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Pittore umbro marchigiano, quasi Rinaldo di Ranuccio

Angelo Tartuferi

Il dibattito sull’attribuzione di questo raffinato crocefisso proto trecentesco rimane aperto, nell’area di Rinaldo Ranuccio

Questo interessante Crocifisso dipinto di medie dimensioni, arrivato fino ai giorni nostri in condizioni più che soddisfacenti, presenta una tipologia morfologica piuttosto regolare, analoga alle croci dipinte a cavallo dell’anno 1300, che contrasta visibilmente con il timbro stilistico complessivo che appare invece saldamente ancorato ai modelli visivi duecenteschi. La costruzione del supporto s’individua bene da tergo, e consiste nell’asse centrale verticale cui si collegano due notevoli porzioni a squadra, che rispettivamente danno vita nel contempo ai bracci laterali della croce e ai margini laterali del tabellone centrale. La tenuta dell’insieme è favorita, oltre che da presumibili cavicchi interni e dall’incollaggio, da una singolare traversa originale costituita da una bacchetta stondata, lunga fino all’estremità dei bracci laterali, fissata da due grossi chiodi. Sulla fronte il Crocifisso era dipinto su fondo argento, mentre la croce era di colore blu. Anche il disco dell’aureola, costituito da una tavola rilevata dal supporto di base, secondo il tipo duecentesco, presenta la particolarità di essere crucisegnato mediante due stesure di foglia d’oro, in corrispondenza di due incavi piuttosto profondi, che recano al centro un motivo circolare raggiato. Quest’ultimo è ottenuto con un semplice bulino, con il quale è stata condotta anche la decorazione marginale di queste parti dorate, anch’essa di gusto assai popolare.

Painted cross, c. 1295, tempera, gold and silver on panel, 160 x 119 cm. Inscriptions: “I-N-R-I,” in the upper table. Courtesy of galleria Enrico Frascione, Florence.

La definizione critica dell’opera è stata approfondita soltanto in anni recenti, dopo l’iniziale pubblicazione da parte di Roberto Longhi (1966) che la riferì al pittore spoletino Rinaldo (o Rainaldetto) di Ranuccio (1), formatosi verosimilmente a contatto con l’altra bottega locale di Simeone e Machilone. Il riferimento diretto al pittore spoletino fu registrato senza alcun commento dal Marques (1987), ma fu respinto da chi scrive (Tartuferi 2015) nel catalogo della mostra fiorentina su L’arte di Francesco svoltasi alla Galleria dell’Accademia, nel corso della quale il dipinto fu proposto per la prima volta in sede pubblica e inserito finalmente nel circuito degli studi. In quell’occasione ritenni di sottolineare il fatto che l’ignoto artista sembrerebbe richiamarsi soprattutto ai modelli di Rinaldo di Ranuccio, ma anche ai caratteri formali riscontrabili nel Crocifisso firmato e datato 1258 da Simeone e Machilone della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma, un tempo in collezione Bastianelli a Roma (2), specialmente per quanto riguarda il modo di restituire gli accenti espressivi. Tuttavia, nello stesso tempo, rimarcavo anche il timbro più “moderno” di alcune parti, in particolare le figure slanciate dei dolenti nel tabellone centrale, caratterizzate da un disegno sottile e raffinato, e soprattutto le vivacissime figure di san Francesco e santa Chiara dipinte nei terminali laterali – ancora oggi un unicum iconografico che attesta in maniera inequivocabile la destinazione originale francescana dell’opera -, di gusto proto-trecentesco. 

Non meno raro si rivela il dettaglio dei bracci della croce che giungono ad occupare metà delle tabelle laterali, confinando le due figurette francescane ai margini estremi del supporto. In effetti, come già accennato in principio, uno degli aspetti più intriganti del dipinto sembrerebbe consistere nel contrasto palese fra l’indubbio radicamento culturale all’interno nella tradizione figurativa duecentesca, nell’ambito di un contesto figurativo di timbro popolare, e alcune consistenti aperture, sia dal punto di vista della tipologia morfologica, sia soprattutto sul piano stilistico, verso un linguaggio che poco sopra abbiamo etichettato come prototrecentesco.

Le mie argomentazioni sono state in buona parte condivise da Alessandro Delpriori (2016), che ha ribadito come per tutto il XIII secolo e anche oltre l’antico Ducato di Spoleto e le Marche condividessero non soltanto la maniera pittorica ma anche gli artisti, attivi su entrambi i versanti. Pur respingendo l’attribuzione a Rinaldo di Ranuccio, il riferimento di fondo alla pittura umbra e segnatamente all’ambito spoletino resta valido, come paiono indicare alcuni dettagli quali il perizoma rosato, che si attorciglia sulla vita, il modo di allungare le gambe, la postura dei piedi, che si ritrovano simili nel Crocifisso dipinto dello stesso Rinaldo di Ranuccio nella Pinacoteca di Fabriano. Il riferimento a un pittore umbro del XIII secolo è registrato anche dalla scheda N. 1076 della Fondazione Zeri. 

Proprio partendo da questo contesto, non risulta convincente – perché non verificabile concretamente secondo noi su base stilistica –  il riflesso diretto indicato nel nostro Crocifisso da Alessandro Delpriori (2016, p.122) delle figure degli apostoli della Cappella di San Nicola nella basilica inferiore di San Francesco in Assisi, la cui decorazione di Giotto e aiuti è oggi datata generalmente nell’ultimo scorcio del Duecento (3). Riesaminando in questa occasione la nostra Croce, mi sono maggiormente convinto della sua matrice culturale affatto duecentesca, sebbene continui a ritenerla databile nell’ultimo scorcio del secolo, intorno al 1295. Il dipinto è da apprezzare secondo noi soprattutto per la freschezza ingenua del linguaggio, che traspare anche da alcuni dettagli incantevoli, quali ad esempio i laccetti dei sandali di san Francesco, oppure i rivoli filiformi del sangue che si diramano dai grossi fori dei chiodi nei piedi di Gesù. Un linguaggio che avrà parlato alla schiera non troppo numerosa dei fedeli di un piccolo centro fra Umbria e Marche, estraneo probabilmente, al pari del pittore che ne fu autore, alla parlata colta e straordinariamente innovativa degli affreschi di quella che allora era diventata la chiesa più importante della Cristianità – la basilica sanfrancescana di Assisi, per l’appunto – con la cui vasta decorazione ad affresco non sembrano sussistere evidenti punti di contatto. E personalmente non riesco a individuare nelle figure dei dolenti neppure un remoto rimando a qualsivoglia spunto “spazioso” proveniente dal cantiere di Assisi.

Esemplare pittorico d’indubbio interesse e rarità iconografica, la croce – in origine issata su una trave, sopra un altare o appesa nell’abside di una chiesa non troppo grande tra Umbria e Marche – è inoltre un importante documento di fede, fondato sulla straordinaria valenza popolare del messaggio francescano. Essa fu concepita per trasmettere ai fedeli di sette secoli fa, in maniera didatticamente immediata, il rapporto particolarissimo di san Francesco con il Crocifisso.


(1) Sul pittore e la bibliografia relativa si veda M.C. Rossi, Rainaldo (Rinaldo) di Ranuccio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 86, Roma 2016.

(2) Cfr. D. Ferrara, in Iacopone da Todi e l’arte in Umbria nel Duecento, catalogo della mostra (Todi, Palazzi Comunali, Museo Pinacoteca, 2 dicembre 2006 – 2 maggio 2007) a cura di F. Bisogni e E. Menestò, Ginevra-Milano 2006, pp. 160-161; C. Ranucci, Machilone, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 67, Roma 2006.(3) Cfr. S. Romano, Le botteghe di Giotto. Qualche novità sulla Cappella di san Nicola nella Basilica inferiore di Assisi, in Medioevo: le officine, atti del convegno (Parma, 22-27 settembre 2009) a cura di A.C. Quintavalle, Milano 2010, pp. 584-596.

Bibliografia: R. Longhi, Schede di pittura: una croce spoletina; contributo a Cimabue; Ghirlandaio, «Il Vasari», XXIV, 10, 1966, pp. 20-23; L.C. Marques, La peinture du Duecento en Italie centrale, Paris 1987, p. 69; A. Tartuferi, in L’arte di Francesco. Capolavori d’arte italiana e terre d’Asia dal XIII al XV secolo, catalogo della mostra (Firenze, Galleria dell’Accademia, 31 marzo – 11 ottobre 2015) a cura di A. Tartuferi e F. D’Arelli, Firenze 2015, pp. 192-193; A. Delpriori, La scuola di Spoleto. Immagini dipinte e scolpite nel Trecento tra Valle Umbra e Valnerina, Perugia 2015, pp. 70-71; A. Delpriori, in Francesco e la croce dipinta, catalogo della mostra (Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria, 30 ottobre 2016 – 29 gennaio 2017) a cura di M. Pierini, Cinisello Balsamo, Milano 2016, pp. 120-124.


Già direttore del Dipartimento della pittura dal Duecento al Quattrocento degli Uffizi e delle Galleria dell’Accademia di Firenze, Angelo Tartuferi è esperto di pittura italiana medievale. Attualmente dirige il Museo di San Marco di Firenze.

Il crocefisso in questione sarà presentato dalla galleria Enrico Frascione all’edizione 2022 della Biennale di Antiquariato di Firenze.

June 30, 2022