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Quattro artisti a June 2022

CFA (da Basel)

Ecco cosa abbiamo visto alla June Art Fair, la fiera più giovane e promettente della settimana di Art Basel

A duecento metri dalla Messeplatz, lontano da auto sportive, blazer e servizi VIP per l’1% del mondo dell’arte – e certamente meno dell’1% del mondo intero – si trova la June Art Fair, la più giovane (e libera) delle tre fiere che alimentano quell’epifania del mercato dell’arte che accade nella settimana di Art Basel. June è uno spazio informale e per questo poco riflette il tipo di arte esposta, che invece è senz’altro ambiziosa, come la selezione di gallerie che qui si sono ritrovate. L’edizione 2022 si svolge nello stesso luogo che nel 2019 ha accolto la prima. Si tratta di un bunker sotterraneo, buono per aspettare l’apocalisse, ossia uno spazio funzionale, ma con un design tagliente, opera di due dei più acclamati architetti viventi, Herzog & de Meuron. L’esperienza di scendere una traballante scala a chiocciola per accedere a una caverna di cemento piena di opere d’arte va a braccetto con la bucolica bellezza del giardino selvaggio che si trova al pian terreno, dove la cena di apertura – offerta da un’organizzazione impegnata nel sociale – sembra più un picnic estivo che il parterre di una fiera d’arte. Dal design grafico alla selezione delle gallerie, June conferma di essere la nicchia di una nicchia. Ecco i suoi punti salienti.

Yannic Joray (Sentiment)

Nello spazio di Sentiment, organizzazione non profit fondata nel 2020 a Zurigo da Olga Generalova e Philémon Otth, le tre sculture che l’artista svizzero Yannic Joray (1988) presenta ci invitano a riflettere su una tematica piuttosto attuale e, soprattutto, straordinariamente importante. Per parlare di propaganda e informazione l’artista ha riprodotto in scala le prime antenne di Radio Free Europe / Radio Liberty, la cui vicenda è poi approfondita dal testo che accompagna la presentazione. Alle antenne Joray ha affiancato una coppia di denti molari che rievocano una delle tante vicende oscure connesse alla guerra fredda. Qualcuno pensava di poter controllare gli individui inserendo dei micro ripetitori nei loro denti, magari a loro insaputa.

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Yannic Joray at Sentiment. Photo credits: Julien Gremaud. Courtesy of the artist and Sentiment

J. Parker Valentine (Misako & Rosen)

Dell’americano J. Parker Valentine (nato nel 1980) Misako & Rosen (Tokyo) ha portato alla June Art Fair un solo monumentale dipinto. L’opera occupava gran parte della parete laterale sinistra dello spazio principale della fiera. Il lavoro esemplifica perfettamente la pratica di Valentine e il suo rapporto con il disegno. I segni sono rapidi e insolitamente dispersi. L’associazione con il free jazz è immediata, in un’improvvisazione in cui forme e momenti di senso più chiaro, persino figurativo, spuntano tra tentativi pittorici più remoti: nella pittura di Valentine l’errore e controllo contano allo stesso modo.

Misako & Rosen at June Art Fair 2022, with a painting by J. Parker Valentine. Photo: Flavio Karrer.

Hilaire Mais (Sydney)

Hilaire Mais, di origine britannica, è poco conosciuta al di fuori del suo paese d’adozione, l’Australia, dove cinque anni fa una retrospettiva al Museum of Contemporary Art di Sydney l’ha celebrata con la presentazione di 20 opere scelte, eseguite durate un decennio. Conor O’Shea, fondatore di Sydney, galleria e project space, ha scelto di presentare a June una scultura del 2002, ossia due cubi lignei giustapposti che testimoniano il lungo rapporto dell’artista con la griglia. Discostandosi dalla tradizione astratta e minimale, le opere di Mais sono notevoli per l’intrigante combinazione di colori e il sofisticato uso delle viti. La presentazione di Sydney alla June Art Fair ha anche incluso una scultura del duo formato da Lewis Fidock & Joshua Petherick. La loro opera è entrata fruttuosamente in dialogo con quelle di Mais e con il grande dipinto di Valentine di Misako & Rosen di cui abbiamo detto sopra; nessun’altra parte della fiera potrebbe meglio descrivere quanto June sia stata intesa per essere una mostra orchestrata, lontana dalla logica degli stand.

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Hilaire Mais, Night Variations, 2002 Wood, oil paint. Courtesy of Sydney and the artist.

Rebecca Allen ad Arcade

Rebecca Allen è una pioniera della videoarte digitale. Fin dagli anni Settanta ha lavorato con la CGI, con la realtà virtuale e con l’intelligenza artificiale, esplorando territori tecnologici ancora vergini per il mondo delle arti visive, ma senza perciò aver ricevuto il meritato riconoscimento. Alla June Art Fair, la galleria Arcade presenta alcune delle sue prime opere video. Tra queste, Steady State, del 1989, uno studio sui movimenti del corpo reso attraverso il dialogo tra persone reali e forme virtuali. Interamente generato al computer, Creation Myth (1985) è stato commissionato per l’inaugurazione del Palladium, l’enorme nightclub newyorkese frequentato da artisti come Francesco Clemente, Jean-Michel Basquiat, Keith Haring, Kenny Scharf, Laurie Anderson e Arata Isozaki. Il video descrive la nascita di un nuovo ambiente frattale, che si trasforma in un albero che balla al ritmo della discomusic di Carter Burwell.

Arcade at June Art Fair 2022, with videos by Rebecca Allen. Photo: Flavio Karrer.

October 6, 2022