loading...

Justin Chance, ovvero come creare un’immagine da un filo di cotone

Samantha Ozer

Justin Chance utilizza una struttura materiale di diffusione per parlare di questioni più ampie, tra reti politiche e potere del linguaggio

Justin Chance ama le regole. Da artista che è anche scrittore lavora con molti mezzi – tra l’altro scultura, disegno, stampa, cartapesta. Tuttavia, negli ultimi otto anni ha dedicato la maggior parte della sua pratica al quilting (trapuntare), esplorando i limiti della macchina da cucire attraverso un piano di immagini. Tecnicamente, per essere considerata un quilt e non un semplice tessuto, una coperta, o anche una stoffa dipinta, deve avere uno strato posteriore, uno intermedio e uno superiore, con un “punto” che li attraversa tutti e tre. All’interno di questi confini c’è una distesa pressoché inesplorata di tempo e storia, e c’è un linguaggio materiale e ontologico in cui estendere il proprio sistema di regole. Lavorando con abilità, artigianato e tecnica al di là dell’oggetto-merce, Justin Chance ha ideato un sistema personale di quilt-making e riorientato il modo in cui si esegue un quilt. In pratica, l’artista rende trasparente lo strato superiore, spesso di seta, per avvolgere lo strato centrale. Il pacchetto è sostenuto da una base che poi fa capolino dai bordi. La parte superiore oscura l’azione e allunga il campo visivo, per cui è necessario passare attraverso l’epidermide dell’immagine per accedere alla carne e vederne lo scheletro. Justin Chance espone le reti interne al quilting, spesso invisibili. Queste sono sia un fatto tecnico, sia il segnale di una più ampia comprensione dell’intersoggettività sociale e degli slittamenti che si verificano nei luoghi più indefiniti. All’interno della sfocatura formale, i momenti di illeggibilità e di cattiva comunicazione sono quelli in cui il lavoro di Chance è più potente.

Justin Chance
Justin Chance, History, 2021-2022. Quilted wet and needle felted wool, cotton, silk, dye, dye marker 48 × 75 in / 121,9 × 190,5 cm. Courtesy of the artist and Downs&Ross, New York.

Spider (2018-2021) – esposto nell’ambito di un personale intitolata Low-Life (2021), da Smart Objects a Los Angeles -, è una linea bianca che si sviluppa a spirale su uno sfondo nero, con una ragnatela di venature strutturate che al sua volta si dirama dal centro. Se da un lato la ragnatela è un espediente progettuale per catturare lo spettatore, dall’altro è anche una metafora delle strutture sociali di intrappolamento, in base a condizioni di razza, classe, autonomia, mezzi, vicinanza e accesso al potere. Come suggerisce il titolo, e come segnala l’opera, il pezzo è una ragnatela, ossia una trapunta avvolta nella seta, proprio come le proteine della seta di una ragnatela. La trasparenza della seta agisce per gli spettatori umani come la ragnatela agisce per gli insetti, attirando qualcuno e costringendolo al suo posto. Per molti insetti le ragnatele sono invisibili. Sono quindi legati da una rete che non possono vedere. La bioingegneria della ragnatela è un fenomeno progettato per trattenere e persino paralizzare. Nel caso dell’opera di Justin Chance, quando ci si rende conto che la spirale è una ragnatela, è ormai troppo tardi; si è già legati, intrappolati nella seta e trascinati negli strati centrali di lana e cotone.

justin chance
Justin Chance, Spider, 2018–2021 Quilted wet and needle felted wool, silk, cotton, gold tea, marker 71 x 57 in.

Oggi la ricerca di Justin Chance alligna nella città dove l’artista è nato, New York. La storia inizia con una lezione di quilting nel corso di un BA in Visual & Critical Studies e di un BFA presso la School of the Art Institute of Chicago. La pedagogia del quilting è laboriosa, ma anche poetica e intuitiva. Con la tecnica dell’infeltrimento a umido, il sarto agita le fibre attraverso il rotolamento e la spellatura, scuotendo la lanolina (cera naturale della lana) per legare le fibre mentre si espandono e si restringono. Le fibre si legano l’una all’altra grazie al movimento e al calore, senza colla o adesivo. Con il processo di infeltrimento ad ago, il sarto infilza le fibre con un ago da cucito e aggiunge sempre più pezzi di feltro. Justin Chance impiegando entrambi i metodi. Poi tinge le sue fibre, in un processo metodico che si basa su un linguaggio le cui sfumature dipendono da come le fibre ricevono e si adattano ai vari pigmenti. Attraverso un processo di attrito, le fibre incrociano i pigmenti e si depositano in forme diverse. Justin Chance utilizza questa struttura materiale di diffusione per parlare di questioni più ampie, che sono le reti politiche e quelle relative al potere del linguaggio.

Justin Chance, Hamlet, 2021-2022, detail. Quilted wet and needle felted wool, cotton, silk, dye 48 × 60 in / 121,9 × 152,4 cm. Courtesy of the artist and Downs&Ross, New York.

La prevalenza dell’inglese, la lingua più parlata al mondo, è in gran parte dovuta al colonialismo e all’imperialismo dell’Impero britannico, una piccola nazione insulare le cui reti hanno trasformato la comunicazione globale. Tra le molte eredità del dominio coloniale britannico c’è l’esistenza del Commonwealth delle Nazioni, un’associazione politica di 54 Stati membri, quasi tutti ex territori dell’Impero britannico. Nella mostra del 2021 da Smart Objects è stata presentata l’opera Commonwealth (2020/2021-ongoing), ossia una serie di farfalle disegnate che, nella loro materialità delicata e leggera, hanno il peso simbolico di rappresentare le nazioni del Commonwealth. In una recente intervista, parlando dell’America, l’artista cileno Alfredo Jaar ha ribadito una preoccupazione costante nel suo lavoro: “Il linguaggio non è innocente. Il linguaggio rappresenta una realtà geopolitica” (1). Il linguaggio ha il potere di dominare, di spostare un’ideologia e di controllare una narrazione.

justin chance
Justine Chance, Commonwealth, 2020 – ongoing. Installation of woven crayon and pastel on paper, UV varnish. Featured in exhibition: Low-Life @ Smart Objects, Los Angeles CA.

In una recente telefonata con Justin Chance, abbiamo parlato della narrazione delle farfalle, e del loro carattere. La loro storia è di fatto una metamorfosi da bozzolo a farfalla, dal contenimento al volo. Tuttavia, si parla poco di ciò che accade dopo la trasformazione finale. Che ne è delle farfalle che incontrano una ragnatela? Qual è la trama secondaria? Nel contesto del Commonwealth e delle ex colonie, molte delle quali sono anche piccole nazioni insulari, poco ci si interroga riguardo a cosa è successo dopo l’indipendenza dal dominio coloniale. Cos’è stato, e continua a essere, il processo di decolonizzazione? Se la farfalla è un simbolo di nuovi inizi e di migrazione, quali sono le vie e i metodi di comunicazione che possono aiutare a comprendere lo sfumato arco dell’impero?

Justin Chance
Justin Chance, Vista, 2021-2022. Quilted wet and needle felted wool, cotton, silk, dye 43 × 75 in / 109,2 × 190,5 cm. Courtesy of the artist and Downs&Ross, New York.

Come scrittore Justin Chance è perfettamente consapevole delle potenzialità e delle carenze del linguaggio. È pronto a notare che se un’idea è meglio espressa per iscritto allora lui la scriverà. Ma per quei pensieri che non possono essere espressi a parole l’arte è il posto migliore. Mentre le parole hanno spesso un peso autoritario, o per lo meno una direttiva, l’immagine offre più punti di ingresso e di fuga. Nel testo della mostra Long Distance (2018), da Smart Objects, l’artista lega il linguaggio alla terra, invocando una lettura ecologica delle eredità della comunicazione coloniale. Scrive:

Esplorare la distanza, il modo in cui la lingua inglese ha fatto…. quando si è sporta dalla sua minuscola posizione di isola seduta attraverso il mondo. È stato un tale sforzo, infatti, questo allungarsi, che ha sudato nell’Atlantico, nel Pacifico, nell’Indiano e infine nell’Artico (annaffiando le alghe, che i pesci hanno mangiato, che sono state mangiate da pesci più grandi, che sono stati poi mangiati dalle persone, che sono state poi mangiate dalla terra, che è stata poi mangiata dal mare e così via…).

Esplorare la distanza come hanno fatto i neri e le persone di colore —- quando sono stati presi in prestito dalle loro case e dai rispettivi continenti per fare il loro giardino altrove. Esplorare la distanza, nel modo in cui la lingua inglese ha esplorato la distanza su questi neri e marroni: nelle loro sinapsi, sulle loro lingue, attraverso i minuscoli spazi tra i loro piccoli denti e quelli dei loro figli…

Justin Chance, Hamlet, 2021-2022. Quilted wet and needle felted wool, cotton, silk, dye 48 × 60 in / 121,9 × 152,4 cm. Courtesy of the artist and Downs&Ross, New York.

Su grandi distanze, l’inglese ha operato come struttura guida per mettere in atto la violenza contro le persone e la terra. La ricerca di Justin Chance sull’intersezione tra lingua e ambiente è esplorata in modo più esplicito attraverso il lavoro dedicato a The Collaborative Centre for Storm Space and Seismic Research, un centro editoriale e di ricerca no-profit che ha co-fondato con Hunter Foster nel 2018. Il principale prodotto del progetto è un calendario annuale incentrato su specifici temi ecologici. Sebbene il progetto sia attualmente sospeso, i primi tre numeri dei calendari, “2019”, “Doomsday” e “Beast”, hanno messo in mostra progetti artistici e date che indicano momenti ed eventi legati all’animale, alla morte e a questioni scientifiche e di inter-specie. Qui, la parola e l’immagine sono interconnesse con questioni relative alla terra. Mentre la parola è controllo, ci sono sempre slittamenti, vuoti e ostruzioni: questo è lo spazio in cui Justin Chance si inserisce.


(1) Andrew Zuckerman, “Alfredo Jaar on Bringing Reality Into Focus,” Time Sensitive, April 2022.

June 20, 2022