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Kate Mosher Hall: limbo percettivo e moiré-noir

Leila Peacock

Una riflessione sulle tele non puramente dipinte (ma non solo stampate) dell’artista losangelina Kate Mosher Hall

Due secoli fa un certo J.H. Brown scrisse un trattato sugli effetti ottici delle cosiddette afterimages (immagini persistenti) intitolato “Spectropia; or Surprising Spectral Illusions Showing Ghosts Everywhere” (Spettropia; o sorprendenti illusioni spettrali che mostrano fantasmi dappertutto). Lo studioso offriva una dettagliata spiegazione anatomica dell’occhio per sfatare il mito che questo effetto fosse una prova dell’esistenza dei fantasmi. Ma vedere è credere. E c’è un divario tra la spiegazione scientifica di un effetto e la sua esperienza diretta, sopratutto quando in questa si annida qualcosa di ineffabile.

Sentire l’artista losangelina Kate Mosher Hall che spiega come crea le proprie opere non può preparare all’effetto che si prova vedendole. Sono opere che giocano brutti scherzi al cervello. Le loro parti si rivelano a seconda della nostra vicinanza ad esse. Hanno le qualità ipnotiche dell’Optical Art, soprattutto se lette attraverso la grana di una telecamera a circuito chiuso. Sono costruite aggiungendo strati successivi di pigmento dipinto a mano poi serigrafato, che il più delle volte si traducono in tele di un’oscurità spessa e sapientemente ordita. In questo processo visuale è importante lasciare che gli elementi “giochino” [1], come dice l’artista, manipolando o limitando il caso. Tra il controllo del pennello e la gloriosa casualità della stampa si genera un nuovo tipo di superficie.

Kate Mosher Hall
Kate Mosher Hall, “3,000 lbs”, 2022. Acrylic on canvas, 84 x 82 inches (213.4 x 208.3 cm). Images courtesy of the artist and Hannah Hoffman, Los Angeles. Photography by Paul Salveson
Kate Mosher Hall
Kate Mosher Hall, “3,000 lbs” (detail), 2022. Acrylic on canvas, 84 x 82 inches (213.4 x 208.3 cm). Images courtesy of the artist and Hannah Hoffman, Los Angeles. Photography by Paul Salveson

Da adolescente Kate Mosher Hall è una musicista punk ed è attraverso la scena punk che trova la via che la porta alla serigrafia. Il suo approccio al mezzo deve molto all’estetica fai-da-te, disordinata, radicale e umoristicamente irriverente del punk. Così Kate Mosher Hall trasforma l’appropriazione in un atto ri-creativo che produce opere non solo stampate, ma nemmeno puramente dipinte. Sconvolgere il negativo e il positivo del processo di stampa per creare doppi negativi. Non si vede bene ciò che non c’è. É gioco di incognite conosciute e sconosciuti enigmi. I paradossi che si creano sono quasi miltoniani, quando nel Paradiso perduto il poeta parla di “nessuna luce, ma piuttosto oscurità visibile”, o di ciò che è “oscuro con eccessiva luminosità”. Le immagini creano un limbo percettivo in cui gli occhi sono alle prese con figure spettrali che sbucano da dietro le tende, danzano nell’ombra, eludono i riflettori, si confondono appena al di là della nostra portata. La risoluzione diventa dissoluzione, il collage diventa ostruzione.

Kate Mosher Hall
Kate Mosher Hall, “Curtain 5”, 2019. Acrylic on canvas, 72 x 49 inches (182.9 x 124.5 cm). Images courtesy of the artist and Hannah Hoffman, Los Angeles

I fatti della vita formano un artista; sone le cose che attenuano e affinano il modo in cui vede il mondo e quindi caratterizzano la sua particolare visione. Kate Mosher Hall ha, come lei stessa dice, una storia personale “d’impatto”. Diciotto anni fa, mentre assiste a un concerto punk, scoppia una sparatoria nelle sue vicinanze. Un proiettile vagante la colpisce, perforandole la nuca, dietro l’orecchio, e uscendo dalla bocca. Di recente l’artista ha scritto un dettagliato resoconto di questo sfortunato, eppur fortunato, episodio [2], e di solito ne parla apertamente. Ma a interessarla non è il lato drammatico. Le interessa piuttosto il modo in cui quel che è accaduto per volere del caso ha causato un cambiamento tettonico nel suo rapporto con l’atto stesso di vedere. Passando attraverso il velo e tornando indietro, dice Kate Mosher Hall: “da quel momento in poi ho preso coscienza dell’atto di guardare o di essere guardati, di come guardiamo attraverso le cose; questo mi ha portato a interessarmi a ciò che in un dipinto si può o non si può vedere”.

Kate Mosher Hall
Kate Mosher Hall, “The Feeling of Being Looked At,” 2020. Acrylic on canvas, 60 x 72 inches (152.4 x 182.9 cm). Images courtesy of the artist and Hannah Hoffman, Los Angeles

L’artista cerca di “attivare lo spettatore nello spazio”. C’è un tentativo deliberato di orchestrare, come dice, un “ritardo con cui l’immagine ci colpisce” mentre cerchiamo di capire cosa stiamo guardando. La maglia della serigrafia diventa una strategia di occultamento e offuscamento; il nostro desiderio di percepire le forme è controbilanciato dalla difficoltà di leggerle; dobbiamo invece concepirle da soli. I dipinti di Kate Mosher Hall ritraggono spesso personaggi misteriosi che danzano in un’atmosfera cupa e moiré, da danza macabra o preistoria dell’animazione. Nel corso degli anni Kate Mosher Hall ha sviluppa diversi motivi di offuscamento; tende strappate come peep show percettivi diventano palcoscenici illuminati da potenti riflettori, simboli a loro volta di un’illuminazione negata.

Kate Mosher Hall, Frieze NY. May 18 – 22, 2022. Hannah Hoffman Gallery, Booth. Work on the left: “Luck”, 2022. Acrylic and charcoal on canvas. Dimensions: 84 x 82 inches (213.4 x 208.3 cm); work on the right: “3,000 lbs”, 2022. Acrylic on canvas. Dimensions: 84 x 82 inches (213.4 x 208.3 cm). Image courtesy of the artist and Hannah Hoffman, Los Angeles. Photography by Isabel Asha Penzlien

La poesia di Rachelle Sawatsky che accompagna le opere di Kate Mosher Hall esposte nell’edizione edizione 2022 di Frieze NY contiene un verso che dice: “Mi piace che mi si menta sulla meccanica delle illusioni ottiche”. E infatti, Mosher Hall fa un uso espressivo di effetti ottici che sfidano intenzionalmente la loro stessa digitalizzazione, resistendo alla compressione. Molti dei suoi ultimi lavori utilizzano i motivi moiré, che sono poi l’inconveniente che si verifica quando due motivi strutturati vengono sovrapposti, ma leggermente ruotati per creare un’interferenza visiva sullo schermo. Se cercherete le opere di Mosher Hall online sappiate che il vostro schermo farà fatica a decifrarle.

Kate Mosher Hall
Kate Mosher Hall, “Letting the light in”, 2021. Acrylic on canvas, 56 x 60 inches (142.2 x 152.4 cm). Images courtesy of the artist and Hannah Hoffman, Los Angeles
Kate Mosher Hall
Kate Mosher Hall, “Letting the light in” (detail), 2021. Acrylic on canvas, 56 x 60 inches (142.2 x 152.4 cm). Images courtesy of the artist and Hannah Hoffman, Los Angeles

Spesso Kate Mosher evoca l’atmosfera inquietante dei noir californiani, ma la vittima dell’omicidio è di fatto una JPEG “rasterizzata”, gonfiata ben oltre i limiti della chiarezza. Noi siamo il detective confuso, lasciato a setacciare le immagini smembrate alla ricerca della forma del crimine. Una delle regole della narrativa poliziesca classica prevede che il soprannaturale non abbia alcun ruolo nella trama. Ma cos’è il soprannaturale se non la nostra tendenza a sovrapporre il fantasmagorico alla realtà – a vedere i fantasmi nelle immagini successive – compensando il fatto che la semplice spiegazione non è mai sufficiente? Kate Mosher Hall intende creare opere che “flirtano con la realtà, ma sono radicate in qualcosa che non è reale”. Come una sorta di guadagno insperato ottenuto nel mondo reale, queste tele soddisfano la definizione di “uncanny”, ossia di ciò che è stranamente familiare e allo stesso tempo ambiguo e inquietante. Le immagini mediate diventano medium dello spirito. Tra il pensiero e l’atto cade l’ombra.


[1] Tutte le citazioni attribuite all’artista sono tratte da una conversazione del gennaio 2023.

[2] https://flash-art.com/article/kate-mosher-hall-letter-from-the-city/

March 24, 2023