loading...

Doris Guo: tracce di persone, luoghi e politiche

Victoria Durnak

Dal rapporto tra madre e figlia alla cultura sino americana, che Doris Guo risolve con la grazia del concetto

Quando si è bambini i genitori sono qualcosa che si da per scontato; ci sono, punto e basta. Rappresentano qualcuno da ammirare, a volte, oppure da biasimare. Ma crescendo potreste iniziare a vedere i vostri genitori come persone qualsiasi, con tutti i limiti e le insicurezze delle persone comuni. Il rapporto tra genitori e figli è comunque complesso; gli eventi raccontati da diversi punti di vista tendono a non corrispondere, o perfino a divergere.

doris guo
Doris Guo, Without Title works, 2022, at VI, VII, Oslo in the show “X Years”. Courtesy of VI, VII, Oslo and the artist. Photography: Christian Tunge

Questa dissonanza emotiva sta alla base base del progetto (senza titolo) che Doris Guo ha sviluppato usando le opere d’arte della madre. L’artista – nata negli Stati uniti, ma attualmente basata a Oslo – lo considera un lavoro ancora in corso d’opera, anche se in parte si è svolto nella casa di famiglia di Seattle, dove madre e figlia hanno osservato e curato l’opera. Il progetto esiste dunque anche come opera inedita, esposta nel circuito dell’arte contemporanea, come nella caso della personale intitolata Shanghai San Francisco Richmond Seattle New York Oslo (TRACE), che si è tenuta da Veronica, a Seattle, all’inizio di quest’anno [link]. Qui Doris Guo ha affiancato i dipinti della madre a stampe a getto d’inchiostro di fotografie stenopeiche scattate nello studio della madre stessa. Le opere sono intitolate a coppie, come A Corner of Shanghai (2022 & 1983). La scelta della tecnica fotografica sottolinea come la ricezione del genitore da parte del bambino sia inevitabilmente limitata – inizialmente come una presentazione del mondo adeguata all’età, ma poi spesso riproposta in età adulta, fusa nelle dinamiche della relazione. Un genitore non può mai far entrare veramente il figlio nel suo mondo. Una relazione non può mai essere vista in modo chiaro; coesisteranno sempre diverse verità.

Doris Guo, “Shanghai San Francisco Richmond Seattle New York Oslo (TRACE)”, Veronica, 2022, installation view. Courtesy of the artist. Photo: Jueqian Fang

Le opere d’arte della madre di Doris Guo, dai dipinti a olio ai disegni a carboncino, sono state composte quando ancora viveva in Cina, all’epoca della rivoluzione culturale. Dopo essersi trasferita negli Stati Uniti ha abbandonato la pratica artistica, ma si è guadagnata da vivere disegnando ritratti in occasione di fiere pubbliche ed eventi simili. In quest’ottica, la ricontestualizzazione operata dall’artista può essere letta come una metafora di come gli immigrati si lascino inevitabilmente alle spalle alcune parti di sé. Trasferirsi in un altro paese rende possibile assumere nuove identità; si trova qualcosa, qualcosa si perde.

Doris Guo, “Shanghai San Francisco Richmond Seattle New York Oslo (TRACE)”, installation view, Veronica, 2022. Courtesy of the artist. Photo: Jueqian Fang

Doris Guo racconta come il progetto sia stato un’occasione per parlare con sua madre delle sue opere d’arte, che invece durante l’infanzia erano solo una presenza silenziosa. Più in generale, il progetto di Guo diventa anche un’analogia del rapporto genitori-figli, toccando l’idea di fatti familiari indiscussi. Il potere del genitore, in questo senso, mi ha spesso colpito; si tratta di assumersi la responsabilità di tracciare un’immagine veritiera del mondo. Il tentativo dell’artista di avvicinarsi alla madre parla della distanza che si può sentire in un rapporto evocando una certa malinconia.

Doris Guo, “Bronze Guestbook II”, 2019. Bronze. 8.5 x 5.5 x 1.5 in (21.6 x 14 x 3.8 cm). Courtesy of Derosia, New York and the artist

Il tema della vicinanza e della lontananza sembra ricorrere anche nelle sculture a parete intitolate Guestbook I e II, opere che Doris Guo ha spesso incluso nelle sue mostre. Il calco di una delle due pietre, una dorata e l’altra nera, è appeso alla parete. Un testo, oppure il personale della galleria, incoraggiano i visitatori a “firmare” le opere toccandole. In questo modo l’artista parla della solitudine che possiamo provare anche quando siamo in contatto con altre persone. C’è una sensazione di essere quasi lì, un formicolio che rimane nel palmo della mano dopo averla stretta. Il gesto di Guo apre l’opera allo spettatore, che partecipa alla scultura modificandone lentamente la superficie. Nel corso del tempo il bronzo si erode, la materia viene alterata dalla mano dell’uomo, come accade per certe sculture delle tombe Ming di Pechino, “dove alcuni punti sono più popolari per i visitatori che li toccano in segno di buon auspicio”, dice Guo.

doris guo
Doris Guo, “A bend…”, 2019. Pine, hardware, chair. 41 x 36 x 16 in (104.1 x 91.4 x 40.6 cm). Courtesy of Derosia, New York and the artist.

Quando vedo per la prima volta le opere di Doris Guo provo un vago senso di riconoscimento. Scrivendo il suo nome nel campo di ricerca della mia casella di posta elettronica mi rendo conto di averne già viste alcune. Trovo una newsletter del 2018 inviatami da Princess, galleria newyorkese basata sulla documentazione, per cui le opere d’arte venivano collocate in un non-spazio fatiscente tra due edifici e qui fotografate. Le mostre esistevano poi online (attraverso la newsletter appunto) e una pagina web. Cinque anni fa, a quanto pare, vi ho visto le immagini della mostra intitolata Coffee & Tea. Ma purtroppo i file delle immagini sono stati cancellati e il ricordo, insieme al testo (minimo), è solo ciò che rimane. Questo incidente ben riflette la pratica di Guo, che si occupa di tracce in varie forme.

doris guo
Doris Guo, “XO”, installation view at Derosia, New York, 2019. Courtesy of Derosia, New York and the artist

Molte delle opere di Doris Guo sono influenzate dal background sino-americano dell’artista. La cornice autobiografica rende possibile una rappresentazione delle vite, dei corpi e della cultura asiatica lontana dalle caricature che spesso si vedono oggi. Nella mostra personale intitolata XO (Derosia, New York, 2019) una serie di sedie tagliate a metà stanno sospese all’interno di strutture di legno simili a bare. Una serie di sedie provenienti da ristoranti cinesi viene spogliata della sua funzione per assumere un nuovo significato, come opera d’arte. L’oggetto entra in dialogo con la storia dell’arte (le tre sedie di Joseph Kosuth), aggiungendo una nuova prospettiva al canone artistico americano attraverso un significante culturale. Pensare a come le sedie siano servite a molti newyorkesi diversi suggerisce un’intricata commistione di contesti.

A fianco delle narrative presenti nel lavoro di Doris Guo c’è una ricerca di qualcosa di meno esplicito. La serie di stampe (uniche) in mezzatinta nera tocca il tema del lavoro artistico. Sono incise da lastre di rame faticosamente intagliate con uno bilanciere a cui è applicata una fila di piccoli denti appuntiti. La stratificazione dei tagli da riempire con l’inchiostro crea stampe ricche di superfici brune in cui si fatica a orientarsi, in assenza di un apparente appiglio visivo. L’occhio cerca un significato, qualcosa di concreto su cui costruire una narrazione, laddove si potrebbe trovare solo oscurità.

Doris Guo, installation view at Inge, New York, 2022. Courtesy of Inge, New York and the artist
Doris Guo, “Ride with the swirl 1”, 2022. Mezzotint on cotton rag. Courtesy of Inge, New York and the artist

Allo stesso tempo, queste stampe parlano di una sottile comunione tra il nostro ambiente sociale e quello fisico. Più la superficie è scura, più è visibile l’accumulo di polvere. Ma cos’è la polvere se non la traccia dei nostri ambienti concreti? Particelle di pelle, tessuti, superfici corporee, con tutte le loro componenti naturali e artificiali? Persone, luoghi e politiche. Nelle opere di Doris Guo queste linee corrono parallele e si compensano, nessuna più importante dell’altra.

June 15, 2023