’opera d’arte da esso ispirata? In questo caso la risposta è assai precisa: “Per esempio, nell’opera intitolata Hyperbuoyant Starch mi sono interessata alla forma specifica di una patatina. In matematica si chiama paraboloide iperbolico e teoricamente non può essere piegata a metà in modo netto. Ho perciò voluto piegare una forma non piegabile, come gesto per minare l’autorità della realtà stessa; l’amido, i cui miliardi di particelle costituiscono la patatina, mi ha portato poi a riflettere su cosa significhi davvero essere un individuo tra tanti. Attraverso oggetti concreti provo a destabilizzare lo spettatore”.
Modelli e realtà
Nel breve testo intitolato SPIT/MODELS (2020) Carlo Menon e Sophie Dars, teorici dell’architettura, oppongono tra loro la realtà e i suoi modelli. Seguendo George Bataille e Michel Leiris, i due propongono l’antitesi tra l’informe e la forma, tra la realtà liquida e le “camicia di forza” della scienza e dell’architettura. I modelli sarebbero fatti “per eseguire un concetto, […] Vengono con un’ipotesi per il futuro.” [1] Le “opere d’arte come modelli” di Stella Zhong sono e fanno anche questo: “lavorare su scale multiple rappresenta una parte consistente del mio approccio. I modelli generalmente non sono mai completamente renderizzati, ma il mio lavoro tende a essere in altissima definizione, quasi come potrebbe esserlo un rendering digitale. Osservando le mie opere qualcuno mi ha detto di aver provato la sensazione di essere immerso nel software Rhino, dove tutto è iper-preciso, e dove si può rimpicciolire alla scala di un atomo oppure ingrandire a quella dell’universo”. Realtà informe e modelli eleganti sembrano capovolgersi nel primo video di Stella Zhong, Pond in Pond (2018), dove la replica di uno skyline urbano formato da solidi di carta è collide una superficie d’acqua perfettamente piatta. L’acqua vera e propria si presenta come un’allegoria di una realtà informe, mentre il modello della città che su di essa si affaccia è aspro e irregolare. Riguardo a Pond in Pond l’artista aggiunge: “il video è girato sott’acqua e capovolto. Ero interessata allo spazio che c’è sotto la realtà”.
Dipingere per fissare i ricordi
Come molti studenti di pittura prima di lei, durante gli anni del college anche Stella Zhong ha ripudiato questo medium. Ci ha detto di averlo ripreso solo di recente, durante la pandemia, per poter continuare a pensare ai suoi mondi possibili anche se era priva di uno studio dove costruire e scolpire. Lumi Tan ha scritto che Stella Zhong intende i dipinti come “strumenti per fissare i ricordi”, che è spesso anche il modo in cui si definisce un schizzo. La pittura figurativa è però un modo piuttosto inefficiente di fare schizzi: è lenta, impegnativa, e richiede concentrazione. Nella pittura di Zhong ci deve perciò essere qualcosa d’altro. “Quando ero a casa, durante la pandemia, immaginavo molte situazioni che volevo in qualche modo rendere reali. Mi trovavo a dipingere ciò che volevo creare, ossia una specie di modello, concretizzando i miei pensieri, trasformando la non-realtà in realtà”. La pittura di Stella Zhong colpisce per la sua capacità di suggerire la stessa atmosfera che hanno le sue installazioni, sia attraverso la nuda rappresentazione di entità immaginarie rese reali sulla tela, sia quando assume forma estroflessa, attraverso elementi scultorei aggiunti. Proprio come una scultura o un’installazione, un dipinto di Stella Zhong è un piccolo universo addizionale, che si affianca a quello attuale. Un po’ come avviene nei racconti di Ben Marcus, altro creatore di mondi convinto che le sue storie siano “studi che potrebbero servire a chiarire i termini oscurati all’interno di ogni aspetto del programma di vita.” [2] La filosofia di Zhong risuona anche qui.
[1] https://www.ribrib.nl/downloads/issue2-modeling-nothingness.pdf
[2] Ben Marcus, “The Age of Wire and Strings”, Granta, 2013, p. 14
June 28, 2022